La senatrice dell’Udc: “Abbiamo bisogno di rimarcare le nostre radici sociali, etiche, economiche e religiose. Occorre di una formazione che sia attenta a difendere a ribadire i nostri valori più che concentrata sui giochi di palazzo”. E sull’alleanza Pd-5 Stelle: “Deleteria per il Paese”
Per uno che ha alle spalle la sua storia, ammettere che “l’esperienza della Dc è irripetibile” è uno sforzo titanico. Ma allo stesso tempo l’occasione per rilanciare “una Margherita 2.0”. Coniugare al presente una delle esperienze botaniche in assoluto più felici per l’area centro-progressista. Clemente Mastella ha lanciato il nuovo partito “Noi di Centro” perché “avverte l’esigenza di un movimento politico che intercetti i tanti apolidi che hanno ingrossato le fila dell’astensionismo”. Dall’altra parte della cornetta risponde Paola Binetti, una che del centrismo ha fatto la sua cifra peculiare e che ha vissuto da protagonista la stagione della Margherita. Senatrice di lungo corso, segretaria della presidenza del Senato, è stata eletta in quota Udc. E, da quell’angolo di prospettiva, osserva la politica con la lungimiranza dei decani ma con l’entusiasmo dei neofiti.
Secondo lei è replicabile l’avventura della Margherita?
Diciamo che quell’esperienza prendeva le mosse da un contesto generale differente. Il pentapartito era in disfacimento e Rutelli raccolse di fiore in fiore elementi per formare un partito di ampio respiro. Oggi mi pare impraticabile. Vedo più percorribile la strada di un centro federativo costruito attorno a un progetto valoriale chiaro.
Al di là del nuovo partito, c’è molto movimento ‘al centro’.
Si, ma ciò è comprensibile nel momento in cui si vuole uscire da un lato da una politica costruita su slogan populisti e dall’altro fatta di Ddl Zan, eutanasia legale e legalizzazione della cannabis. Ci sono almeno tre realtà degne di nota al centro. Quella dell’Udc di Lorenzo Cesa, che sta cercando di dare forza alla componente centrista nell’ambito della coalizione di centrodestra. Poi c’è il movimento di Stefano Zamagni che però, più che una caratterizzazione partitica in senso stretto, sta tentando di lavorare al recupero di valori che fanno riferimento alle nostre tradizioni in senso cattolico e valorizza l’approccio liberale all’economia, seppur attenta alle esigenze sociali. Infine, c’è Mastella che già dopo il Conte bis si era affacciato sulla scena come ‘federatore’ delle forze centriste.
Secondo lei Azione e Italia Viva possono guardare con interesse al progetto di Mastella?
Credo che sia Matteo Renzi che Carlo Calenda siano entrambi interessati più che al progetto di Mastella in senso stretto, a creare un campo largo al centro. Abbiamo bisogno di rimarcare le nostre radici sociali, etiche, economiche e religiose. Occorre una formazione che sia attenta a difendere a ribadire i nostri valori più che concentrata sui giochi di palazzo.
A proposito di alleanze. Cosa ne pensa di quella sempre più strutturata fra Pd e Movimento 5 Stelle?
Credo che sia deleteria, specie nella misura in cui approccia a tematiche come quelle etiche. Questo pseudo progressismo di maniera sta mandando al macero i valori della nostra cultura, del nostro Paese, del nostro popolo.
Secondo lei un rassemblement di centro, in ottica delle prossime elezioni, quanto potrebbe pesare?
Il fenomeno che scompaginò gli equilibri del bipolarismo alle scorse elezioni fu quello del grillismo che conquistò oltre il 30% dei consensi. Oggi, se si creasse un campo largo centrista, credo che almeno un 25% di popolazione potrebbe sostenerlo. Attingendo a piene mani fra gli astenuti.
Parliamo di Quirinale. Qual è la sua idea?
Prima di tutto occorre capire cosa farà Mario Draghi. Se il presidente del Consiglio non salirà al Colle, si schiereranno dapprima i candidati di bandiera: Silvio Berlusconi da un lato e, con una buona dose di probabilità, Anna Finocchiaro dall’altro. Se si ‘bruceranno’ queste due soluzioni, l’ipotesi più percorribile è quella di un candidato di sintesi come del resto fu per l’elezione di Sergio Mattarella. In questo senso, non posso che pensare a Pier Ferdinando Casini.