La scelta della diplomatica statunitense viene ritenuta necessaria e letta positivamente sia per le capacità e le competenze sul dossier, sia perché può portarsi dietro un ulteriore coinvolgimento di Washington
Per salvare il voto previsto per il 24 dicembre, l’Onu ha nominato la diplomatica americana Stephanie Williams come consigliere per la Libia del segretario generale António Guterres. Prenderà il posto di Jans Kubis, che poche settimane fa si è dimesso. La nomina è stata anche una mossa tattica per aggirare la Russia, che voleva — con il veto al Consiglio di Sicurezza — rallentare la scelta di un “inviato speciale”. Questione che avrebbe complicato il voto, che è parte del processo di stabilizzazione che le Nazioni Unite hanno avviato dall’autunno scorso, nominando un governo ad interim con il compito di portare il Paese alle urne.
Il percorso elettorale è piuttosto complicato, e l’assenza di una figura istituzionale dall’Onu avrebbe aperto a una debolezza formale di cui gruppi di potere interni ed esterni alla Libia avrebbero potuto approfittare. Williams conosce il paese: ha occupato il ruolo di vice dell’inviato speciale Ghassan Salamé, per poi prenderne le veci in via temporanea dopo le sue dimissioni. È stato lo stesso Salamé a dare annuncio pubblico della nomina su Twitter: “Ringrazio il Segretario generale [dell’Onu] per la sua decisione di riportare la mia collega Stephanie Williams alla posizione di responsabilità in Libia per quello che so sulla sua raffinatezza, le sue capacità e la sua determinazione a completare ciò che abbiamo iniziato insieme, e le auguro ogni successo nel svolgendo la sua missione per il bene comune di questo caro Paese e della sua gente”.
Williams ha curato le trattative negoziali e diplomatiche che hanno portato alla formazione dell’attuale governo di Abdelhamid Dabaiba, il primo unitario dopo sette anni di scontri armati e divisioni, uscito dal processo del Foro di dialogo politico libico che l’americana aveva pensato di organizzare in sede onusiana per implementare il cessate il fuoco raggiunto sul campo. Un lavoro fatto anche per alleggerire il peso degli attori esterni, che si sono schierati — a volte anche con unità militari ibride e regolari — sia in Tripolitania che in Cirenaica. Se a Ovest sono presenti militari turchi e mercenari siriani mobilitati da Ankara a seguito di un accordo di cooperazione militare siglato con l’ex governo Serraj (onusiano), a Est ci sono mercenari del Wagner Group russo e altri contractor militari africani (probabilmente finanziati da alcuni paesi del Golfo).
Ricordando l’importanza del voto per completare la fase di stabilizzazione e il valore strategico della Libia per il Mediterraneo e per la regione Mena, Williams ha definito il dossier una “priorità” per la Casa Bianca intervenendo al MED2021 dell’Ispi. È un fattore in più dietro alla nomina, perché gli Stati Uniti potrebbero iniziare a considerare l’interesse per la Libia non solo per la caccia ai terroristi che ancora si muovono nel Paese, ma anche per il suo destino politico. L’importanza ruota attorno a quelle presenze esterne: i russi (e turchi) affacciati in mezzo al Mediterraneo, a un passo dalle infrastrutture strategiche della Sicilia — la Nas di Sigonella, l’arsenale militare marittimo di Augusta, il Muos di Niscemi, i cavi sottomarini che tagliano il Canale di Sicilia. Secondo l’analisi di Daniele Ruvinetti (Fondazione Med Or), “il voto, e dunque un governo eletto dal popolo, permetterà a potenze come gli Stati Uniti di impegnarsi maggiormente in Libia; e il nuovo governo beneficerà di questo nel ricevere copertura per il difficile compito di far uscire le forze straniere dal Paese”.
Sul ruolo degli Stati Uniti nella crisi libica, la diplomatica aveva detto a giugno all’Agenzia Nova di vedere “molta più coerenza nella strategia”dell’attuale amministrazione guidata dal presidente Joe Biden: “C’è stata una disconnessione — spiegava — tra le varie agenzie statunitensi sul dossier libico nell’ultima amministrazione. Ora da Washington arriva un messaggio forte e unico e questo è molto importante per i libici e, francamente, anche per i vari spoiler esterni: ora non potranno più bussare alla porta della Casa Bianca e avere un messaggio, e al Dipartimento di Stato avere un altro messaggio”. Washington ha recentemente assegnato all’attuale ambasciatore Richard Norland anche il ruolo di inviato speciale degli Stati Uniti. Per Williams “Questo può aiutare nelle mediazioni internazionali”.
“La Missione delle Nazioni Unite può dare un contributo decisivo nell’accompagnare il Paese verso elezioni presidenziali e parlamentari libere, eque e simultanee, come indicato nelle Risoluzioni 2570 e 2571 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e nella Roadmap di Tunisi, anche facendo leva sugli strumenti forniti dal Processo di Berlino e sostenendo percorsi inclusivi di dialogo sui filoni politico, di sicurezza, economico ed umanitario”, ha scritto la Farnesina in una nota. “La nomina di Stephanie Williams – continua il ministero degli Esteri italiano – rafforzerà ulteriormente la capacità della Missione delle Nazioni Unite di assistere efficacemente sul campo le istituzioni libiche, per garantire che il popolo libico possa scegliere i propri rappresentanti senza ostacoli”.