Intervista al professore dell’Università di Miami e dell’Università di Modena e Reggio Emilia, già direttore generale dell’Aifa. L’obbligo una scelta politica già in ritardo, Omicron fermata dai vaccini occidentali, non da quello russo e cinese. Occhio alle mutazioni: non è ancora finita. Così la pandemia può diventare endemica
Da pandemia ad endemia il passo è meno breve di quanto si immagini. Difficile convivere con il virus, se il virus continua a mutare e richiedere nuove forme di contrasto. Per Luca Pani, professore di Farmacologia e Psichiatria Clinica presso l’Università di Miami e Ordinario di Farmacología Università di Modena e Reggio Emilia, già direttore generale dell’Aifa, i vaccini occidentali hanno superato il test della variante Omicron ben più di quanto non abbiano fatto i farmaci russo e cinese. Ma sulla strada per la normalizzazione rimangono molti ostacoli, dalle nuove varianti all’incognita monoclonali.
Il Cdm ha rimandato ancora una volta l’obbligo vaccinale. È una soluzione ormai inevitabile?
A questo punto, ammesso che sia una soluzione, potrebbe essere una decisione tardiva. L’avevo proposta a iniziare dalle categorie maggiormente a rischio oltre un anno fa quando i vaccini non erano neppure stati autorizzati e quando avevamo forse una sola famiglia virale preponderante che non aveva ancora sviluppato le cosiddette “strategie di fuga” dall’immunità umana. Parlare di obbligo senza sapere a quale percentuale di copertura della popolazione bisognerebbe arrivare e in quanto tempo rispetto alla variante dominante, ovvero in breve tempo la Omicron, è sbagliato e non ha senso. Ma se i ritardi di questa decisione sono politici e non hanno niente a che vedere con una modellistica epidemiologica molto complessa da risolvere, allora tutto diventa meno facile da comunicare anche alla popolazione. Che infatti pare ogni giorno più confusa.
Che bilancio fare finora della campagna per le terze dosi?
Moderatamente positivo in Italia dove grazie al gruppo coordinato dal Generale Figliuolo partivate da una ottima percentuale di doppie vaccinazioni. Qui in Usa la situazione è abbastanza disastrosa perché ormai le strategie anti-pandemia, da indossare le mascherine a farsi vaccinare, sono diventate una affermazione del proprio credo politico.
Però?
Però i fatti parlano chiaro: i richiami contro il Covid-19 forniscono un ulteriore livello di protezione contro la malattia. Ma ci sono ancora domande su quanto possano aiutare e quanto spesso siano necessari, e la scoperta della variante Omicron ha sovralimentato il dibattito sul ruolo reale dei richiami e purtroppo di questi vaccini in genere.
Ma i casi di Israele e Regno Unito lo dimostrano, o no?
Quei casi indicano che una dose di richiamo di uno dei vaccini basati sull’mRNA, ampiamente usati, riduce nettamente la probabilità di una persona di contrarre la SARS-CoV-2 e di ammalarsi. E diversi mesi dopo che Israele è diventato il primo Paese al mondo a rendere i richiami disponibili a tutti, il numero di casi giornalieri è comunque basso. Questi dati stanno influenzando le autorità sanitarie che da principio erano esitanti all’idea dei richiami per tutti. Magari un giorno dovremmo parlare di questo…
Di cosa?
Del perché le stesse Agenzie e i ministeri che sapevano che si trattava di autorizzazioni (e non approvazioni) in stato di emergenza sembrano esserselo dimenticato. Non avevamo abbastanza dati per sapere quante somministrazioni sarebbero servite in presenza di varianti virali ora ci stupiamo perché non lo sappiamo? Forse qualcuno dovrebbe cambiare mestiere.
Omicron ha suscitato un allarme esagerato?
Se – come sembra – questa variante riduce la protezione vaccinale e ci volessero tre o più dosi e magari con nuove formulazioni, come succede per intenderci con i vaccini influenzali, questo potrebbe giustificare la preoccupazione che si potrebbe dover continuare ad andare avanti a tempo indeterminato con i richiami. La variante Omicron ha reso meno certe le previsioni su come le campagne di richiamo influenzeranno la traiettoria globale della pandemia.
Ad esempio?
È forse utile ricordare che, anche prima dell’arrivo di Omicron, alcuni di noi si erano opposti a campagne di richiamo diffuse, ritenendo che sarebbe stato meglio invece aumentare i tassi di immunizzazione globali che restano bassissimi in ampie fasce del mondo. Esistono delle questioni di equità e priorità che derivano dalla limitatezza delle risorse vaccinali e io sono uno di quelli che ritiene che la corsa forsennata dei Paesi più ricchi a offrire booster contro Omicron esacerberà ulteriormente lo squilibrio globale dei vaccini. Un errore anche strategico visto che proprio questa disparità ha molto probabilmente contribuito all’emergere e alla rapida diffusione di varianti pericolose come Delta e proprio Omicron in Paesi meno abbienti come l’India e il Sudafrica, rispettivamente.
Europa, Cina, Russia. Chi esce peggio dalla sfida della variante?
Tra questi tre blocchi direi nettamente la Russia e la Cina di cui però sappiamo poco o niente, quindi, è difficile fornire dei dettagli specifici. Quello che sappiamo però è che – per motivi diversi – non hanno attuato delle politiche vaccinali di massa e questo, in generale, non aiuta nel caso in cui compaia una variante altamente contagiosa. Un’altra notizia che circola insistentemente è che questi vaccini “Statali” (ricorda qualcosa della saga italiana sul tema?) e approvati rapidamente dallo stesso Stato, in Russia o in Cina, sembrano produrre “pochi o nessun anticorpo” che possa respingere la variante Omicron, pesantemente mutata, secondo i risultati di un nuovo studio in corso di revisione.
Ce li spieghi.
Questi risultati mostrerebbero una risposta anticorpale più debole all’Omicron del vaccino cinese Sinopharm, del vaccino russo Sputnik V e anche di quello prodotto dalla Johnson & Johnson. I numeri di questo studio sono molto bassi e quindi vanno valutati con cautela. Per Sinopharm, solo tre su 13 individui che hanno avuto entrambe le producevano anticorpi neutralizzanti contro la variante Omicron. Nessuna delle 11 persone vaccinate con Sputnik V e solo una su 12 persone con J&J hanno generato anticorpi. I vaccini di Moderna, AstraZeneca e Pfizer/BioNTech sembrano invece mantenere una certa attività anticorpale contro Omicron ma con alcune diminuzioni che sono sparite dopo la dose booster.
Perché i vaccini russo e cinese sembrano meno efficaci?
Difficilissimo da capire, almeno per me, i dati su questi vaccini non sono completamente a disposizione. Nonostante sin da marzo del 2021, il comitato per i farmaci umani dell’Ema (Chmp) abbia iniziato una revisione continua (rolling review) di Sputnik V (Gam-Covid-Vac), sviluppato dal Centro nazionale russo di epidemiologia e microbiologia Gamaleya, non abbiamo ancora una decisione sulla conformità di questo vaccino ai consueti standard UE di efficacia, sicurezza e qualità. È strano perché le rolling review solitamente richiedono meno tempo del normale per valutare un’eventuale domanda di autorizzazione.
Cosa non torna?
Lo Sputnik V è composto da due diversi virus appartenenti alla famiglia degli adenovirus, Ad26 e Ad5. Questi adenovirus sono stati modificati per codificare il gene che produce la proteina spike originale della SARS-CoV-2; non possono riprodursi nel corpo e non causano malattie. I due tipi di adenovirus vengono somministrati separatamente: L’Ad26 viene usato nella prima dose e l’Ad5 nella seconda per aumentare l’effetto del vaccino.
E sul vaccino cinese?
Il Chmp due mesi dopo ha iniziato anche la rolling review del vaccino cinese Sinovac (Vero Cell) inattivato, sviluppato dalla Sinovac Life Sciences Co. Il richiedente UE per questo medicinale è Life’On S.r.l. Questo vaccino contiene il virus SARS-CoV-2 originale inattivato e non può causare la malattia ma contiene anche un “adiuvante”, una sostanza che aiuta a rafforzare la risposta immunitaria al vaccino. Suppongo che entrambi questi vaccini se diretti verso la famosa proteina spike originale e non quella super-mutata di Omicron potrebbero essere molto meno efficaci contro questa variante.
Bisogna aspettarsi l’arrivo di nuove varianti dominanti o ce ne sarà una che prenderà il sopravvento?
Lo studio delle mutazioni virali è fondamentale. Le mutazioni casuali trovate in un genoma virale vengono classificate come varianti solo quando danno un vantaggio al patogeno. Nella sequenza di ogni variante si possono trovare delle sottovarianti come indicato nel sistema di denominazione noto come Pango dove, alle 4 varianti storicamente preoccupanti ovvero la B.1.1.7 (Inglese); la P.1 (Brasiliana); la B.1.351 (Sud Africana) e la B.1.617.2 (Indiana ovvero la Delta), è stata aggiunta la BA.1 (Sud Africa e Botswana ovvero la Omicron).
La struttura del genoma di Sars-Cov-2 rimane la stessa, giusto?
Sì. Se dovesse mutare in un modo che cambia la sua cosiddetta natura essenziale, potrebbe diventare una nuova specie ovvero SARS-CoV-3 che al momento invece non è mai stata identificata. Le mutazioni virali che sopravvivono e si diffondono nella popolazione umana lo fanno perché aumentano la trasmissibilità, l’infettività, la virulenza, o la capacità di sfuggire alla nostra immunità. Da questo punto di vista c’è da essere più preoccupati per mutazioni identiche o quantomeno molto simili che insorgono in più varianti indipendenti tra loro rispetto a qualsiasi mutazione specifica perché questo suggerisce il virus sta diventando “evolutivamente più adatto”.
Più che mutazione, un’evoluzione.
Questo fenomeno è noto in biologia come evoluzione convergente ed è qualcosa che, in tutte le varianti di preoccupazione che abbiamo elencato è già avvenuto per almeno una mutazione comune della proteina spike. Le mutazioni apparse nell’ultimo anno sono uno dei motivi per cui la pandemia non è ancora sotto controllo anche nei Paesi dove il tasso di vaccinazioni sembrava metterli al riparo (Inghilterra e Israele per esempio). Che il Sars-COV-2 possa selezionare delle mutazioni che lo aiutino a sfuggire ai vaccini è naturalmente la più grande preoccupazione di tutti. Attualmente, tutti i vaccini autorizzati in Europa e negli Stati Uniti rimangono protettivi e la terza dose sembra ridurre la progressione verso la malattia grave negli individui vulnerabili, tra cui gli anziani.
Chi sta vincendo la corsa globale alle monoclonali? L’Italia è attrezzata?
Beh, direi gli Stati Uniti a mani basse. L’8 dicembre, scorso la US Food and Drug Administration (FDA) che ha avuto il vero ruolo guida in questi ultimi due anni rispetto a tutte le altre agenzie regolatorie mondiali ha autorizzato, ancora una volta per prima, la combinazione di anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione di AstraZeneca, AZD7442 (Evusheld), per la profilassi pre-esposizione al Covid-19 in adulti e bambini di almeno 12 anni che non hanno una risposta immunitaria adeguata alla vaccinazione Covid-19 o non possono essere completamente vaccinati.
Allora non esistono solo i no-vax…
No. Ci sono pazienti in cui una condizione medica o la terapia immunosoppressiva compromette il sistema immunitario tanto da non riuscire a rispondere adeguatamente alla vaccinazione Covid-19. Giusto per essere chiari stiamo parlando di pazienti che hanno zero anticorpi dopo tre dosi di vaccino, oppure sono sotto trattamento con steroidi ad alte dosi, o non hanno linfociti B, che sono necessari per combattere le infezioni; tutti fattori associati con una risposta immunitaria particolarmente scarsa o nulla ai vaccini. Oppure sono individui che hanno avuto gravi reazioni a un vaccino Covid-19 o ai suoi componenti e, pertanto, non possono essere vaccinati completamente.
Insomma, i monoclonali funzionano?
Se questi o i precedenti anticorpi monoclonali possano essere efficaci contro Omicron rimane da vedere, dal momento che gli studi clinici hanno avuto luogo prima che la nuova variante Sars-CoV-2 fosse segnalata per la prima volta il 24 novembre. Una serie di studi ancora non approvati per la pubblicazione sembrano suggerire che Omicron resiste alla combinazione di anticorpi monoclonali di Regeneron mentre altri, prodotti da GlaxoSmithKline e Vir Biotechnology, sembrano conservare l’efficacia contro tutte le mutazioni della proteina Omicron spike. Anche in questo caso, in Europa attendiamo la fine della rolling review dell’Ema, l’Italia seguirà.
Quanto a lungo sarà sostenibile il sistema delle quarantene se il virus diventerà endemico?
Dipende. Prima di Omicron molti immunologi pensavano che le terze dosi sarebbero state sufficienti. I vari protagonisti del nostro sistema immunitario che di mestiere ricordano gli agenti patogeni incontrati in precedenza – le cellule B e quelle T di memoria – stavano resistendo bene nel tempo, e sembrava che la maggior parte delle persone con due o tre dosi di un vaccino Covid-19 avrebbero mantenuto una protezione a lungo termine contro la malattia grave e il decesso. Nelle persone sane che hanno ricevuto tre dosi la risposta immunitaria è molto sostenuta e quindi la quarantena in questi casi sarebbe ingiustificata. Diverso è il caso dei non vaccinati che invece dovrebbero stare isolati.
Con Omicron cosa cambia?
La nuova variante potrebbe cambiare il quadro immunologico. Tra le molte mutazioni di Omicron, poche sembrano in grado di compromettere la capacità delle cellule T di riconoscere il virus e attaccare le cellule infette, ma abbiamo bisogno di altri dati per essere sicuri.
Su quale fronte si gioca la vittoria di medio-lungo periodo contro la pandemia?
Sul fronte delle scelte per la tutela della Salute pubblica dobbiamo valutare se, con tassi di trasmissione comunitaria alti, non convenga aumentare la percentuale di booster vaccinali per controllare la diffusione virale aumentando il numero di “anticorpi neutralizzanti” circolanti a livello di popolazione. Se, come sembra, Omicron risulta essere altamente trasmissibile, i richiami potrebbero essere particolarmente utili perché tendono a suscitare una vasta gamma di anticorpi, almeno alcuni dei quali dovrebbero mantenere l’attività contro la variante Omicron.
E se così non fosse?
I produttori di vaccini hanno un piano di riserva: almeno quattro aziende hanno iniziato a sviluppare candidati booster specifici per Omicron. Ci vorranno mesi prima che uno di questi arrivi sul mercato, quindi per il momento la strategia migliore è fare la terza dose e vaccinare tutti quelli che non lo hanno ancora fatto, il che – mi rendo conto – ci riporta sul tema dell’obbligo vaccinale da cui siamo partiti.