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Tim tra Kkr, Vivendi e Cdp. Cosa pensano i partiti? Un girotondo

Tutti chiedono al governo un confronto in parlamento. Ma le posizioni sono diverse. C’è chi invoca la rinazionalizzazione, chi tuona contro il fondo americano, chi pensa a Vivendi…

Neutralità, investimenti per le infrastrutture e la tutela del lavoro sono i tre principi che ispirano l’attenzione del governo guidato da Mario Draghi sul dossier Tim, dopo l’offerta del fondo statunitense Kkr e il malessere della società francese Vivendi di Vincent Bolloré.

Le prossime sono giornate decisive. Giovedì prima a Roma arriverà il presidente francese Emmanuel Macron per firmare il Trattato del Quirinale. Venerdì è in programma un consiglio straordinario di Tim.

E la politica come si schiera? Tutti i partiti chiedono un confronto in parlamento con il governo. Ma le posizioni sono diverse.

QUI MOVIMENTO 5 STELLE

Per Federica Dieni, vicepresidente del Copasir ed esponente del Movimento 5 Stelle, la soluzione migliore sarebbe “ripubblicizzare la compagnia”, ha scritto su Twitter.

“Riteniamo che la Cassa Depositi e Prestiti debba battere un colpo” sulla situazione arrivando a “chiarire come intende muoversi per garantire, proprio come braccio operativo del Tesoro, quantità e qualità degli investimenti nell’infrastruttura, un forte presidio pubblico in vista delle partite rete unica e cloud, una proficua gestione degli investimenti previsti dal Pnrr”, ha affermato, in una nota, il senatore Agostino Santillo.

Angelo Tofalo, già sottosegretario di Stato alla Difesa nei governi Conte, ha indicato la via pentastellata: “Cdp salga alla maggioranza, subito spin-off della rete, fusione con Open Fiber e nuova service company che promuova almeno il 50 per cento di tecnologia italiana”.

QUI PARTITO DEMOCRATICO

La linea del Partito democratico, la detta Antonio Misiani, responsabile Economia e finanze nella segreteria nazionale del partito guidato da Enrico Letta, che è presidente del think tank Jacques Delors Institut con sede a Parigi ed è stato dean della Paris School of International Affairs dell’Università SciencesPo nella capitale francese. L’ipotesi di rete separata “va approfondita, vediamo gli effetti occupazionali di una operazione del genere”, ha spiegato Missioni, a 24 Mattino su Radio24. “Il patrimonio Tim deve essere al centro per noi”, ha ribadito. “La nostra idea è che abbia fatto bene il governo a dare un segnale di attenzione sul futuro di Tim. Il Pnrr”, ha concluso, “investe miliardi su digitalizzazione, Tim è un player di grandissima importanza, anche di interessi nazionali” come sul fronte della sicurezza.

QUI FORZA ITALIA

Intervista da MF, Sestino Giacomoni, deputato di Forza Italia, membro del coordinamento di presidenza del partito azzurro e presidente della commissione di Vigilanza su Cassa depositi e prestiti, ha dimostrato soddisfazione per il fatto che l’Italia è sicuramente tornata a essere molto attrattiva per gli investitori. “Il flusso di investimenti indirizzati verso il Paese è considerevole e a ciò si aggiunga che Tim è un’azienda di grandi dimensioni ed enorme potenziale che coinvolge tanti settori strategici”, ha detto. Poi ha aggiunto: “Mentre Tim è una società quotata, la rete non può finire in mani straniere, dunque è bene che lo Stato ne entri in possesso: penso che l’operazione possa preludere a uno scorporo tra rete e servizi che renderà anche più facile fare poi una fusione tra Fibercop e Open Fiber”, ha concluso, aggiungendo che una nazionalizzazione della rete garantirebbe la sicurezza nazionale lasciando inalterata la possibile concorrenza sui servizi.

Per la vicepresidente dei deputati di Forza Italia, Claudia Porchietto, il governo dovrebbe ricorrere allo strumento del golden “power, per garantire la sicurezza di un settore tanto strategico. Sono certa che il governo e in particolare i nostri rappresentanti al suo interno, sapranno valutare con attenzione e serietà questa operazione”, ha spiegato.

Non esclude la nazionalizzazione, il senatore Roberto Berardi, segretario della commissione Difesa: “Il governo prenda atto dell’interesse straniero ma si riservi la possibilità di intervenire con un’opera di nazionalizzazione per garantire la sopravvivenza di un asset strategico come quello delle telecomunicazioni interno al Paese che influisce anche sulla sicurezza nazionale e che non può essere ceduto con leggerezza e superficialità”.

“Il disastro delle privatizzazioni all’italiana è sul punto di concludersi con la nostra prima società di telecomunicazione ceduta a un fondo Usa”, ha dichiarato invece il senatore Massimo Ferro, responsabile economico di Forza Italia. “Il governo può evitarlo esercitando il golden power e scegliendo la via della nazionalizzazione, almeno delle reti. Si tutelerebbe l’interesse nazionale. Sono certo che i nostri ministri faranno sentire chiara e forte la nostra voce al presidente Draghi“, ha concluso.

QUI LEGA

Netto contro Kkr e con una linea che può essere apprezzata anche da Bolloré (al fianco del candidato della destra Éric Zemmour contro Macron) è Matteo Salvini. Il segretario della Lega ha dichiarato che “Tim è un patrimonio per l’Italia e merita un piano industriale serio, anziché rischiare di scommettere su progetti unicamente finanziari legati a fondi internazionali che hanno il profitto come unico obiettivo aprendo a scenari preoccupanti, tra spezzatino e incertezze sul futuro”. Poi un messaggio alla Consob, strattonata da più parte (“Dov’è la Consob?” si chiedeva, per esempio, oggi La Stampa dopo il balzo del 30 per cento delle azioni): “La Lega vigila affinché gli interessi del nostro Paese siano sempre al primo posto e sono certo che la Consob stia seguendo con attenzione la vicenda, visto che qualcuno in queste ore sta guadagnando cifre importanti”.

Predica prudenza il vice di Salvini, Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico: “Il governo valuterà giustamente l’interesse pubblico che è sotteso a una rete che ha profili anche strategici quando l’Opa ci sarà e quando il piano sarà dettagliato. In questo momento c’è soltanto una manifestazione d’interesse”, ha spiegato. Poi ha aggiunto: “Astraendoci dal caso di Tim, perché il governo non vuole dare alcun tipo di valutazione, siamo in presenza di una società quotata in Borsa, l’interesse è molto positivo”. Infine: “Noi speriamo che in Italia venga tanta gente a investire. Naturalmente, a condizioni di ragionevolezza sotto ogni profilo”.

QUI FRATELLI D’ITALIA

“È intollerabile che la rete sia in mano straniera, che siano francesi o americani non me ne frega niente, la rete deve essere pubblica”, ha tuonato Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. “La sinistra ha lavorato per la rete unica sotto il controllo Telecom per dare in mano ai francesi tutto quello che avevamo. A me non sembra normale. La rete”, ha continuato, “deve essere pubblica e il servizio venduto in libera concorrenza. Per questo lo Stato faccia una scelta uscendo da Tim e favorendo questa operazione”.

Ha ribadito la linea Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei deputati. Puntando il dito anche contro “l’assenza di informazioni ufficiali” sul Trattato del Quirinale, ha dichiarato: “Non è che si gestisce così la politica estera né tantomeno si può accettare che una serie di governi non eletti dal popolo italiano determino le relazioni con la nazione che più di ogni altra viene in Italia a fare shopping e che, con il suo operato ha destabilizzato il Medio Oriente e la Libia, cannibalizzato le nostre aziende strategiche e oggi, attraverso Vivendi, si contende la scalata della Tim con il fondo Kkr. Oltretutto mentre Macron è presidente di una Repubblica presidenziale, quindi pienamente legittimato dal popolo francese, Draghi anche grazie ai suoi predecessori – tra cui [Paolo] Gentiloni promotore del trattato – firma un accordo senza un mandato popolare e senza essere prima passato per le elezioni. Confidiamo”, ha concluso Rampelli, “nella capacità interdettiva di Lega e Forza Italia, sicuramente pronte a ostacolare iniziative che non tutelano gli interessi nazionali”.

QUI SINISTRA ITALIANA

Contro Kkr anche Sinistra Italia. Il mestiere del fondo è comprare aziende senza sborsare un euro, indebitarle, farle a pezzi, rivenderli e realizzare un profitto. Le prime vittime di questo processo sono normalmente i lavoratori e la qualità del servizio, ha dichiarato il responsabile nazionale economia Giovanni Paglia. “Immagino che per i Draghi boys si tratti di una grande opportunità. Ecco perché questa storia mica potremo bercela”, ha concluso, “come un bicchiere di acqua fresca. Il governo italiano non si presti a questa operazione”.

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