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Quel cortocircuito tra intellettuali e mainstream. Il 100° commento di Pellicciari

Vi è una profonda contraddizione in un sistema politico che, dopo aver permesso ai media di ridurre gli spazi di divulgazione culturale a vantaggio di un’offerta trash, oggi punta il dito contro l’audience passiva di quella stessa offerta. Il centesimo articolo del Prof. Igor Pellicciari (Università di Urbino) per Formiche.net

A prescindere dal contesto in cui avviene, il raggiungimento di un traguardo simbolico, piccolo o grande, individuale o collettivo che sia, giustifica che venga salutato con un qualcosa di irrituale e unico, per rimarcare l’eccezionalità del momento.

L’evidente rischio nell’occasione è di prendersi troppo sul serio e cadere in una ridonante retorica che distorca la percezione dello scorrere del tempo.

Nella stragrande maggioranza dei casi le celebrazioni sono importanti per i contemporanei; molto meno per i lontani posteri, portati a dimenticarsene e a sostituirle con altre ricorrenze del loro tempo.

Tra qualche secolo molto ancora verrà ricordato dell’attuale pandemia da Covid. Molto meno di elenchi di traguardi sportivi oggi definiti storici con eccessiva generosità.

Di certo nulla del personalissimo obiettivo, con questo di oggi, dei nostri 100 articoli pubblicati su questa rivista, raccolti nella pagina autore. È l’effetto di una collaborazione iniziata due anni fa quando, a Marzo 2020, Formiche.net ci commissionò delle analisi, inizialmente su questioni russe con focus sulla politica estera del Cremlino.

Con il passare dei mesi, in realtà gli articoli hanno trattato di numerose altre aree e key players nonché di questioni internazionali sia classiche che emergenti legate all’evoluzione della pandemia, tanto che i contributi esclusivamente riguardanti la Russia col tempo sono diventati una minoranza (degli ultimi 20 pubblicati,  ad esempio, solo tre ne trattano direttamente).

Tra gli sviluppi meno previsti, vi è stato un considerevole numero di analisi, concentrate nel 2021, dedicate ad aspetti geo-politici e istituzionali di argomenti non convenzionali in genere poco trattati negli studi di politica estera. Dal soft-power dei Maneskin e di Zerocalcare, al controverso  progetto di Andrea Agnelli di una Super-Lega di calcio, alla difesa dell’identità alimentare nel caso del Prosecco, al retorico patriottismo delle Olimpiadi, ai pericoli della PAD (Politica a Distanza).

Per marcare la ricorrenza citata in apertura, questo articolo eccezionalmente non tratta di questioni internazionali ma piuttosto di aspetti meno evidenti che al meglio spiegano perché qui oggi sia da celebrare l’Editore prima che l’Autore.

Il principale e più brutale è che attualmente nel “Lavoro-intellettuale-come-professione” vi è una carenza di contenitori piuttosto che di contenuti, oramai talmente cronica da non destare più sorpresa e tantomeno preoccupazione o tentativo di porvi rimedio.

Esiste un enorme quantità di ricerche, analisi, commenti di qualità e di notevole interesse sconosciuti all’opinione pubblica semplicemente perché non trova ospitalità nei (pochi) luoghi preposti ad informarla e che è abituata a frequentare. Non importa se reali o virtuali: nonostante l’accesso universale garantito al “World Wide Web”, alla fine per pigrizia o abitudine i siti consultati con lo smartphone appartengono sempre ad una stessa mezza dozzina.

I social media a loro volta hanno peggiorato la situazione – sia per avere inondato la Rete di un Blob quantitativo interessato al consenso\dissenso a fini commerciali; sia per avere certificato la vittoria del messaggio breve/brevissimo sull’approfondimento e delle opinioni\fake-news sui dati oggettivi e verificati.

È un meccanismo perverso che porta eventuali contenuti di qualità non a caso ad essere introvabili.  Trovare un ago nel pagliaio da difficile diventa impossibile, se questo vi è stato nascosto apposta.

Emblematica è l’involuzione che hanno seguito le Università, idealmente nei secoli tra i principali contenitori del sapere e oggi simili ad autorimesse con schiere di fuoriserie parcheggiate con le batterie staccate. Occasionalmente accese per non fare deperire il motore, di rado utilizzate per concreti spostamenti nel mondo esterno.

Vi è un’intera comunità di eccellenti studiosi sugli argomenti più disparati che ciononostante fatica a farsi sentire e che per la gran parte il mainstream ignora salvo, nella migliore delle ipotesi, interpellarla per fugaci e isolati commenti, già dimenticati appena trasmessi nell’etere.

Il punto è che il cronicizzarsi di questa situazione non soltanto ha frustrato alcune generazioni di ricercatori e rappresentato un’enorme occasione persa – ma ha creato dei seri danni che la pandemia ha messo in evidenza e contribuito ad aggravare.

Vi è una profonda (quasi irritante) contraddizione in un sistema politico che – dopo avere per decenni permesso ai media sistematicamente di ridurre gli spazi per i prodotti di divulgazione culturale a vantaggio di un’offerta trash/ultra-trash, oggi imputa all’audience passiva di quella offerta di non sapere distinguere un sapere “scientifico” da una opinione, tanto più se urlata come in un reality del tipo “sangue-e-arena”.

È curioso come chi perde le elezioni si assuma le responsabilità della sconfitta senza accusare l’elettorato; mentre un sistema dell’informazione che fatica a fare passare un messaggio scientifico (ad esempio sui vaccini) incolpi per primi i destinatari del messaggio.

Basta raffrontarsi con questo quadro desolante per comprendere la rarità nel nostro panorama non dell’esperto che scrive cento analisi, quanto della rivista nazionale che glieli ospita. Garantendogli totale libertà di scelta degli argomenti, di opinione e visibilità, peraltro in un settore non facile come le relazioni internazionali, in Italia trascurato per un mix compiaciuto di provincialismo e costante calo di status politico del Paese. Non solo.

Poiché è più spesso l’offerta a creare la domanda, questa disponibilità a ospitare contributi ha avuto nel nostro caso l’effetto di dare confidenza allo spingersi verso nuovi orizzonti di ricerca, di cui ha beneficiato di ritorno la principale produzione accademica.

Come nel caso dei numerosi articoli da noi qui dedicati agli Aiuti Internazionali e alla Diplomazia vaccinale nella pandemia, diventati poi ispirazione e scheletro portante di una monografia appena conclusa ed in uscita nel 2022 (“Re-Framing Foreign Aid History and Policis”, ed. Routledge)

In una delle sue iconiche frasi pop(olari), Roberto D’Agostino è solito ironizzare che in un paese normale un sito cult come Dagospia.com non esisterebbe. È probabile che in quello stesso paese l’attività divulgativa di Formiche.net sarebbe la norma dell’Informazione.

Non l’eccezione che oggi, nel nostro piccolo, celebriamo.



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