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La Cia fa accordi con i privati per vincere la guerra tech

Jennifer Ewbank, numero due dell’agenzia per il digitale, indica gli avversari (Cina, Russia, Iran e Corea del Nord) e la via per affrontarli e batterli. Innovazione e partnership al centro dell’agenda

“Le forze cibernetiche e le altre minacce che affrontiamo nel panorama digitale sono impressionanti e stanno cambiando la natura stessa del settore dell’intelligence”. Parole di Jennifer Ewbank, vicedirettore della Cia per l’innovazione digitale, intervenuta alla Cipher Brief Threat Conference. L’agenzia, ha spiegato è “alle prese con come gestire l’esplosione del volume e della varietà dei dati alimentati dal cambiamento tecnologico”. Effetti di trasformazione identici a quelli registrati sul commercio globale e l’economia.

Sei anni fa, ha raccontato in un discorso ricco di aneddoti, la Cia ha istituto una nuova direzione, quella per l’innovazione digitale che oggi lei guida. Perché le trasformazioni tecnologiche “rappresentano un pericolo reale per la nostra sicurezza nazionale ed economica”. “Cina, Russia, Iran, Corea del Nord rimangono i primi avversari”, ha continuato. “Ognuno guida programmi informatici altamente sviluppati e ben finanziati, puntati come pugnali contro gli interessi statunitensi in patria e all’estero. A questa mischia si sono aggiunte di recente le organizzazioni criminali di ransomware che hanno monetizzato l’hacking e stanno pianificando, mentre parliamo, come tenere in ostaggio le reti statunitensi sotto la minaccia delle armi digitali, proprio come hanno fatto con i recenti attacchi Colonial Pipeline e Jbs”.

Ma attenzione. Lo spionaggio, ha continuato, “è spesso pensato come il lato oscuro, ma in realtà si tratta dell’arte del possibile. Il successo richiede creatività, ingegno, determinazione ostinata e una sana dose di ottimismo”. Per questo è nata la direzione – che unisce difesa e attacco cibernetici, raccolta di informazioni su fonti aperte, scienza dei dati, intelligenza artificiale e enterprise information technology –, per tracciare “la rotta per l’arte del possibile” per la Cia “nel dominio cibernetico e digitale”.

C’è dunque “un rovescio della medaglia”: “la nostra sicurezza nazionale ed economica è messa a rischio da tutte queste minacce” ma la tecnologia “è una strada a doppio senso” che offre “finestre di opportunità per la nostra organizzazione e altri nella comunità dell’intelligence”.

Come fare? Ci sono soltanto due risposte secondo Ewbank: innovazione e partnership. C’è un detto sugli orari nel Secret Service, ha raccontato: “Se sei in anticipo, sei in orario; se sei in orario, sei in ritardo; se sei in ritardo, non disturbarti a venire. Allo stesso modo, non possiamo pensare di raggiungere i cinesi, i russi, gli hacker, gli hacktivisti o chiunque altro sia là fuori a cercare di farci del male, perché nel momento in cui ci siamo messi in pari, stiamo già rimanendo indietro. La corsa per il vantaggio decisivo in questo regno digitale non riguarda il tenere il passo, ma il sorpassare e battere il tuo concorrente al traguardo. L’innovazione e la collaborazione ci aiuteranno a farlo”.

E la numero due della Cia ha citato il caso Blockbuster, il cui crollo dopo il grande successo “rivela il destino di qualsiasi organizzazione che non riesce a innovare in un mondo digitale ipercompetitivo e guidato dai dati”. Poi ha ricordato il Silicon Valley Innovation Outpost aperto dalla Cia nel 2017 per facilitare l’impegno con le aziende del settore tecnologico e gli accademici della Silicon Valley, e il Northern Virginia Innovation Exchange, uno spazio inaugurato l’anno scorso per la condivisione delle conoscenze e la risoluzione dei problemi assieme ai partner dell’industria. Perché, “anche se odio ammetterlo”, la Cia è “una grande organizzazione governativa” che deve “affrontare gli impedimenti” burocratici all’innovazione, ha spiegato.

La sintesi del lavoro della direzione di Ewbank sta in queste righe: “Le sfide che ci attendono sono formidabili, ma con un approccio di tutta la nazione che incoraggia partnership più strette tra governo e industria, possiamo difendere i nostri valori contro gli avversari che vogliono colpirci”.

Ci sono due elementi da sottolineare: il lavoro con i privati e la necessità di un fronte comune da parte dell’intero Paese. Gli stessi che sono emersi dal primo discorso di Richard Moore da direttore del Secret Intelligence Service. Il capo delle spie britanniche ha dichiarato che i servizi segreti devono essere più aperti per essere più segreti. Così ha sottolineato l’importanza del National Security Strategic Investment Fund: “Stiamo aprendo i problemi della nostra missione a coloro che hanno talento in organizzazioni che normalmente non lavorerebbero con la sicurezza nazionale”. E, come ha evidenziato su queste pagine il prefetto Adriano Soi, ha spiegato che mentre il Regno Unito è impegnato “ad aggiornare il proprio strumento di intelligence per giocare partite sempre più difficili, non perde di vista la necessità di dotarsi di strumenti che rafforzino il legame di fiducia tra cittadini, classe politica e servizi di informazione”.


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