Bruxelles rimanda ancora una posizione comune sui prezzi che lievitano, mentre in Italia si riaprono due centrali e in Germania digeriscono il nucleare francese. Il tutto a vantaggio dei super player che usano il gas come arma geopolitica
Mentre l’Europa non raggiunge alcun accordo sull’energia, mostrando poca sintesi sulle “troppe divergenze”, in Italia vengono riaccese due centrali a carbone a La Spezia e a Monfalcone, a causa della crisi energetica. Il prezzo del gas al momento è ben cinque volte più alto risptto a 12 mesi fa, per cui le azioni, anche apparentemente disarticolate, che si stanno succedendo sono figlie di una mancanza di stabilità strategica che si abbatte sui bilanci di imprese e famiglie: il tutto a vantaggio dei super players che usano il gas come arma geopolitica.
TERNA
Terna ha richiesto la riaccensione della centrale elettrica di Monfalcone ferma da mesi. Si tratta di due sezioni alimentate a carbone e gasolio con una potenza rispettivamente di 165 e 171 MW e sono entrate in esercizio nel 1965 e nel 1970. Sposando le linee strategiche del Piano Energetico Regionale A2A ha presentato un piano di riconversione del sito abbandonando l’utilizzo del carbone e sostituendolo con fonti energetiche alternative, metano ed idrogeno.
Stesso cliché per la centrale Enel della Spezia che a sole due settimane dalla chiusura ritorna ad essere operativa a causa dell’esigenza di Terna di “garantire la continuità del servizio e della sicurezza del sistema elettrico”. Di conseguenza verrà interrotto anche lo sciopero dello straordinario e della modifica degli orari di lavoro indetto a fine novembre dai lavoratori.
QUI UE
Dal Consiglio europeo nessun accordo sui prezzi dell’energia dopo lunghi negoziati. In sostanza i partecipanti rinunciano ad una dichiarazione congiunta: passaggio che fa il paio con il fatto che i paesi europei si affidano singolarmente alle importazioni per soddisfare il proprio fabbisogno di gas. In ottobre, in occasione della precedente seduta, gli Stati membri avevano concordato una serie di misure nazionali per attutire gli effetti sulle fasce più deboli. Ma Polacchi e cechi hanno messo l’accento sugli alti prezzi dell’elettricità del sistema di scambio di emissioni di carbonio (ETS) del blocco. Secondo il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki si tratta di una “tassa energetica europea”, e su questo viene seguito dal ministro dell’energia ceco uscente Karel Havlíček. Sul punto c’è la mossa di Francia, Ungheria e Lettonia che hanno chiesto a Bruxelles di rafforzare la supervisione sui mercati.
Secondo l’Esma (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) non vi sarebbero al momento speculazioni illegali nel mercato del commercio del carbonio dell’Ue, spiegazione che non convince il presidente francese Emmanuel Macron e il bulgaro Rumen Radev. L’Ue, in seguito, ha anche deciso di applicare dazi sulle importazioni dalla Cina di torri in acciaio utilizzate per le turbine eoliche. Un’indagine ha messo in luce che venivano vendute a prezzi appositamente tenuti molto bassi.
NUCLEARE MON AMOUR
Il neo Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ammesso che la Germania probabilmente non sarà in grado di fermare la spinta francese per il nucleare: “La Francia sta prendendo una strada diversa. Anche altri paesi lo fanno. Ecco perché è importante che possiate seguire le vostre strade e allo stesso tempo stare insieme in tutta Europa”. Il tema però è divisivo sull’asse Berlino-Parigi: inizialmente la Francia aveva richiesto l’inclusione del nucleare nella cosiddetta “tassonomia” provocando il no tedesco.
Ma il cancelliere sembra aver virato su un modello diverso, ammettendo che “alla fine, dovremo unirci nonostante le diverse priorità che potremmo aver fissato”. Sul territorio tedesco le rimanenti centrali nucleari dovrebbero andare offline nei prossimi mesi, mentre il presidente francese Macron ha già annunciato la costruzione dei nuovi reattori nucleari, al fine di garantire l’indipendenza energetica della Francia e raggiungere la neutralità carbonica nel 2050.
@FDepalo