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Le chiese 2.0 si affidano ai Big data per reclutare fedeli

Il 10% di quelle americane è su Gloo, un’azienda che raccoglie le informazioni degli utenti e li mette in contatto con le chiese più vicine. Così, le autorità religiose riescono a conoscere i problemi della propria comunità. Ma rimangono i soliti dubbi sulla violazione della privacy

“A volte la vita non ha senso, siamo qui per pregare per te” è uno dei tanti annunci lanciati su Facebook da una chiesa avventista del settimo giorno americana, con cui cerca di raggiungere quanti più utenti possibili. Oltre a questa, altre decine di migliaia di chiese si stanno muovendo nella stessa maniera. Negli Stati Uniti le istituzioni religiose locali hanno infatti deciso di imbracciare la stessa arma della politica per provare a contrastare la secolarizzazione e reclutare fedeli: i Big data. Dopo aver condotto uno screening sulle persone in base ai dati personali ed aver individuato quelle che stanno attraversando un periodo difficile nella loro vita, le chiese promuovono i loro annunci. Per riuscirci, molte di loro si sono affidate a Gloo, un’azienda che analizza i dati e li consegna alle varie parrocchie a seconda di chi, in base alle informazioni ricevute, appare più sensibile a certi tipi di messaggi.

Che sia un momento particolarmente intenso della propria vita per via di un matrimonio in crisi, per la scomparsa di una persona cara, a causa dei propri problemi personali (come la tossicodipendenza) o, ancora, perché si fa fatica a gestire la propria ansia o depressione, Gloo mette in contatto queste persone con le chiese dopo averne studiato i dati. Come scrive il Wall Street Journal, che ha raccontato la vicenda, sulla piattaforma se ne trovano più di 30.000, pari al 10% di quelle negli Stati Uniti. La ricerca non si ferma al semplice reclutamento, ma offre dei servizi d’aiuto che possano dimostrare l’attenzione che queste strutture dedicano alle persone in difficoltà.

Tutto ha un prezzo, ovviamente. Se si decide di passare all’abbonamento premium il costo annuale ammonta a circa 1.500 dollari. “Ci definiamo una piattaforma di crescita personale affidabile. Crediamo che questa sia la cosa giusta da fare. E Gloo si impegna a farlo nel modo giusto”, ha affermato la società che assicura di rispettare le leggi sulla privacy imposte anche alle altre aziende, come Google ed Apple.

Dalle informazioni riportate, Gloo sarebbe in possesso dei dati appartenenti a circa 245 milioni di americani (su una popolazione complessiva di circa 330 milioni di abitanti). Di questi conosce tutto, come ad esempio quale utilizzo fanno della carta di credito, quali viaggi hanno pianificato, in che modo si preoccupano della propria salute e via dicendo. L’azienda ha stilato anche un elenco con 30.000 coppie divorziate che, pertanto, potrebbero essersi smarrite lungo la strada della fede.

Facile intuire come, per una chiesa, sapere dei problemi che affliggono parte della sua comunità è un vantaggio non da poco per inserirsi e provare a offrire loro un aiuto. La Westside Family Church di Kansas City, tanto per dirne una, grazie a un rapporto redatto a settembre da Gloo era venuta a conoscenza di come il 25% dei matrimoni nell’arco di cinque miglia sarebbe stato sull’orlo di una crisi, che il 26% degli abitanti in quell’area avrebbe potuto soffrire di qualche dipendenza e che il 3% delle famiglie sarebbe stato composto da soggetti depressi o fortemente ansiosi.

Come vengano raccolti questi dati non è ancora del tutto chiaro. Inizialmente l’azienda si era affidata alla Wunderman Thompson, di proprietà della WPP PLC., che operava secondo schemi precostituiti – come i sondaggi volontari – e ha assicurato che non era in grado di arrivare a conoscenza dei problemi più intimi. I dati raccolti, hanno spiegato, non contenevano informazioni relative alla tossicodipendenza o l’alcolismo. Tutto secondo la legge, insomma, anche perché i dati non venivano resi pubblici a terzi. Tuttavia la Wunderman ha deciso di rescindere il contratto con Gloo. Una motivazione dall’azienda non è mai arrivata e Gloo sarebbe già in contatto con altri fornitori.

Il mistero che si cela dietro la raccolta dati non è certo un problema che si limita a questa storia. Le leggi sulla regolamentazione sono ancora in fase di stesura e bisognerà attendere ancora qualche mese prima di veder partorire un progetto più chiaro. Quel che invece è interessante è il modo con cui la Chiesa tenta di allargare la propria rete. La targettizzazione ad hoc non sembra avere lo stesso effetto di inserzioni generiche che possono raccogliere e includere più persone. Come ha spiegato il proprietario dell’azienda di marketing Waypoint Creative, Jason Ake, che si occupa di dare una mano alle chiese sul targeting, “crisi è un termine ampio” in cui far convogliare più problemi e individui.

Da quando è scoppiata la pandemia questo concetto si è allargato ancor di più e per le chiese è diventato importante apparire come un’ancora di salvezza. Per questo, Gloo vuole aiutarle a posizionarsi in cima alle ricerche di Google, fornendo loro dei fondi con cui migliorare la loro posizione nel ranking. Gli utenti cercano sul motore di ricerca come risolvere i loro problemi, entrano nella pagina della chiesa, inseriscono tutte le informazioni richieste e poi vengono messi in contatto con la struttura più vicina. Un’altra prerogativa di Gloo è quello di selezionare le chiese più vicine, anche in base all’aiuto richiesto.

L’evoluzione dei tempi richiede nuovi modi di operare e di porsi in relazione con le persone. Il successo della religione e della singola congregazione dipende dalla capacità di personalizzare le esperienze e dare alle persone soluzioni concrete, per citare il motto di Gloo. D’altronde, come affermato dal pastore capo di Westside Family Church, “la Chiesa si impegna a qualunque costo per trovare quella pecora smarrita che ha bisogno di aiuto. Ci sono molte persone che soffrono e sono isolate: se non vieni in chiesa, la chiesa verrà da te”.


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