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Francesco, il papa della fratellanza che può parlare con Putin

Francesco, il papa della fratellanza, può parlare con Putin, proprio perché avendo le mani libere da interessi di parte può rappresentare gli oggettivi diritti dell’Ucraina senza scalfire il rispetto per quelli della Russia. Si chiama Chiesa globale, naturalmente in uscita

Papa Francesco lo chiama fratello, e come è ovvio per un fratello ha a cuore la sua salute. Può essere letta anche così la frase di papa Francesco sul suo desiderio di incontrarsi con il patriarca russo Kirill. Se i fratelli si sentono soli, non capiti, rifiutati, è un problema loro ma anche un errore dei loro familiari che non li hanno capiti, aiutati. Quando è andato a Gerusalemme, parlando con il Gran Mufti, Francesco disse che è molto importante capire il dolore dell’altro. Parole inusuali in Medio Oriente, ma importantissime per capire chi si chiude. Sbaglia, ma chi lo ha aiutato a non sbagliare? La disponibilità di Francesco verso il patriarca moscovita è fondamentale per curare il crescente isolazionismo rabbioso moscovita, una visione che potrebbe riportare a vecchie debolezze, come il ritenere Mosca la Terza Roma o altre forme autocentrate. Includere, capire, dialogare, è peraltro la medicina che Francesco propone al mondo, impossibile pensare che non la ritenga anche la ricetta per affrontare i nodi difficilissimi che dividono i cristiani. Che poi esista la possibilità di un viaggio del papa a Mosca non può essere escluso, sebbene non appaia l’ipotesi più probabile. La disponibilità appare scontata, ma appare più probabile che il colloquio se ci sarà sia di nuovo “in campo neutro”.

La disponibilità, o meglio l’interesse e l’attenzione verso il patriarcato di Mosca non poteva che unirsi a un interesse per il Cremlino, per evitare che un senso di rabbia o di auto affermazione lo spinga verso azioni estreme. Chi si sente con le spalle al muro non è interlocutore e Francesco proponendo chiaramente di tornare agli strumenti della diplomazia per risolvere tutto ciò che ruota attorno al nodo Ucraina vuol dare a tutti la dignità e l’interlocuzione che meritano per evitare passi infausti per tutti e da parte di tutti. È una linea che ricorda quella che tenne Giovanni XXIII in occasione della crisi cubana e che poi coincise con l’enciclica Pacem in Terris, famosa per essere la prima enciclica in cui si parla di diritti umani.

Il mondo di Francesco è un mondo multipolare, non monopolare, che richiede e presume il rispetto dei diritti, ma non l’ esclusione. Così in queste ore la sua appare una “moral suasion” più importante di quanto possa pensare chi ritiene che solo gli eserciti pesino. È il famoso discorso che sempre dalle parti di Mosca qualcuno fece domandando di quante divisioni disponesse il papa. L’efficacia del pontificato di Giovanni Paolo II potrebbe aver indotto a ragionamenti meno semplicistici al riguardo. Così la telefonata tra il papa e Putin, di cui si è dato annuncio e attesa in queste ore, non va considerata alla luce del dare e avere, ma del dare e dare. Dare a Putin un ruolo di interlocutore come spetta alla Russia, per dare al Cremlino la responsabilità di essere tale. Tutto questo è proprio di un pontificato che ha la chiave della sua geopolitica non nel successo di qualcuno ma nell’avere le mani libere.

Francesco, il papa della fratellanza, può parlare con Putin, proprio perché avendo le mani libere da interessi di parte può rappresentare gli oggettivi diritti dell’Ucraina senza scalfire il rispetto per quelli della Russia. Si chiama Chiesa globale, naturalmente in uscita.

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