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Nell’Europa dei messaggi di forza, arriva la forza del messaggio di Francesco

Da Cipro Francesco ha dimostrato che senza la forza di un messaggio che sa unire tutti i drammi delle periferie mediterranee, l’unico risultato che si può conseguire è quello degli opposti arroccamenti nelle rispettive solitudini

A poche ore dalla diffusione della sua circolare, quella poi ritirata, sul linguaggio inclusivo, Bruxelles ha elaborato l’idea della procedura di asilo alla frontiera. Cosa vuol dire? Vuol dire che nel gelo della Bielorussia, lì dove c’è il filo spinato di separazione dalla Polonia, si esaminerebbero le domande di asilo politico sulla base di procedure accelerate e in caso di esito infausto si procederebbe al respingimento. È un’idea che lede i diritti umani in questo caso di poche migliaia di persone, quanto la linea scelta dalla Bielorussia, che li ha chiaramente usati come “bombe umane”, usandone il dramma per sabotare i confini. Dunque la differenza tra Europa e Bielorussia, che c’è, è difficile da cogliersi, un qualcosa di mimetico rende l’Europa simile alla Bielorussia.

È un po’ quello che è accaduto a Nicosia, quando il patriarca cipriota, incontrando Francesco, non lo ha ringraziato per aver deciso di accogliere 50 profughi, che attualmente vivono a Cipro, in Vaticano. Sarà un gesto simbolico come molti hanno giustamente osservato, ma se ogni Paese europeo avesse fatto lo stesso con i profughi usati dai bielorussi, di quelle poche migliaia di casi umani già sarebbero stati risolti ben più di mille casi. Ma questo al patriarca cipriota non è venuto in mente. Lui ha preferito chiedere al papa aiuto contro i turchi: “In passato abbiamo avuto modo di esprimere la stessa richiesta a papa Benedetto, che, di fatto, ha mediato presso il governo tedesco e siamo riusciti a riportare 500 frammenti della nostra cultura bizantina (trafugati dai turchi, ndr). Attendiamo con impazienza anche il Suo aiuto, santità, per la protezione e il rispetto del nostro patrimonio culturale e per la supremazia dei valori incalcolabili della nostra cultura cristiana, che oggi vengono brutalmente violati dalla Turchia”.

A parte il fatto che non è bello acquistare reperti trafugati e che quindi bene ha fatto Benedetto XVI a chiederne ai tedeschi la restituzione ai legittimi proprietari, cioè a Cipro, ma cosa conta di più per la cultura e l’identità cristiana? I diritti degli esseri umani o i propri? Anche in questo caso si avverte il rischio di una differenza che sfuma, non si vede più, tanto è vero che appare probabile che quel che al leader turco maggiormente interesserebbe è proprio una polemica che rimuova le sue responsabilità nella gestione del problema dei profughi, che nella gestione di chi è stato mandato in Bielorussia lo ha visto, guardo un po’, protagonista, per presentarsi come paladino degli interessi turchi davanti al suo popolo che è l’unico che sa benissimo che lui in realtà difende i suoi di interessi.

Per fortuna, nel suo discorso, Francesco ha saputo far presente al patriarca di Cipro che ciò che serve è la forza dei gesti e non i gesti della forza. La forza dei gesti come il suo, che a Cipro non solo ha saputo chiamare 50 profughi in Vaticano, ma anche incontrarli nel grande appuntamento di questo venerdì pomeriggio. E tutti finalmente hanno potuto, volendo, ascoltare le loro testimonianze. Ascoltare le loro testimonianze è la forza che servirebbe all’ Europa davanti ai Putin, ai Lukashenko, ma anche ai leader polacchi che mandano gli idranti contro i profughi: gesti di forza questi ultimi di cui pochi avvertivano il bisogno.

Così il viaggio di Francesco è diventato il solo che ha la forza di denunciare l’espansionismo nazionalista turco, a partire proprio dal caso di Cipro, dove tutto ciò che interessa al leader turco sembra proprio il grande giacimento energetico subacqueo al largo delle coste cipriote più che il destino e il ruolo della minoranza turco-cipriota, che lui ha sommerso sotto una marea di coloni anatolici e che infatti in occasione delle recenti elezioni turco-cipriote gli ha voltato le spalle.

Il grande messaggio che Francesco ha saputo mandare da Cipro è proprio questo: serve la forza dei messaggi, non servono messaggi di forza. La forza di Putin, che sembra proprio l’ideatore dell’assalto ai confini polacchi, la forza di Lukashenko, che ha gestito quell’assalto, la forza dei polacchi, che hanno risposto prendendosela con loro, i profughi, e non chi li aveva lanciati contro il loro territorio, la forza dell’Europa, capace di esibire l’idea più ostile ai diritti umani prendendo  di mira qualche migliaio di disperati. La forza del Vangelo è tornata così il tratto caratterizzante di un’identità che Francesco rivendica con il suo gesto e che a suo avviso dovrebbe fondare le radici di un continente che non può pensare di dimostrare il suo attaccamento al cristianesimo dimenticandosi degli altri, disinteressandosi degli ultimi, incaponendosi nella tutela del proprio fortino a discapito di chi lo guarda come una luce di diritto e rispetto umano.

Il viaggio a Cipro, porta girevole del Mediterraneo tra il suo versante orientale e occidentale, ha così dimostrato la centralità di tutte le sue periferie. Da Cipro Francesco ha dimostrato che senza la forza di un messaggio che sa unire tutti i drammi delle periferie mediterranee, l’unico risultato che si può conseguire è quello degli opposti arroccamenti nelle rispettive solitudini.

(Foto d’archivio)

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