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Stati Uniti e Cina, si accende la corsa sulle vendite militari. Il report Sipri

Di Marco Battaglia e Stefano Pioppi

La corsa tra Stati Uniti e Cina è totale anche sugli armamenti. In una crescita globale di vendite dell’1,3% tra il 2019 e il 2020 (nonostante il Covid-19), a tallonare i campioni americani ci sono i colossi cinesi. In Europa guida il Regno Unito. Leonardo si conferma in dodicesima posizione e Fincantieri aumenta le vendite del 23%…

La pandemia non ha arrestato il confronto a tutto tondo tra Stati Uniti e Cina. Ove possibile, lo ha accelerato ulteriormente, come sul mercato globale delle armi. È quanto emerge dagli ultimi dati pubblicati dall’autorevole Stockholm international peace research institute (Sipri), che prende in considerazione le vendite nel settore difesa dei primi cento produttori al mondo. Mostra un confronto tra i campioni americani e i colossi del Dragone, che crescono a ritmi sostenuti in una fusione civile-militari diretta da Pechino. Nel complesso le vendite militari della Top 100 sono valse 531 miliardi di dollari nel 2020. L’aumento su base annuale è dell’1,3%, il più contenuto degli ultimi anni, che hanno visto comunque una crescita costante dal 2015.

L’IMPATTO DEL COVID

La produzione di sistemi d’arma si è mostrata “ampiamente resiliente rispetto allo shock della pandemia da Covid-19 e alla conseguente crisi economica”, si legge nel report dell’istituto svedese. Rispetto a una contrazione del 3,1% dell’economia globale, lo scorso anno ha visto un aumento delle vendite globali di armi. Per Sipri ciò è dovuto a tre fattori: primo, le industrie della difesa sono state protette dai rispettivi governi, beneficiando di politiche fiscali espansive; secondo, in diversi Paesi si sono viste riconoscere misure addizionali di protezione contro l’onda d’urto pandemia, come l’accelerazione di ordini e pagamenti; terzo, i contratti di approvvigionamento di armi di solito durano diversi anni, e molte aziende di armi sono state in grado di ottenere guadagni sugli ordini effettuati prima dello scoppio della crisi sanitaria. Tuttavia, si legge nel report, “operare nel mercato militare non ha garantito l’immunità rispetto agli effetti della pandemia”. L’esempio è la francese Thales, che “ha attribuito un calo delle vendite di armi del 5,8% alle interruzioni indotte dal blocco nella primavera del 2020; alcune aziende hanno inoltre segnalato interruzioni della catena di approvvigionamento e consegne ritardate”.

IL PRIMATO AMERICANO

A dominare la classifica restano i campioni a stelle e strisce. Nella Top 100 sono 49 le aziende americane, che pesano per il 54% delle vendite globali, con un valore di 285 miliardi di dollari, in aumento dell’1,9% rispetto al 2019. Nelle prime cinque posizioni ci sono i colossi Lockheed Martin (58,2 miliardi, +7,7% su base annuale), Raytehon Tecnologies (al debutto in classifica dopo la fusione tra Raytheon e UTC, con 37,7 miliardi), Boeing (32,1 miliardi, in riduzione del 5,8%), Northrop Grumman (30,4 miliardi, + 2,5%) e General Dynamics (25,8 miliardi, +3,9%).

IL CONFRONTO CON LA CINA

Se non fosse per la britannica BAE Systems, in sesta posizione con 24 miliardi (+6,6%), sarebbe ancora più evidente che il confronto globale si gioca con la Cina. Dalla settima alla nona posizione ci sono i tre colossi di Pechino: Norinco (quasi 18 miliardi, +12%), Avic (quasi 17 miliardi, -1,4%) e Cetc (14,6 miliardi, -6%). Segue un’altra americana, L3Harris Technologies (frutto di un’altra recente fusione nel contesto Usa, con vendite per 14,2 miliardi di dollari, pressoché stabili rispetto al 2019. Poi, al dodicesimo posto, un’altra cinese, con gli 11,8 miliardi di vendite di Casic, in leggera riduzione (-2,8%) sull’anno precedente.

L’INSEGUIMENTO

Nel mezzo un po’ di Europa. All’undicesimo posto il gruppo franco-tedesco Airbus (12 miliardi, +5,7%) e al tredicesimo Leonardo, guadagnando una posizione per via delle fusioni americane e attestandosi, secondo Sipri, a 11,2 miliardi di vendite militari, -1,5% rispetto al 2019. Ancora maggiore il calo della francese Thales, che segue l’italiana con 9 miliardi di vendite, in riduzione del 5,8%. Seguono altre quattro americane (Huntington Ingalls Industries, Leidos, Honeywell e Booz Allen Hamilton) intervallate dall’unica russa tra i primi venti: Almaz-Antey, con vendite per poco più di 6 miliardi e un calo vistoso del 31%. Bisogna superare un’altra cinese (CSGC) prima di trovare l’altra russa, United Aircraft, con 4,9 miliardi di vendite, in crescita del 16%. Chiudono la Top 25 la britannica Rolls-Royce, l’emiratina Edge (nata nel 2019 con la fusione di 25 aziende più piccole), l’americana General Electric e la transalpina Safran.

L’ASCESA DI PECHINO

Spicca nel report il consolidamento della Cina quale secondo attore globale. Complice la costante riduzione della presenza russa in classifica, le aziende di Pechino paiono solidamente al seguito del primato americano. D’altra parte, solo a inizio 2020  Sipri aveva riportato per la prima volta i dati delle maggiori aziende del Dragone del settore Difesa, fino ad allora escluse dalle classifiche a causa della mancanza di dati sui quali elaborare ragionevoli stime. Scavando a fondo tra “informazioni finanziare credibili”, Sipri ricostruiva le vendite di quattro colossi: Avic, Cetc, Norinco e Csgs, a cui nella Top 100 per il 2020 si aggiunge ora Casic, specializzata in missilistica (e vettori spaziali). “Negli ultimi anni, le aziende d’armi cinesi hanno beneficiato dei programmi di modernizzazione militare del Paese e si sono concentrate sulla fusione militare-civile”, ha spiegato Nan Tian, ricercatore senior di Sipri. “Sono diventati tra i produttori di tecnologia militare più avanzati al mondo”, ha aggiunto l’esperto. Si tratta di cinque aziende a controllo pubblico, tutte con produzioni civili oltre che militari. Tra l’altro, per nessuna di essere la porzione militare supera il 50% delle vendite complessive. E se il Dragone sorride, l’Orso russo piange: le vendite delle nove aziende presenti in classifica sono scese del 6,5% rispetto al 2019.

LA CLASSIFICA EUROPEA

Perciò, secondo Sipri a cercare di seguire il trend di Usa e Cina è il blocco europeo. Nella Top 100 ci sono 26 aziende del Vecchio continente, che rappresentano il 21% delle vendite globali, pari a 109 miliardi di dollari. Guida il Regno Unito, con sette aziende per 37,5 miliardi, in aumento del 6,2% rispetto al 2019, e l’unica realtà europea presente nelle top ten. In calo le realtà francesi: “Le vendite aggregate di armi delle sei società francesi nella Top 100 sono diminuite del 7,7%”, ha notato Lucie Béraud-Sudreau, direttrice del programma Sipri relativo alle spese militari. “Questo calo significativo – ha aggiunto – è stato in gran parte dovuto a un forte calo di anno in anno nel numero di consegne di aerei da combattimento Rafale da parte di Dassault”, trend destinato tuttavia a invertirsi già nel report del prossimo anno. Sono quattro le aziende tedesche in classifica, con 8,9 miliardi di vendite, +1,3% rispetto allo scorso anno. A guidare il comparto teutonico sono Rheinmetall (27esima, con 4,2 miliardi, +5,2%) e la navale ThyssenKrupp (55esima, con meno di 2 miliardi e un calo del 3,7%).

L’Italia è presente in classifica con Leonardo e Fincantieri (47esima posizione). Nel complesso vantano 13,8 miliardi di vendite, coprendo il 2,6% del totale della Top 100. L’aumento per il Gruppo di Trieste rispetto al 2019 è del 23%, secondo Sipri, per un mercato militare che assorbe il 40% delle vendite. Lo scorso anno Leonardo aveva fatto segnalare il +18% del 2019 rispetto al 2018, guadagnandosi il superamento in classifica su Airbus.



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