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La destra francese flirta con il suicidio, la sinistra trova la candidata

L’ex ministro Christiane Taubira potrebbe essere la chiave per unire il frammentato mondo a sinistra di Macron. Lo stesso esempio dovrebbe seguirlo la destra, spaccata in tre candidati relativamente forti – Pécresse, Le Pen, Zemmour – che rischiano di cannibalizzarsi a vicenda

Taubira présidente!”. La sinistra francese sembra aver trovato,  nel mazzo scompigliato delle sue carte, la candidata da opporre a Macron, Le Pen, Pécresse, Zemmour. Un’invenzione last minute che sembra dare speranza al composito e contraddittorio fronte socialcomunista con venature ecologiste è l’invocazione risuonata a Saint Denis, nella periferia di Parigi, tra gli stand del mercatino di Natale dove si aggirava l’ex- ministra della Giustizia che, pur non avendo ufficializzato la sua candidatura, la sua parte politica è convinta che sarà la vera novità delle elezioni di primavera.

La gauche è al momento una grande discarica di risentimenti e di odi. I suoi partiti sono ridotti a cifre risibili nei sondaggi. Basti pensare che l’ex leader del Pcf, JeanLuc Melénchon , è sondato all’8%. Perciò, quando, inaspettatamente, Christiane Taubira, che compirà 70 anni il prossimo 2 febbraio, ha annunciato che sta prendendo in considerazione l’idea di correre per l’Eliseo, la sinistra è esplosa sentendo che finalmente può giocare anch’essa la grande partita, che fino ad qualche giorno fa le era preclusa per mancanza di concorrenti.

La Taubira è una donna fanatica, di idee radicali, sostenitrice di cosiddetti diritti civili che tali non sono, ambigua politicamente e dunque indefinibile: nella galassia della sinistra ha attraversato con leggerezza quasi tutti i movimenti finendo per apparentarsi con soggetti di vario orientamento (perfino di destra), fino ad approdare ad una fazione alleata all’Assemblea nazionale con il Partito socialista di Hollande.

E’ diventata famosa per aver dato nel 2001 il suo nome alla loi Taubira. In questa legge, la Francia ha riconosciuto la tratta degli schiavi e la  schiavitù come crimini contro l’umanità. E fin qui niente di male. Anzi… Nel 2012 viene nominata Ministro della Giustizia e s’impone all’opinione pubblica come relatrice e  sostenitrice della legge che introduce il matrimonio omosessuale in Francia, approvata il 23 aprile 2013. La sua campagna divise la Francia e segnò anche il suo declino per l’estremismo con cui si atteggiò nel sostenere il suo progetto.

Nel 2016 si allontanò dall’impegno politico in dissenso anche con una parte della sinistra in ragione della forte opposizione alla riforma antiterrorismo sostenuta dal governo francese, che prevede la revoca della cittadinanza  per i condannati per terrorismo. Venne biasimata da tutti nel momento cruciale della lotta all’islamismo che dilagava in Francia mietendo vittime innocenti.

Personaggio controverso, la Taubira. Se davvero confermerà la sua intenzione di candidarsi, contribuirà ad allargare il parterre dei “presidenziabili”, ma con pochissime chances di arrivare al ballottaggio nel quale, oltre a Macron, tre destre – una “repubblicana”, le altre due radicali – si contenderanno  quanto meno la seconda piazza.

Ed è sulla destra che si appuntano le analisi degli osservatori. C’è poco da girarci intorno. La destra rappresentata da Marine Le Pen e da Eric Zemmour si sta letteralmente suicidando. Il suo presunto trentacinque per cento complessivo di giorno in giorno va assottigliandosi per ingrassare il movimento Les Républicains la cui candidata, Valérie Pécresse, presidente del dipartimento dell’Ile de France, già ministro di Sarkozy e sorprendentemente ascesa ai fasti di premiére dame del neo-gollismo, sbaragliando tutte le vecchie cariatidi, è convinta di mettere in difficoltà il presidente uscente.

Dividendo i voti che i sondaggi attribuiscono a Zemmour e alla Le Pen è fin troppo facile immaginare che nessuno dei due potrà contendere la poltrona presidenziale a Macron. Non si sa, come si sussurra, se il polemista francese, uomo colto e grande storico e giornalista, lavori per “spaccare” la destra stessa oppure sia un caso che la sua dirimpettaia abbia voluto negare a Zemmour e ad ambienti repubblicani di destra la possibilità di stabilire un’intesa tale da poter sfidare il presidente uscente con la possibilità di vincere l’intera posta.

Se lo chiedono in molti, ma nessuno ha la risposta. Fatto sta che l’elettorato tradizionale della Le Pen si è frantumato, vuoi per la scarsa credibilità della bionda signora “salvinizzata”, dicono a Parigi, ripetitiva ed eccessivamente laicista; vuoi per l’abilità mediatica di Zemmour che ha trovato anche importanti sostenitori, come Vincent Bolloré che lo ha introdotto in ambienti che contano disposti ad appoggiare la sua campagna elettorale.

Zemmour è la novità. Basta leggere i suoi libri che da un decennio va pubblicando per rendersi conto che al momento è più convincente della Le Pen sui temi della multiculturalità, dell’identità francese, della integrità della nazione davanti al pericolo di “sostituzione etnica” e si batte con maggiore convinzione, da quanto sembra, per la “preferenza nazionale” che era uno dei cavalli di battaglia del vecchio JeanMarie Le Pen, un tema tutt’altro che da “ciarlatani”, come con la solita violenta spocchia lo ha recentemente definito Le Monde diplomatique: è il cuore del “conflitto” francese destinato ad animare la lotta politica e sociale.

L’inventore della “preferenza nazionale”, Jean-Yves Le Gallou, uno degli ideologi più seguiti della destra francese, ha sviluppato in maniera maggiormente consona ai tempi la sua idea, parlando di “preferenza di civiltà” o “preferenza europea”, perché al fondo l’una  o l’altra non sono che l’amplificazione della preferenza nazionale in un’armonia di etnie e di culture europee. Nel suo saggio Européen d’abord, sulla preferenza europea appunto, Le Gallou scrive che la “preferenza di civiltà  è un’esigenza assoluta oggi… Si tratta di affermare la volontà di rispettare la nostra civiltà, di riprendere e arricchire le sue tradizioni e di trasmetterle ai suoi discendenti. In breve, di rifiutare la tabula rasa e la grande sostituzione”.

Le stesse idee della grande destra francese pre e post-bellica. Le stesse idee che hanno tenuto in piedi un movimento nazionale quando tutti erano contro. Le stesse idee di Zemmour e, crediamo ancora, della Le Pen. Allora una domanda s’impone: perché non insieme? Perché divisi? Perché far vincere il tecnocrate Macron, la moderata Pécresse, pronta ad accettare i voti della sinistra dopo aver scopiazzato dal programma delle destre, la radicale goscista Taubira?

La domanda accompagnerà i francesi fino ad aprile. E non solo i francesi.


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