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Addio al Libor. Fine delle truffe sui tassi interbancari?

A partire dal 31 dicembre scorso la Ice Benchmark Administration ha cessato la pubblicazione di tutti i tassi Libor in sterline, euro, franco svizzero, yen giapponese e in dollari. Cosa significa lo spiega il senatore Riccardo Pedrizzi

Arriva al capolinea la complessa riforma che ha mandato in soffitta il Libor. A partire dal 31 dicembre scorso la Ice Benchmark Administration ha cessato infatti la pubblicazione di tutti i tassi Libor in sterline, euro, franco svizzero, yen giapponese e in dollari; questi ultimi continueranno a essere pubblicati fino al 30 giugno 2023 per alcuni contratti al momento impossibili da convertire.

Da lunedì 3 gennaio 2022 ci sono indicatori differenti: Sofr per gli Stati Uniti, Sonia per la Gran Bretagna, Saron perla Svizzera, Tonar per il Giappone e Str per l’area euro. Questi indicatori di tassi, che rispettano i principi Iosco (l’organizzazione internazionale delle Autorità di controllo dei mercati finanziari), risultano cosi maggiormente rappresentativi delle reali condizioni di mercato. A differenza di quanto accadeva nel passato che vedeva pochi istituti fissare i prezzi e che si prestavano a vere e proprie truffe come era stato accertato. Si ricorderà come avveniva la manipolazione su questo tasso di riferimento ad alcune poche grandi banche d’investimento era affidato il compito di determinare giorno per giorno il livello del Libor. Per anni su un mercato che vale centinaia di migliaia di mld di dollari questi istituti hanno percepito competenze che non spettavano loro.

Il meccanismo era che le imprese pagavano un tasso fisso a lungo termine alle banche, che ripagavano poi con tassi variabili riferiti al Libor (o Euribor). Più il Libor era tenuto basso, più le banche guadagnavano. Bastava quindi muovere impercettibilmente il Libor di solo un punto base, cioè lo 0,01% per fare guadagni di miliardi di dollari. Per questo scandalo un prezzo altissimo lo pagò la Barclays sia in termini economici con una multa che nel complesso sfiorava il mezzo miliardo di dollari sia come struttura dirigenziale che fu letteralmente decapitata.

Ma anche Ubs pagò per lo scandalo a tutte le autorità di regolamentazione 1,5 miliardi. La sanzione fu di oltre il doppio di quella comminata a Barclays (450 milioni). Ubs licenziò anche decine di dipendenti che risultarono coinvolti.
Mentre 612 milioni fu la sanzione pagata da Royal Bank of Scotland (Rbs) per le analoghe accuse di manipolazioni dei tassi interbancari.

La Federal Deposit Insurance Corporation, l’organismo federale USA che assicura i depositi bancari e rileva gli istituti in crisi, presentò ricorso presso il tribunale di Manhattan contro sedici grandi banche internazionali – statunitensi, europee e giapponesi – accusandole di aver manipolato l’indice Libor e di aver causato ingenti perdite ad almeno dieci gruppi finanziari americani poi falliti.

Le banche che furono portate in tribunale comprendevano le americane Jp Morgan, Citigroup, Bank of America; le europee, Ubs, Credit Suisse, Deutsche Bank, Société Générale, Hsbc, Barclays e Royal Bank of Scotland e le asiatiche, Bank of Tokyo-Mitsubishi. Dopo lo scandalo scoppiato a Londra che riguardava il Libor, fu la volta dell’Euribor, l’equivalente del Libor per la zona euro.

L’Euribor era fissato dalle banche, organizzate nella Federazione bancaria europea (Ebf). Il tasso d’interesse era essenziale perché veniva utilizzato per fissare il prezzo di mutui, prestiti, derivati e decine di altri strumenti finanziari.
Barclays manipolò il tasso d’interesse e quattro istituti avrebbero strettamente collaborato con la banca inglese: Deutsche Bank, Crédit Agricole, Société Générale e Hsbc.

La Commissione europea aprì una indagine contro tre banche internazionali – Crédit Agricole, Hsbc e JP Morgan – sospettate di avere partecipato alla manipolazione dell’Euribor. Alla fine del 2013, un gruppo di banche era stato già multato da Bruxelles per un totale di 1,7 miliardi di euro per manipolazione dell’Euribor: Barclays, Deutsche Bank, Rbs e Société Générale, Citigroup e RP Martin.

Eppure segnali di violazione di regole e di manipolazioni già c’erano stati anni prima, se si ricorda che non fu solo Tim Geithner a inviare, quando era alla guida della Federal Reserve di New York, nel giugno del 2008, una e-mail all’indirizzo di Threadneedle street, la banca centrale britannica, denunciando la sospetta truffa. A dare il via era stata la Banca dei regolamenti internazionali (BRI) con un report del marzo 2008 che esprimeva perplessità sulla validità del tasso interbancario.

Poi Scott Peng, capo dell’interest rates di Citi (Us) fece una ricerca intitolata Is Libor broken? che si concludeva con un : il Libor non è affidabile. Successivamente fu Tim Bond di Barclays Capital, esponente della banca più coinvolta nella truffa, a denunciare che “i numeri del Libor riportato dalle banche sono falsi”. Infine, a giugno 2008, un sondaggio di Financial markets association svelò che l’82% dei banchieri intervistati riteneva il Libor un tasso non affidabile. A Tim Geithner, uomo della Fed New York che scrisse alle autorità britanniche, non fu data alcuna risposta.

Proprio per questo nel 2012 la Commissione Tesoro del Parlamento britannico, non solo criticò Barclays e le altre banche coinvolte nella manipolazione del tasso interbancario, ma lanciò strali anche contro la Banca d’Inghilterra, definita “ingenua”, e contro la Financial Service Authority (Fsa), che aveva fallito nel suo compito di vigilanza. Quindi almeno a partire dal 2007, due dei tassi chiave per la definizione quotidiana dei contratti sui mercati finanziari – il Libor e l’Euribor – venivano sistematicamente manipolati, e di ciò sarebbero stati a conoscenza, come fu dimostrato, anche esponenti di vertice sia della Banca d’Inghilterra che della Fed statunitense.

Del resto già anni prima, così come già accaduto per le segnalazioni alle autorità di Londra, un documento pubblicato dall’americana Cftc (Commodity Futures Trading Commission) aveva raccontato che ad essere manipolato era anche, o soprattutto, il tasso Euribor, che era un mercato enorme perché interessava oltre a una montagna di mutui, oltre 200mila miliardi di derivati. “Alcuni operatori orchestravano le strategie di varie banche, con l’obiettivo di influenzare il risultato finale dell’Euribor”.

Chi operava in derivati e aveva necessità a seconda dei giorni che l’Euribor fosse alto o basso, si coordinava con i colleghi di altre banche per fare in modo che i vari contributi inviati a Ebf e a Thomson Reuters fossero nella direzione desiderata. (tutte questa notizie sono tratte dal Cap. IV – Un mercato senza regole e senza etica del libro: Il Salvadanaio. Manuale di sopravvivenza economica di Riccardo Pedrizzi Edizioni Guida – Napoli).

La vicenda è l’ennesima dimostrazione di come istituti di credito e società finanziarie abbiano agito impunemente in tutti questi anni. Per questo nel 2012 il commissario alla giustizia dell’Unione Europea, Viviane Reding aveva definito i banchieri dei banksters, gioco di parola tra bankers e gangsters.

Anche nel lontano, Estremo Oriente, l’Autorità Monetaria di Singapore (Mas), sanzionò tre banche europee – l’olandese Ing, la britannica Rbs e la svizzera Ubs unitamente a Bank America, Bnp Paribas, Chinese Banking Corp, Barclays, Credit Agricole, Credit Suisse, Dbs Deutsche Bank, Standard Chartered, United Overseas Bank, Australian and New Zeland Banking, Citibank, Hsbc, Jp Morgan Chase, Macquire e Bank of Tokyo-Mitsubishi Ufj.

Nel lungo elenco di banche ed istituti finanziari coinvolti nella manipolazione dei tassi Libor ed Euribor non ci furono banche di casa nostra, anche perché, per fortuna o per buona prassi o per maggior prudenza, non avevano operato, nella maggior parte, in titoli tossici.

L’intero mercato dei derivati è infatti concentrato (93,2%) fra quattro banche: Jp Morgan, Citibank, Bank of America e Goldman Sachs. Per questo molti economisti ed esperti di finanza continuano a lanciare l’allarme su nuove bolle finanziarie e propongono di tornare alla Glass-Steagall e cioè alla legge che prevedeva la separazione tra banche d’affari e d’investimento e banche commerciali che raccolgono il risparmio.


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