L’improvviso e violento aumento dei prezzi, a cominciare da materie prime ed energia, rischia di vanificare gli sforzi pandemici di Europa e Usa, compromettendo la crescita. Ma mentre la prima sonnecchia, i secondi corrono ai ripari. In Italia è Giorgetti a suonare la sveglia
Qualcuno deve aver sbagliato i calcoli, perché sì, i prezzi adesso stanno aumentando e per davvero. Il mondo, o meglio la parte economicamente avanzata, con un piede nella quarta ondata e l’altro nel post-pandemia, si ritrova improvvisamente a combattere contro un nemico subdolo, non meno del virus: l’inflazione.
L’INCENDIO DEI PREZZI
Per mesi si è fatto finta di nulla e questo non è un mistero. Ma il dato arrivato ieri, inflazione al 3,8% in Italia, quasi al 5% Germania, sopra al 6% negli Stati Uniti, più che un campanello è uno squillo di tromba. Perché, proprio nel momento in cui i piani pandemici per il sostegno all’economia prendono forma e corpo, il Pnrr in Europa e il Build Back Better negli Stati Uniti, ecco che l’impennata dei prezzi rischia di mangiarsi tutto. Bisogna sempre tenere a mente che in un mercato libero, il prezzo di un prodotto e di un servizio fluttua liberamente. Ma se il livello della marea si alza per tutti e non mostra di scendere, allora sono guai.
IL CONTRORDINE DELLA FED
Gli Stati Uniti se ne sono accorti da tempo, prendendo proprio in questi giorni coscienza del problema. Al punto da decidere di mettere mano ex post, al piano allestito da Joe Biden che vale 1.750 miliardi di dollari. Con un’inflazione al 6,2%, segno di una domanda di beni aggressiva, immettere sul mercato centinaia di miliardi può produrre l’effetto contrario, portando i prezzi a un livello talmente alto da vanificare l’aumento del potere d’acquisto innescato dal piano di aiuti. E la crescita si azzererebbe.
Non è un caso che il presidente della Fed, Jerome Powell, appena riconfermato da Biden al timone della banca centrale, abbia di fatto annunciato la fine della politica monetaria accomodante negli Stati Uniti. Come a dire, contrordine: l’inflazione che sale in tutto il mondo non è un fenomeno transitorio, ma un problema con cui bisogna fare i conti subito. E questo vale tanto per gli Usa, quanto per l’Europa e l’Italia, di cui si parlerà tra poco. Al Senato, Powell ha avvertito che “il rischio di inflazione alta è aumentato”.
Quindi, facendo ammenda per la fretta con cui l’aveva liquidata come fenomeno transitorio, ha ammesso che sì, “probabilmente è venuto il momento di mandare in pensione questo termine, e spiegare in maniera più chiara cosa intendiamo. A questo punto l’economia è molto forte e le pressioni inflazionistiche sono più elevate. È quindi appropriato considerare di concludere il nostro programma di acquisto di asset qualche mese in anticipo”. Tradotto, addio al costo del denaro calmierato e all’acquisto mensile di 120 miliardi di titoli pubblici americani.
LA SVEGLIA DI GIORGETTI
Valicando l’Atlantico, l’Italia non è messa meglio degli Stati Uniti, anzi. Sì, con ogni probabilità quest’anno il Pil italiano toccherà quota 6%, ma è anche vero che i prezzi sono ai massimi dal 2008, cioè dall’anno della grande crisi finanziaria. Come detto, l’Istat ha calcolato un aumento record del 3,8% rispetto solo a un anno fa. E la scossa dell’inflazione, con epicentro nei prodotti energetici, contagia ormai i trasporti, il carrello della spesa alimentare, i farmaci, le visite mediche.
Il cuore pulsante dell’inflazione tricolore è l’energia, i cui rincari stanno impattando in modo molto marcato su luce e gas. C’è chi ha messo le mani avanti, suonando una sorta di sveglia. Il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, ha detto chiaro e tondo che andando avanti di questo passo si rischia un black out energetico. “Anche nei prossimi giorni lo sforzo che dobbiamo fare è come cercare di sterilizzare nel modo più equo possibile questo tipo d’impatto sulle nostre famiglie, al netto dell’esigenza che a livello europeo si definisca un piano per evitare cose anche peggiori e cioè la possibilità di andare in black-out, cosa in questo momento non da escludere rispetto allʼattuale assetto dellʼapprovvigionamento energetico”, ha spiegato il responsabile di Via Veneto.
D’altronde, se il costo dell’energia dovesse salire senza controllo, molte famiglie potrebbero avere problemi a pagare le bollette ma soprattutto, vista la pressoché totale dipendenza dell’Italia dall’energia altrui, potrebbero esserci problemi in termini di acquisto di energia, al netto degli stoccaggi si intende. Il premier Mario Draghi ha già annunciato un nuovo intervento sulle bollette, circa 1,2 miliardi da sommarsi ai 3 di settembre. Ma basterà?
LA CALMA DELLA BCE
Le sirene italiane, le decisioni della Fed non sembrano però più di tanto scalfire il self-control di Christine Lagarde, presidente della Bce. A Francoforte sembrano essere ancora convinti che l’inflazione sia un problema transitorio e non strutturale. E dunque, non meritevole di interventi profondi e repentini, magari uno stop all’erede del Qe, il Pepp. Sia Lagarde, sia il suo vice, Luis de Guindos, sia il governatore francese, Francois Villeroy de Galhau, hanno gettato acqua sul fuoco.
“C’è un’ovvia preoccupazione per la ripresa economica nel 2022, ma credo che abbiamo imparato molto. Ora conosciamo il nostro nemico e le misure da prendere. Siamo tutti meglio equipaggiati per rispondere al rischio di una nuova ondata o della variante Omicron”. Ribadendo un concetto: l’attuale elevata inflazione è legata a fenomeni temporanei, anche per il caro-energia che “l’Italia subisce di più; ma anche problemi geopolitici, del clima. Non si tratta di fenomeni strutturali e dunque l’incremento dovrebbe progressivamente rientrare”. Calma, insomma.