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Letta ha un piano per cambiare l’Ue (può funzionare). Firmato Mayer

Diritto alla Salute, disuguaglianze, battaglia contro l’unanimità. Bravo Enrico Letta: il suo manifesto per una Ue diversa può funzionare. Ora bisogna passare ai fatti. Il commento del prof. Marco Mayer

Stamani a Firenze Enrico Letta nell’ incontro di S&D Rise for Democracy ha affermato con inusuale durezza che la conferenza sul futuro dell’Europa è a rischio fallimento.

Sinora non c’è stato nessun reale coinvolgimento dell’opinione pubblica, dei media, dei corpi intermedi e tanto meno dei cittadini. Per Letta da troppi anni (sono passati ben 16 dall’insuccesso del processo costituzionale) l’arena politica della Ue è stata dominata da accordi e vertici intergovernativi.

Il leader del Pd ha indicato tre ambiti in cui è essenziale un cambiamento “strutturale” della governance europea che punti anche rilanciare il tema della revisione dei trattati con ambizioni di profilo costituzionale. Sul piano dei contenuti Letta ha messo in rilievo l’esigenza imperativa di realizzare al più presto due aspetti cruciali:

1) La pandemia ha drammaticamente messo in evidenza davanti agli occhi di tutti l’assenza di una politica sanitaria comune. È un vuoto da colmare subito sul piano politico e normativo. Per inciso lavorare per il diritto alla salute è anche essenziale per rendere finalmente l’Europa protagonista in Africa orientando la cooperazione alla realizzazione di sistemi sanitari di questo nome. Moltissime dosi di vaccino anti-covid vengono restituite perché i Paesi non sono in grado di somministrarle ai cittadini.

2) Sempre sul piano sociale di fronte alla crescita delle diseguaglianze occorre per Letta mettere l’Europa sociale al centro del futuro politico del continente.

In effetti il raddoppio della povertà assoluta in Italia (nonostante il reddito di cittadinanza) è l’esempio da cui partire per adottare misure immediate di supporto capaci di rispondere sia alle esigenze molto articolate delle famiglie povere nei territori sia a livello nazionale e europeo con politiche attive del lavoro che comprendano una efficace formazione professionale permanente.

Sotto questo profilo nello stesso incontro di Firenze il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha posto l’accento su due punti cruciali sui quali tutti i sindacati europei sono ancora molto indietro.

Nelle società digitali in cui viviamo occorre affrontare il diritto di accesso del lavoratore all’algoritmo che pianifica e controlla la sua attività. Altrimenti il pericolo è di cadere nella “sindrome cinese” del “Social Credit System”. Quella cinese è in verità una nuova realtà politica di governo che a mio avviso ha una profonda matrice anche culturale di carattere totalitario. Tramite il controllo di smartphones e videocamere si attua una penetrante sorveglianza H 24 su più di un miliardo di lavoratori e cittadini.

Il secondo tema affrontato dal ministro  (riprendendo una suggestione di Barbara Carfagna) é quello di pensare a forme di retribuzione dei dati (una grande ricchezza) che lavoratori e consumatori oggi concedono gratuitamente ai giganti americani e cinesi (Alibaba, Tencent, Amazon, ecc).

Il terzo aspetto, richiamato da Letta, riguarda il limite della unanimità delle decisioni, con particolare riferimento ai dossier di politica estera. Letta ha fatto l’esempio delle difficoltà frapposte da Cipro che ha tentato di bloccare le misure europee contro il regime di Lukanshenko in Bielorussia.

All’incontro di S&D a Firenze il vicesindaco di Budapest Katta Tutto ha denunciato le interferenze straniere in Ungheria illustrando con precisioni alcuni casi concreti nel settore sanitario e dell’energia nucleare.

Non c’ è bisogno di essere agenti segreti per capire che è relativamente semplice per Paesi come la Russia o la Cina influenzare le posizioni di un singolo Paese europeo (piccolo o grande) per ostacolare decisioni loro sgradite in sede di Consiglio Europeo.

Un aspetto cruciale sul futuro dell’ Europa è stato messo in luce anche dal senatore Tommaso Nannicini (ex consigliere economico di Matteo Renzi a Palazzo Chigi) che ha messo in luce la necessità che sostenibilità economica e sociale vadano di pari passo. Non c’è crescita solida senza diritti sociali.

Tra parentesi sul piano politico l’ inedita sintonia tra Nannicini e Orlando è un interessante segnale di un rimescolamento di carte in atto del Pd in vista del suo prossimo congresso.

Per concludere ascoltando gli interventi italiani e stranieri mi è venuta in mente una osservazione autocritica su cui tutti gli europeisti dovrebbero riflettere con attenzione.

È sbagliato ritenere che il mercato unico sia una realtà acquisita. Non è vero. Le differenze fiscali e salariali sono fortissime nell’ Eurozona, per non parlare del resto dell’Europa. Il mercato europeo è ancora molto lontano dalla descrizione di libero e leale mercato di Luigi Einaudi come level playing field.

I Paesi si fanno concorrenza sulle tasse e le differenze salariali tendono ad accentuarsi con l’ Italia come fanalino di coda. Non ha pertanto alcun senso dividersi tra fautori del mercato e fautori dell’ intervento pubblico.

Armonizzare fisco, salari, oneri sociali, sicurezza sul lavoro, tutela dell’ambiente è la condizione per realizzare un vero mercato unico. Sciopero o non sciopero per Landini e i suoi colleghi in Europa ci sarebbe tanto da fare. Raccogliere questa sfida potrebbe essere un modo di dare un senso alla giornata di protesta del 16 dicembre stimolando i partiti di maggioranza e di opposizione a progettare il futuro.

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