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Perché Famiglia Cristiana ha scelto Mattarella come uomo dell’anno

Sergio Mattarella è entrato nella storia della Repubblica molto prima di uscire dal Quirinale e forse è anche per questo che il suo ultimo discorso di fine anno, quello che si appresta a pronunciare, è atteso da molti come un qualcosa di più importante di quanto di solito si attribuisca al “sermoncino” del 31 dicembre

C’è un qualcosa che può apparire scontato nella scelta di Famiglia Cristiana, che nel suo nuovo numero presenta Sergio Mattarella come l’italiano dell’anno. Scontato nel senso che pochi eccepiranno su questa valutazione del settimanale che la spiega così: “La scelta è dovuta non solo a quanto il Capo di Stato ha trasmesso negli ultimi 12 mesi, segnati dalla pandemia e da altri problemi che hanno messo a dura prova le famiglie e l’equilibrio nelle relazioni sociali, ma soprattutto alla statura e allo spessore del messaggio che è riuscito a imprimere in tutto il settennato, spingendo sempre alla pacatezza e alla riflessione positiva l’intera popolazione persino nei momenti di maggiore incertezza o di aspri contenziosi, spesso ponendo un argine a pericolose derive populistiche”.

Derive populistiche… Cosa vuol dire? Proviamo a fare qualche esempio: immaginiamo un Paese dove tutti vogliano “statura” dalla politica, riducendo però i compensi per i politici, rendendo meno appetibile per le persone di certa statura la scelta della politica. Oppure si immagini una richiesta di “rappresentatività”, accompagnata dalla riduzione degli eletti, che ridurrà la possibilità di rappresentare i territori.

Così, con il riferimento alle derive populiste, entriamo, come suol dirsi, in medias res. Il Presidente, come si ricorderà, non accettò la designazione del nuovo ministro dell’Economia del primo governo Conte. Rileggere quanto accadde in quelle ore è interessante per capire. Per esempio ilfattoquotidiano.it scriveva il 27 maggio 2018: “Con una telefonata a Fabio Fazio il leader del M5S conferma che i vertici del M5S stavano ragionando della messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica: – Prima attiviamo l’articolo 90 e poi si va alle urne, perché bisogna parlamentarizzare questa crisi -. Parla di messa in stato d’accusa del capo dello Stato anche Giorgia Meloni, mentre Matteo Salvini attacca il Colle: – Non siamo un Paese libero -. A difendere il Presidente solo il Pd e – forse per la prima volta in vita sua – Berlusconi”.

Si parlava molto, in quei giorni, di possibile uscita dall’euro, la divisa europea, proprio quell’Europa che ha consentito lo stanziamento dei fondi che con il Pnrr ci sta consentendo di ripartire con la vasta alleanza che sostiene l’europeista Draghi, chiamato a guidare l’Italia in un momento molto difficile proprio dal Presidente Mattarella. Pensando anche a questa scelta e a quanto abbia aiutato il Paese si può ricostruire meglio il cammino incarnato dall’inquilino del Colle e che Famiglia Cristiana presenta così: “Con la sua guida ferma e gentile – puntualizzano il direttore, don Antonio Rizzolo, e i condirettori, Luciano Regolo e don Stefano Stimamiglio – da vero garante della Costituzione e di tutti i valori cui è improntata, Sergio Mattarella è riuscito a ricucire gradatamente il senso dell’identità e della sicurezza nazionale, di un orgoglio patrio costruttivo, positivo e incline alla concordia internazionale che non ha nulla a che vedere con il nazionalismo becero e aggressivo”.

Sergio Mattarella è entrato nella storia della Repubblica molto prima di uscire dal Quirinale e forse è anche per questo che il suo ultimo discorso di fine anno, quello che si appresta a pronunciare, è atteso da molti come un qualcosa di più importante di quanto di solito si attribuisca al “sermoncino” del 31 dicembre. Infatti Sergio Mattarella oggi ci parla di un altro malessere, che coglie benissimo proprio su Famiglia Cristiana il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il professor Andrea Riccardi: “Sentirsi rappresentati da una personalità non di parte (anche se con una sua storia politica e un’identità ben profilate) ha fatto bene agli italiani in un periodo sia di disaffezione politica che di gravi difficoltà per la pandemia del Covid-19”.

La disaffezione politica è evidente nelle recenti ondate di astensionismo, che non consentono di parlare di buoni e cattivi nella nostra classe politica, ma di crisi di rappresentatività. E’ in questa fase di distacco dalle istituzioni che Mattarella ha rappresentato l’istituzione che si vorrebbe, quella dalla quale non si distacca chi la critica. Ecco allora che la sua lezione diventa un monito sia ai politici che ai cittadini: la debolezza della politica che si crede forte nel suo essere rissosa, cavalca pulsioni ed emozioni perché accetta di essere il prodotto di pulsioni ed emozioni che la società esprime e che la politica segue, facendosi specchio e non esempio. Quando invece sa farsi esempio la società migliora, recupera il senso di sé, anzi, sente quell’esempio come una liberazione da quelle pulsioni ed emozioni che come tutte le rabbie, le frustrazioni, richiedono in realtà più che di essere condivise di essere curate, superate. Insomma, Mattarella è diventato quell’esempio di alta politica di cui tutti, di un campo o dell’altro, avvertono urgente bisogno.



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