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Omicron, perché c’entra l’Hiv (e non si tratta di brevetti sui vaccini)

Covid

Diversi esperti ritengono che la variante del virus si sia originata in pazienti immunocompromessi, una “palestra” ideale per le mutazioni. Intanto si riaccende il dibattito sui brevetti dei vaccini, ma il Sudafrica ha dosi in giacenza che stanno per scadere…

Il mondo sta trattenendo il fiato mentre osserva gli sviluppi della nuova variante del virus, scoperta in Africa meridionale, denominata Omicron dall’Organizzazione mondiale della sanità e ritenuta altamente contagiosa, almeno secondo i dati preliminari. Tuttavia quegli stessi dati non fanno presupporre il peggio: chi si è infettato finora ha mostrato solo sintomi lievi. Adesso si tratta di capire quanto Omicron abbia intaccato l’efficacia dei vaccini anti Covid.

La peculiarità di questa nuova variante è il sorprendente numero di variazioni, il maggiore mai registrato su una grande platea finora. Sono diversi gli esperti – tra cui Francois Balloux, direttore dell’Istituto di genetica dell’University College di Londra – ad aver ipotizzato che Omicron si sia originata in un paziente con un sistema immunitario indebolito, il quale non era abbastanza forte da debellare il virus ma lo ha allenato a eludere gli anticorpi per mesi.

“Durante questo processo si possono verificare ripetute mutazioni isolate che potrebbero non dare al virus alcun vantaggio, ma potrebbero comunque continuare a moltiplicarsi a causa del fallimento del sistema immunitario nel controllarle”, ha detto Carsten Watzl, un influente immunologo tedesco, a Dpa.

Molti pazienti con l’Hiv in Africa non ricevono un trattamento adeguato, motivo per cui i loro sistemi sono significativamente indeboliti, ha aggiunto Watzl; considerando che il sud del continente ha la maggior concentrazione di portatori di Hiv (oltre 8 milioni), sarebbe quanto mai opportuno identificare e trattare gli immunocompromessi per evitare l’emergere di varianti potenzialmente pericolose.

Omicron presenta 50 mutazioni di cui 32 nella sola proteina spike, cioè la parte che gli permette di accedere alle nostre cellule, nonché quella che usano i vaccini per addestrare il nostro sistema immunitario a neutralizzare la minaccia. Questo è il motivo che ha portato esperti, istituzioni e case farmaceutiche a presupporre che la variante possa infrangere più spesso la protezione offerta dai vaccini attualmente in commercio.

Martedì l’ad della società farmaceutica Moderna Stéphane Bancel ha previsto che questa generazione di vaccini dovrà essere aggiornata. Perciò è una fortuna che i vaccini che vanno per la maggiore, quelli a rna messaggero, possano essere riadattati in poco tempo. Il direttore medico della compagnia, Paul Burton, ha stimato che un richiamo adattato su Omicron sarà disponibile “a inizio 2022”.

L’emergere della variante ha rinvigorito il coro (guidato dal Sudafrica) di coloro che dall’Oms premono sulle case farmaceutiche e sui Paesi produttori affinché cedano la proprietà intellettuale dei vaccini. Questo nonostante il fatto che Pretoria abbia chiesto alle case produttrici di ritardare le spedizioni per timore che le dosi in giacenza scadano.

La nazione, una delle più ricche e avanzate del continente, dispone di scorte ampiamente sufficienti, ma la diffidenza della popolazione (vaccinata per un quarto secondo la Johns Hopkins University) ha rallentato la campagna di immunizzazione. Scrive Politico che le pressioni del Paese sui brevetti “probabilmente hanno più a che fare con l’appetito dell’industria per la tecnologia mRna che non un bisogno acuto di più dosi per la propria popolazione”.

Per capire che impatto avrà Omicron – già diffusa nel mondo – tocca aspettare che arrivino più dati clinici. Nel frattempo, diversi esperti tra mondo accademico e industriale ritengono che due dosi di vaccino più il richiamo siano comunque d’aiuto contro il virus mutato. Il presidente degli Usa Joe Biden ha detto che Omicron è “una causa di preoccupazione, non di panico”, aggiungendo che gli esperti medici del governo “credono che i vaccini continueranno a fornire un grado di protezione contro la malattia grave”.

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