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Francesco, uno spirito libero che vive il Vangelo

Papa Francesco vive il Vangelo anche nel suo modo di rapportarsi alla vita. È questo che non coglie chi parla di “populismo”, o di “gauchismo” del pontefice. Le radici cristiane per lui sono nella vita, non sulla carta. E questo perché non dovrebbe riguardare anche il suo compleanno, almeno per gli altri?

Anni fa mi capitò di vedere un’intervista al pasticcere che aveva preparato la torta di compleanno per Francesco. È un piccolo esempio di come il Vaticano appaia ad alcuni, o in certi racconti, il nostro Buckingham Palace. Un racconto che con Francesco ha sempre meno senso e che nelle ore del suo compleanno non vuol certo dire “togliere umanità” al papa, che come tutti gli altri esseri umani ha un compleanno, non solo una data d’inizio del sacerdozio e poi del pontificato. Va benissimo, dunque, anche nel caso di Francesco e forse ancor più per lui, che con l’umanizzazione della figura del pontefice sicuramente ha a che fare, come tutti i pontefici dell’epoca post-conciliare, chi più, chi meno.

Francesco telefona, lo sappiamo da quando, poco dopo la sua elezione, lasciò un messaggio alla segreteria telefonica di un suo amico argentino per fargli, guarda un po’, gli auguri di buon compleanno. Lui, Gustavo Vera se non ricordo male, giustamente mise sul sito della sua associazione l’audio degli auguri del vescovo di Roma, perché aveva capito benissimo il significato di quel gesto affettuoso.

Francesco, come telefona anche a sconosciuti, fa i selfie, anche con sconosciuti, e si può difficilmente immaginare quanto quei selfie, ad esempio con i tanti rifugiati che ha incontrato durante il suo pontificato, abbiano finito con l’essere una pastorale via whatsapp sulla fratellanza. È facile presumere che non solo cristiani fotografatisi insieme al papa nei campi fangosi che il papa ha visitato e dove li ha incontrati abbiano inoltrato quei selfie ad amici e parenti, portando un raggio di umanità in un mondo che nessuno può immaginare quanto ampio di sofferenti. Un mondo che nessun altro ha saputo raggiungere.

Come chiunque telefoni o faccia i selfie, Francesco compie anche gli anni. Ed è giusto parlarne. Ma il suo compleanno non è ben raccontato come una festa dentro il nostro Buckingham Palace. Piuttosto questo giorno sembra per lui una festa di fratellanza, visto che in passato ha ritenuto di  pranzare con gli homeless, accogliendo gruppi di bambini malati, o regalando ventilatori polmonari a Paesi che non ne hanno.

Qualcuno, sbagliando a mio avviso, può ritenere che sia “populismo”. È piuttosto una riforma, molto delicata: la riforma delle forme di esercizio del ministero petrino. Questa riforma non si scrive, si fa. Si fa nei comportamenti, come la rinuncia alla limousine: vedere Bergoglio in quei macchinoni farebbe strano, ma oggi non farebbe strano, dopo la sorpresa iniziale a vederlo in una utilitaria, vedere un papa in limousine? E non è l’altare dell’ipocrisia quello che farebbe percepire come “curioso” vederlo su una limousine, ma il senso che lui a quel ministero, che in linguaggio ecclesiale vuol dire servizio.

L’errore di alcuni, che vedono in questo in “gauchismo” bergogliano è un errore, a mio avviso, evidente come quello di chi scorge una forma di populismo nella sua rivisitazione del “look” che accompagna l’apparire del papa. È qualcosa che gli appartiene profondamente, visto che era così anche a Buenos Aires, dove girava spesso e volentieri in metropolitana. E gli appartiene anche ora: le fotografie che lo ritraggono mentre dà la mano alla guardia svizzera in servizio all’ingresso dell’Aula Nervi possono sembrare parte del “look”. Ma quelle che, scattate da molto lontano, lo ritraggono mentre raggiunge Santa Marta a piedi tenendo l’ombrello in una mano e la sua cartella nera nell’altra cosa ci dicono? Se da una parte ci dicono, ci parlano di uno spirito libero, che non si lascia cambiare per quanto gli sia possibile, dall’altra ci parla del suo modo di vivere il Vangelo. Francesco vive il Vangelo nella sua vita, anche nel suo modo di rapportarsi alla vita. È questo che non coglie chi parla di “populismo”, o di “gauchismo” del papa. Le radici cristiane per lui sono nella vita, non sulla carta. E questo perché non dovrebbe riguardare anche il suo compleanno, almeno per gli altri?

Capirlo vuol dire capire come il suo rapporto con il Vangelo sia diverso dal nostro. E allora colpisce, leggendo il resoconto della sua conversazione con i gesuiti che vivono in Grecia, che il terzo grado di umiltà indicato da Sant’Ignazio nei suoi esercizi spirituali è: “Voglio e scelgo piuttosto povertà con Cristo povero che ricchezza, piuttosto ignominie con Cristo pieno di esse che onori”. Questo spiegherà anche, certamente a mio avviso, perché ritenga così importante il buon umore. E mi sembra un ottimo motivo, con buon umore, per augurargli un buon compleanno.

 

 

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