Il governo cinese ha approvato la fusione di tre giganti del settore minerario. Il nuovo gruppo dovrebbe nascere entro fine anno e sembra confermare tutti i timori Usa
Si chiamerà China Rare Earth Group e nascerà nella provincia di Jiangxi entro la fine dell’anno dalla fusione di tre aziende statali: China Minmetals Corporation, Aluminum Corporation of China Limited (nota anche come Chalco) e Ganzhou Rare Earth Group Co. Pechino ha dato il via libera all’operazione con l’obiettivo di “mantenere il suo dominio nella catena di approvvigionamento globale dei metalli strategici, mentre le tensioni si acuiscono con gli Stati Uniti”. A rivelarlo è il Wall Street Journal, che spiega anche che il gruppo è pensato “per rafforzare ulteriormente il potere di Pechino sui prezzi ed evitare lotte intestine tra le aziende cinesi” (tradotto: limitare la concorrenza), “e per usare quel peso per ridurre gli sforzi occidentali per dominare le tecnologie critiche”.
Le cifre relative al dominio della Cina nell’industria delle terre rare – cruciale per la transizione digitale quanto per quella energetica che anche Stati Uniti e Unione europea devono affrontare – variano, osserva il quotidiano americano. Alcuni analisti dicono che la Cina estrae più del 70% delle terre rare del mondo ed è responsabile del 90% del processo di trasformazione in magneti. Un rapporto della Casa Bianca, invece, recita rispettivamente 55% e 85%.
Lo sforzo di consolidare la propria posizione nel settore arriva in un momento di forti tensioni con gli Stati Uniti. Il Wall Street Journal evidenzia alcuni passaggi che dimostrano le preoccupazioni di Washington che Pechino possa usare il controllo delle terre rare per fini strategici: a febbraio il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha firmato un accordo di investimento con l’australiana Lynas Rare Earths Ltd. che il Pentagono definisce “la più grande società di estrazione e lavorazione di elementi di terre rare al di fuori della Cina” e che realizzerà un impianto di lavorazione delle terre rare in Texas; nello stesso periodo, il presidente Joe Biden ha emesso un executive order che individua i minerali di terre rare come una delle quattro aree chiave su cui intervenire per ridurre i rischi della catena di approvvigionamento; a giugno un documento della Casa Bianca ha spiegato che gli Stati Uniti dovrebbero prepararsi a un intervento della Cina per limitare le esportazioni di terre rare.
Le rivelazioni del Wall Street Journal sono state rilanciate anche dal Global Times, megafono della propaganda del Partito comunista cinese in lingua inglese. Ovviamente in chiave entusiastica: l’operazione, “secondo gli analisti”, “migliorerà efficacemente lo sviluppo e la concentrazione dell’industria nazionale delle terre rare”.
Citato dal giornale cinese, Wang Guoqing, direttore della ricerca al Beijing Lange Steel Information Research Center, ha spiegato che così la Cina avrà un potere di prezzo più forte sul mercato internazionale consolidando così il dominio nel settore. “Ci si aspetta che la nuova società applichi regole più severe sulla quantità di produzione e sul volume delle esportazioni di terre rare, il che potrebbe anche far salire i prezzi”, ha spiegato un manager citato dal Global Times. Ma sono le parole di Wang citate dopo a dare il contesto: “La creazione della società promuoverà lo sviluppo sano e sostenibile dell’industria nazionale e delle catene di approvvigionamento”.
Dichiarazioni che confermano sia i timori sui prezzi quanto sull’impostazione nazionalistica di Pechino, sia la necessità di agire di Washington.