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Sorpasso dell’auto elettrica sul diesel in Ue. Ma le batterie…

Veicoli elettrici

Il processo di transizione energetica è visibilissimo nel settore automotive. Al successo delle auto elettriche in Ue si unisce quello di Lges, il nuovo campione sudcoreano delle batterie. Ma il dominio cinese nel settore rende difficile immaginarsi un’industria automotive libera dall’influenza di Pechino

A dicembre 2021 le vendite di auto elettriche nel mercato europeo hanno sorpassato per la prima volta quelle dei veicoli a diesel. I calcoli sono dell’analista Mattias Schmidt (via il Financial Times) e rivelano che un quinto delle nuove auto immatricolate nel Vecchio Continente sono completamente elettriche, contro il 19% di quelle a diesel, ibridi inclusi.

Il dato è perfettamente in linea con il riorientamento verde del comparto automotive, che è diventato globale a fine 2021 con la conversione tardiva ma decisa del gruppo Toyota verso i veicoli interamente elettrici. Non è solo effetto della sensibilità ambientalista, c’entrano anche i generosi sussidi statali e le nuove regole di emissioni imposte dall’Ue nel 2020.

Secondo FT c’è anche lo zampino delle case automobilistiche europee, che hanno spinto le vendite di veicoli elettrici a dicembre per ridurre l’impronta di carbonio della flotta complessiva ed evitare multe da Bruxelles, dopo aver dato la priorità alla produzione dei modelli più redditizi (principalmente i SUV, che sono parecchio inquinanti) durante la crisi della catena di approvvigionamento.

C’è anche da dire che le vendite di auto a diesel sono in declino ininterrotto dal 2015, ossia l’anno del Dieselgate di Volkswagen. Al tempo questi veicoli rappresentavano oltre la metà delle nuove vendite, ma lo scandalo delle emissioni ne ha accelerato l’obsolescenza. Schmit rimarca anche che i piani della ID.3, il veicolo elettrico di punta dell’azienda tedesca, sono comparsi entro trenta giorni dall’esplosione del caso.

Ad ogni modo, il movimento del mercato è molto chiaro. Settimana scorsa è sbarcata sulla borsa di Seoul LG Energy Solutions, il distaccamento di LG Chem che produce batterie anche per Tesla e General Motors. Il titolo ha raccolto quasi 11 miliardi di dollari, cosa che lo ha fiondato a una capitalizzazione di mercato di oltre 50 miliardi e ha trasformato la compagnia nella terza società quotata più grande della Corea del Sud.

LGES ha dichiarato che il debutto in borsa le ha dato le armi per competere con il mostro sacro dell’industria delle batterie per auto, la cinese CATL, che a dicembre vantava una capitalizzazione di mercato di quasi 240 miliardi di dollari e contratti di fornitura con quasi tutti gli automaker sul pianeta. Se Tesla è il volto pubblico della rivoluzione dell’auto elettrica, CATL ne è il cuore pulsante.

Per anni Pechino ha accudito, nutrito e cresciuto l’azienda, che è nelle mani del Partito comunista cinese (anche se non ufficialmente) e viene ricoperta di denaro statale. Inoltre il Dragone vanta un monopolio di fatto nel comparto delle terre rare, fondamentali per il processo manifatturiero delle batterie, anche tramite i diritti minerari di CATL in Africa e altrove nel mondo.

A dicembre le tre maggiori compagnie di terre rare cinesi si sono fuse nel mastodontico China Rare Earth Group con l’obiettivo di rinsaldare il controllo del Paese orientale su uno dei mercati più strategici del secolo. Secondo Benchmark Mineral Intelligence oggi la Cina può produrre quattordici volte il numero di batterie che gli Stati Uniti sono in grado di fabbricare – un problema di ordine strategico – e può contare su un decennio di vantaggio nel rinsaldamento della propria catena di produzione.

Se non altro, l’offerta pubblica iniziale di LGES dimostra che gli investitori internazionali sono pronti a sostenere le nuove compagnie che si affacciano sul mercato. L’importanza delle batterie per la transizione energetica (necessarie anche per i sistemi di accumulo dell’energia rinnovabile e per la transizione digitale) è evidente anche dal prezzo del loro elemento di base, il litio, che nel 2021 è aumentato del 437%.

Resta da vedere se gli sforzi europei per costruire una catena di valore interna, attualmente inesistente, porteranno a qualche tipo di risultato. Altrimenti tocca arrendersi alla dipendenza dalla Cina, pena la riuscita del Green Deal.


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