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La Lituania spera in Scholz ma fermare Pechino non è facile

A Vilnius il primo viaggio all’estero della neoministra della Difesa tedesca. Al centro dell’incontro con l’omologo ci sono Russia e Cina. Il boicottaggio economico spaventa: l’Ue prova a battere un colpo ma la strada è in salita

È la Lituania la destinazione della prima missione all’estero di Christine Lambrecht da ministra della Difesa del nuovo governo tedesco. Alla vigilia dell’incontro tra il cancelliere Olaf Scholz e il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, Lambrecht ha deciso di far visita ai 550 militari tedeschi di stanza alla base di Rukla e all’omologo lituano Arvydas Anušauskas per parlare di sicurezza regionale e relazioni bilaterali.

Prima del viaggio, Lambrecht ha rilasciato un’intervista all’edizione domenicale del quotidiano tedesco Bild dicendosi favorevole all’introduzione di sanzioni personali contro i vertici della Russia in caso di aggravamento del conflitto in Ucraina. “Al momento dobbiamo valutare delle sanzioni contro il presidente russo, Vladimir Putin, e la sua cerchia ristretta”, ha detto. “Dobbiamo utilizzare l’intera gamma di strumenti che abbiamo”, ha aggiunto rispondendo a una domanda sulla possibilità di fermare il gasdotto Nord Stream 2. “Sto guardando con grande preoccupazione ciò che sta accadendo” ai confini fra Russia e Ucraina, ha aggiunto. “Posso capire molto bene le paure degli ucraini. Pertanto, domenica farò la mia prima visita in Lituania per visitare la Forza di reazione rapida della Nato e farmi un’impressione su come i militari vedono questa situazione”, ha detto la ministra.

A una domanda sulla possibilità di inviare truppe della Nato in Ucraina in caso di invasione russa ha risposto allineandosi a quanto dichiarato dal presidente statunitense Joe Biden e dal ministro della Difesa britannico Ben Wallace: “dobbiamo prima esaurire tutte le opzioni diplomatiche e le sanzioni economiche”.

L’intervista è esclusivamente dedicata alla Russia, con le rassicurazioni della Germania alla Lituania e agli altri Paesi baltici. Mai prima d’ora un esponente del Partito socialdemocratico – il partito dell’ex cancelliere Gerhard Schröder, amico di Putin, con importanti incarichi in Gazprom e Nord Stream, ma soprattutto architetto del gasdotto della discordia – era stato così duro sulla Russia.

Ma appare inevitabile che la Cina possa rimanere fuori dai colloquio tra Berlino e Vilnius, la capitale che sta guidando una svolta europea verso una linea più dura su Pechino. La Lituania cerca, anche su questo fronte, rassicurazioni e sostegno europeo. Questa settimana Vilnius ha ritirato i suoi diplomatici da Pechino dopo l’escalation con il governo cinese che non ha digerito l’apertura il via libera all’apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan nella capitale lituana. Secondo Pechino c’è lo zampino di Washington, decisa a provocare. Intanto, però, l’Unione europea, che sta per dotarsi di uno strumento per contrastare la coercizione economica (di Cina e Russia in primis), ha spiegato di essere in contatto con le autorità lituane per valutare la possibilità di aprire un caso presso l’Organizzazione mondiale del commercio dopo il possibile taglio di investimenti da parte della Cina in Lituania.

La Bdi (la Confindustria tedesca) ha definito il blocco delle importazioni dai produttori tedeschi in Lituania deciso dalla Cina come un “autogol devastante”, “un boicottaggio commerciale che avrà un impatto su tutta l’Unione europea”. Questo atteggiamento “dimostra che la Cina è pronta a sganciarsi economicamente dai partner ‘politicamente indesiderabili’. Per la Bdi è chiaro che qualsiasi danno alle catene del valore che sono il cuore del mercato unico dell’Unione europea non deve essere tollerato”.

Vilnius appare decisa a scommettere sul nuovo governo di Berlino, dove il nuovo ministro degli Esteri Annalena Baerbock è nota per le sue posizioni dure su Russia e Cina. Ma basterà il cambio di esecutivo per modificare, per esempio, l’atteggiamento delle imprese tedesche sempre più legate alla Cina?

Il caso lituano, ha scritto il Financial Times, dimostra che “le tattiche commerciali coercitive della Cina sono difficili da contrastare”. Portare la questione all’Organizzazione mondiale del commercio richiede tempo. E non è neppure certo che si riesca a ricondurre questo boicottaggio a Pechino, che intanto nega tutto. E colpisce la Lituania per educare gli altri 26 Paesi membri dell’Unione europea. A questi, spetta una prova: dimostrare di non essere più disposti a farsi dividere da Pechino.

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