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Vivendi e Cdp possono innescare la contro-Opa su Tim? Intanto Giorgetti…

L’incontro di Milano tra i due soci forti dell’ex Telecom può aprire la strada a una sinergia che rischia di assumere le forme di un concerto. Il perché lo spiegano gli analisti di Equita e Intermonte. Intanto Giorgetti vede i sindacati, senza convincerli e rispolvera il golden power

Non c’è il clangore delle armi, non ancora almeno. Ma dentro Tim è già in corso una battaglia, se non altro di nervi, per il controllo del gruppo telefonico. Le carte le ha sparigliate il fondo americano tre settimane fa, mettendo sul piatto 50 centesimi ad azione (ma l’offerta è finita sul tavolo del board il 21 novembre) contro i 47 centesimi attuali in Borsa. La prima conseguenza, è stato il passo indietro del ceo, Luigi Gubitosi, che ha rimesso le deleghe al presidente Salvatore Rossi con l’intento di fluidificare al massimo la trattativa con Kkr.

Vivendi, socio di riferimento al 23,7% dell’ex monopolista, si è limitata a un paio di note in cui da una parte bollava come insufficiente l’offerta americana e dall’altro confermava la sua volontà di rimanere azionista forte nel gruppo. Al netto delle attenzioni in chiave rete unica, finora a essere sinceri abbastanza velate, del governo Draghi, c’è da registrare la creazione di un comitato guidato dallo stesso Rossi (Pietro Labriola ha preso le redini dell’ex Telecom in veste di direttore generale), incaricato di valutare la proposta di Kkr e decidere se aprire la fase di due diligence.

Ma lo scacchiere, in realtà, si muove. Nei giorni scorsi, come riportato da Repubblica, i rappresentanti di Vivendi si sarebbero incontrati a Milano con i vertici dell’altro socio forte di Tim, Cassa Depositi e Prestiti, azionista al 9,8%. Motivo? Gettare le basi per creare un blocco azionario che possa fare da contraltare a Kkr. L’incontro, secondo le indiscrezioni riportate dal quotidiano di Largo Fochetti, sarebbe stato positivo e proficuo. Ora, questa possibile convergenza tra due soci che non sempre sono andati d’accordo (Cdp entrò nel capitale di Tim per fungere da presidio di Stato contro le mire francesi) apre degli scenari su cui gli stessi analisti hanno detto la loro.

Tecnicamente ancora non ci sono i presupposti della cosiddetta operazione di concerto, ovvero la situazione in cui un gruppo di soggetti effettua, anche separatamente, una serie di acquisti sulla base di un accordo reciproco (anche non formalizzato) finalizzato all’ottenimento del controllo di una società. Operazione che qualora partorisca una partecipazione superiore al 30% farebbe scattare l’obbligo di Opa. Ora, se però si sommano le quote di Cdp e Vivendi ecco che la soglia Opa viene abbondantemente superata.

La convergenza tra l’azionista francese e quello italiano potrebbe benissimo passare da un completo rimpasto del board attuale, al fine di per avere una rappresentatività più coerente con le quote azionarie detenute. Ecco però i nodi. Come sottolineano gli analisti di Equita, “un accordo su questo tema (il riassetto del cda, ndr) imporrebbe un obbligo di Opa per Cdp e Vivendi o un passaggio assembleare incerto invece se non ci fosse un accordo preliminare tra i due maggiori azionisti di Telecom”. Sulla stessa scia, anche gli analisti di Intermonte, i quali “dubitano che in questa fase un rimescolamento del consiglio d’amministrazione possa essere possibile senza configurare un’azione concertata tra i due azionisti principali di Tim, Vivendi e Cdp” e dunque un’Opa. Che poi sarebbe una contro-Opa, vista la possibile, forse probabile, Offerta di acquisto di Kkr.

Non è tutto. Gli esperti si sono pronunciati anche sul progetto, per ora solo a livello di indiscrezione, relativo alla separazione dei clienti consumer da Tim, con un’operazione che lascerebbe in capo all’ex Telecom tutta la parte infrastrutturale (la rete mobile, la rete fissa domestica e internazionale, i data center, la cybersecurity) e anche i clienti corporate. “Questa ipotesi a nostro avviso avrebbe il
difetto di bloccare probabilmente in ogni caso gli scenari di rete unica perché Tim rimarrebbe in parte verticalmente integrata”, sottolinea Equita.  Tutto questo mentre al ministero dello Sviluppo Economico si è tenuto  l’incontro tra il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti con i rappresentanti dei sindacati.

Un incontro “insoddisfacente”, secondo il numero uno della Uilcom, Salvo Ugliarolo. “Abbiamo spiegato le nostre preoccupazioni e le nostre proposte su Tim e sul tema della rete. Il confronto con il governo come Uilcom ci ha visti non soddisfatti. Speriamo che questa interlocuzione possa essere propedeutica per un prossimo incontro per poter ascoltare finalmente l’idea del governo sulla strategia del settore e in particolare sul futuro di Tim”.

Il responsabile dello Sviluppo ha in ogni caso chiarito, nel corso di un’informativa alla Camera, che il governo manterrà alta la guardia su Tim e i suoi asset. Valutando, qualora fosse strettamente necessario, l’uso del Golden power. “Il governo sta seguendo il dossier con grande attenzione. Il percorso è ancora in fieri e non si è ancora nelle condizioni di prendere iniziative. Se Kkr dovesse formalizzare il lancio dell’Opa o chiunque dovesse formalizzare il lancio dell’Opa si attiverebbe una procedura che consentirà al governo di interessarsi dell’iniziativa sia rispetto alle necessarie autorizzazioni per la disciplina del settore sia alle valutazioni conseguenti della disciplina della Golden power”.

E questo per garantire la tutela degli asset strategici. “Ricordo le parole di Draghi con il riferimento al dossier Tim, è un dossier di straordinaria importanza in cui le priorità sono la protezione dell’occupazione, e nelle ore scorse avuto un incontro con i sindacati, la protezione della tecnologia, frontiera fondamentale in termini prospettici e che fa parte del Pnrr e la protezione della rete. È indiscutibile che all’interno di Tim esistano degli asset di natura strategica per cui è indispensabile il controllo pubblico”.

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