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Tempi duri per la solidarietà e il servizio civile. La riflessione di D’Ambrosio

Ci sono 22.458 opportunità di servizio civile che stanno rischiando di finire nel cestino. Si parla spesso di aiutare i giovani, ma in termini di risorse spesso ci sono molte carenze, come in questo caso. Il commento di Rocco D’Ambrosio, professore ordinario di Filosofia Politica all’Università Gregoriana

Partiamo da una notizia, poco diffusa ma non per questo trascurabile, anzi. Il finanziamento del Bando Servizio Civile “butta” nel cestino 22.458 posti per volontari su 76.639, totale dei volontari previsti per progetti già approvati dal Ministero ma non finanziati.

Quindi ci sono 22.458 opportunità di servizio civile che stanno rischiando di finire nel cestino.

Questo l’assurdo dato che emerge dal decreto di finanziamento del prossimo bando relativo.

Infatti, a fronte di 76.639 posizioni valutate positivamente dal Dipartimento Politiche Giovanili e Servizio Civile Universale, risultano stanziate solo risorse per 54.181 volontari.

Gli Enti interessati – Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile, CSVnet, Forum Nazionale Servizio Civile, Forum Nazionale Terzo Settore, cioè l’intero mondo del Servizio Civile – chiedono alla Ministra Dadone, al Presidente Draghi e al Parlamento di evitare questo colossale spreco. Il servizio civile, sappiamo bene, non è e non può essere solo collocazione di giovani disoccupati ma è occasione di crescita per le/i nostre/i ragazze/i, in un servizio che si ispira alla solidarietà, alla cittadinanza attiva e all’impegno per la pace e la buona convivenza.

Sono molti i provvedimenti in Parlamento cui il Governo e i gruppi parlamentari possono attingere per trovare i circa 100 milioni necessari per impegnare 76.639 giovani; si parla spesso di aiutare i giovani, ma in termini di risorse spesso ci sono molte carenze, come in questo caso. Quella che manca è la volontà politica, anche se il nostro Paese è e resta fondato sulla solidarietà. Il Presidente Mattarella non si stanca di insegnarlo e di ripeterlo in tutte le occasioni. Tuttavia, non per tutti la solidarietà è bussola di riferimento: per alcuni parlamentari e membri dell’esecutivo è forse solo un richiamo retorico per interventi pubblici, non di più.

Tali attori politici, a mio personalissimo avviso, risentono molto di quella cultura solo retoricamente a favore della solidarietà. Cosa che succede in tutti quei Paesi dove si assiste a uno smantellamento (più o meno evidente) del Welfare State perché poco conveniente. In questi Paesi spesso i corpi intermedi si mobilitano solo per tutelare in maniera corporativa gli interessi dei propri iscritti; spesso i partiti politici operano solo per il conseguimento del potere e degli interessi individuali e non per il bene comune, e così via. Sono tutte dimostrazioni di una visione in cui ogni atto di cooperazione e solidarietà deve essere ricambiato. Le modalità di pagamento possono essere diverse: cognitive, emotive, materiali, sessuali, ritorni in termini di immagine, potere, protezioni e fama. Si pensi all’ipocrisia che accompagna atti di beneficenza di singoli e di gruppi, in cui sono stati calcolati, in maniera quasi maniacale, tutti i possibili guadagni e ritorni di quello che si sta donando o, si dovrebbe dire meglio, vendendo. Probabilmente i volontari del servizio civile sono ritenuti, da alcuni, poco adatti a dare “ritorni” di potere e immagine ad alcuni politici. Infatti, sono li non per un “ritorno” ma per un servizio.

Variante di questo pensiero è anche quella visione secondo cui qualsiasi atteggiamento di cooperazione e solidarietà è vissuto solo se a costo zero. In altri termini si accetta di non guadagnare niente e di non avere ritorni di alcun tipo, ma a condizione che l’altruismo non costi assolutamente niente. È come dire che si è generosi solo nella misura in cui oggetto della mia generosità è il superfluo o quanto è destinato ad essere buttato via. Se invece si tratta di risorse a me preziose (tempo, beni economici, potere) la mia generosità non può realizzarsi. Non ci vuole molto a spiegare l’assurdità di tale pretesa: non esiste atteggiamento di cooperazione e solidarietà che non costi qualcosa, anche se piccola e nascosta. La pratica della solidarietà a costo zero sta forse ispirando anche alcuni ministri? Di fatto già ispira alcuni ambienti che dovrebbero avere gli anticorpi per rigettarla, come alcuni settori del mondo cattolico e altri della sinistra politica.

Non va nemmeno dimenticato che il Terzo settore è stato investito dalla riforma Codice del Terzo Settore (prima decreto legge, DL 117/2017 e poi legge nel marzo 2021): un complesso di norme che ha ridisciplinato il no profit e l’impresa sociale. Ad oggi, l’intervento legislativo non è stato ancora completato. Quale indirizzo ha il Governo in materia, cioè relativamente alla riforma del Terzo Settore, ispirata da alcuni cattolici ed esponenti della sinistra? Non dimentichiamo che essa, di fatto privilegia i grandi enti (cattolici e laici) e trascura o pone in serie difficoltà i piccoli; fino all’assurdità – materia in discussione nella redigenda Legge di Bilancio – di chiedere la Partita Iva a piccole associazioni ed enti, che sono il cuore della solidarietà di questo Paese, molto spesso più delle grandi sigle che appaiono in tv e sui media; organizzazioni che sono diventate ormai gli “appaltatori” fissi dei servizi di solidarietà.

“Questo è quello che vorrei sottolineare ancora una volta – ha detto il Presidente Mattarella, al Palasermig di Torino, il 7.11.21 – le cose che appaiono impossibili non lo sono. È possibile purché vi sia iniziativa, fiducia, affidamento alla solidarietà. Per questo vorrei anche io ringraziare quelli che hanno contribuito a realizzare questa iniziativa: hanno dato un grande contributo, un grande esempio di come si vive insieme, di come si è, insieme, comunità”. 22.458 giovani (e tanti altri) si attendono “iniziativa, fiducia e solidarietà per non tradire il nostro Paese, ma farlo crescere come i Resistenti e Costituenti hanno testimoniato con la vita.


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