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Come sta cambiando il Clima in Italia

Tre diversi rapporti hanno stabilito che il 2020 è stato l’anno più caldo per l’Italia, dal 1961. Forse il Paese non è ancora sulla strada maestra per rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi e rispondere alle sollecitazioni scaturite dalla recente Cop26 di Glasgow. L’auspicio di tutti è che la tanto attesa transizione ecologica possa trovare sicuro sostegno e finanziamenti adeguati in quel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in cui tutto il Paese ripone concrete speranze

Il 2020 è stato l’anno più caldo in Italia. È scritto a chiare lettere nel Rapporto di Ispra, l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Ricerca Ambientale, “Gli indicatori del clima in Italia”, secondo il quale il nostro Paese ha vissuto “il quinto anno più caldo dal 1961, registrando un’anomalia di +1,54°C”. La temperatura media in tutti i mesi, tranne che a ottobre, è stata superiore alla norma, con picchi a febbraio (+2,88°C) e ad agosto (+2,49°C). La stagione relativamente più calda è stata l’inverno con un +2,36°C e la tendenza che prospettano gli scienziati è quella di un aumento di notti e giorni sempre più caldi. Anche la temperatura dei mari italiani è aumentata di quasi un grado con valori massimi a maggio (+1,4°C) e in agosto (+1,7°C). Negli ultimi ventidue anni la temperatura media superficiale del mare è stata sempre superiore alla media.

L’annuale rapporto CittàClima di Legambiente, realizzato con la collaborazione scientifica di Enel Foundation, fotografa l’impatto che i cambiamenti climatici stanno provocando nel nostro Paese con il record di caldo, le piogge sempre intense, le alluvioni. Negli ultimi dieci anni si sono verificati oltre 1100 eventi meteorologici estremi che hanno colpito più di 600 Comuni con 261 vittime. Le zone del nostro territorio dove questi eventi si verificano con più frequenza riguardano le grandi aree urbane di Roma, Bari, Milano, Genova, Napoli e Palermo; i territori costieri dell’Emilia Romagna e delle Marche, della Sicilia orientale e dell’agrigentino. Quest’anno a Siracusa si è raggiunto il record europeo di 48,8°C e nella provincia di Catania è caduta una quantità di pioggia pari ad un terzo di quella annuale. Per fronteggiare le emergenze e riparare i danni provocati da questi eventi, l’Italia spende ogni anno, secondo i dati della Protezione Civile, oltre un miliardo e mezzo di euro.

L’Italy Climate Report 2021, presentato alla Conferenza nazionale sul clima in questi giorni , registra un rallentamento sulla decarbonizzazione, un aumento dei consumi energetici e una diminuzione dell’utilizzo di fonti rinnovabili: ad oggi. In Italia, circa l’80% del fabbisogno energetico è soddisfatto da gas, petrolio e carbone. I lavori della conferenza hanno evidenziato la necessità di introdurre in Italia – come già avvenuto in Germania, Francia, Spagna e Regno Unito – una legge per la protezione del clima che renda vincolanti nuovi target nazionali in linea con gli impegni europei al 2030 e con il percorso verso la neutralità carbonica al 2050.

“Solo attraverso una legge votata dal Parlamento – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile e promotore di Italy for Climate – è possibile stabilire obiettivi ambiziosi e condivisi, non soggetti a facili modifiche o cambi di direzione. Serve un percorso chiaro e trasparente , il coinvolgimento delle Regioni e dei Comuni e l’attivazione di nuovi strumenti economici e fiscali per sostenere la transizione climatica, attribuendo alle norme per il clima il carattere di interventi di interesse pubblico prioritario e definendo misure concrete per accelerare la de carbonizzazione”.

Sempre secondo Ispra, sulla base dei dati disponibili per il 2021, ci si attende  un incremento delle emissioni di gas serra a livello nazionale come conseguenza della ripresa delle attività economiche: quest’anno le emissioni sono, infatti,  aumentate quasi del 5% rispetto all’anno precedente a fronte di un incremento del Pil del 6,1%. I settori nei quali si prevede un  incremento riguardano l’industria (8,4%) e i trasporti (11,1%). La produzione industriale è aumentata nel secondo trimestre 2021 del 14,6%; Per i trasporti i consumi di benzina, gasolio e Gpl sono aumentati rispettivamente del 14, 12 e 5 per cento. Nello stesso periodo i consumi di gas per il riscaldamento domestico e commerciale sono aumentati del 6,5%.

La roadmap proposta da Italy for Climate per raggiungere la neutralità carbonica entro la metà del secolo prevede una riduzione delle emissioni del 55% al 2030 rispetto al 1990. Per far questo in appena un decennio sarà necessario ridurre i consumi energetici di circa il 15% e raddoppiare la produzione di fonti rinnovabili portandole nel settore elettrico al 70% della produzione nazionale e complessivamente al 43% del fabbisogno energetico del Paese. Per arrivare a questi risultati sono stati identificati specifici target climatici ed energetici e proposte di intervento mirate per ciascun settore: industria, edifici, trasporti e agricoltura.

Quello industriale è il primo settore per emissioni di gas serra in Italia con il 37% del totale: ma è anche quello che più le ha ridotte negli ultimi anni. E comunque dovrà tagliare le proprie emissioni del 43% rispetto al 2019 attraverso una riduzione dei consumi di energia dell’11% e soprattutto con la crescita delle fonti rinnovabili che nel 2030 saranno il doppio di quelle attuali. Gli edifici (residenziali, pubblici e commerciali) concorrono con il 28% delle emissioni nazionali. Se da un lato hanno ridotto del 10%, dal 1990 al 2019, le loro emissioni, dall’altro hanno aumentato di bel il 44% il consumo energetico. In concreto sarà il comparto che dovrà ridurre, da oggi al 2030, il 55% delle emissioni soprattutto con la riqualificazione energetica degli edifici.

Quello dei trasporti rappresenta il terzo settore per emissioni globali con il 26%. Ed è anche quello che nel trentennio analizzato non ha ridotto le ha ridotte. Dovrà farlo entro il 2030 del 29% rispetto al 2019, riducendo i consumi di diesel e benzina del 34%. Per raggiungere questi obiettivi sarà necessario che il parco veicoli al 2030 non superi i 33 milioni, migliorando allo stesso tempo la mobilità condivisa nelle aree urbane. L’agricoltura è responsabile del 9% delle emissioni. Negli ultimi anni sono diminuite del 16%. Secondo la roadmap tracciata dovrà ridurre le proprie emissioni del 29%, tagliando in primo luogo quelle provenienti dagli allevamenti.

Forse l’Italia non è ancora sulla strada maestra per rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi e rispondere alle sollecitazioni scaturite dalla recente Cop26 di Glasgow. L’auspicio di tutti è che la tanto attesa transizione ecologica possa trovare sicuro sostegno e finanziamenti adeguati in quel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in cui tutto il Paese ripone concrete speranze.

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