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Banche e geopolitica, salvagente emiratino per Erdogan

Oltre alla geopolitica Erdogan è impegnato nel dossier finanziario: è partita una grande opera di reset per alleanze e relazioni. Resterà da capire se sarà al riparo da fattori di cronaca esterni come il gas e gli effetti della pandemia su alcune economie

Potrebbe assumere un ruolo significativo per le finanze turche l’accordo tra la Banca Centrale turca e la controparte azera, per uno scambio di valuta da 1 miliardo di euro. La Turchia ha recentemente stipulato diversi accordi di swap per rafforzare le sue riserve di valuta, l’ultimo in ordine di tempo è stato siglato mercoledì scorso con gli Emirati Arabi Uniti (Uae). L’incontro vis a vis Bin Zayed-Erdogan del novembre scorso non è stato banale e ribadisce il ruolo degli Emirati che puntano a fare da perno nello scacchiere mediorientale. 

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La Banca centrale della Repubblica di Turchia (Cbrt) ha già siglato accordi per un valore nominale di 18 miliardi di dirham degli Emirati Arabi Uniti e 4,7 miliardi di dollari con la sua controparte degli Emirati. L’istituto nazionale ha inoltre in piedi altri accordi di swap con Cina, Qatar e Corea del Sud per un valore di circa 23 miliardi di dollari e negli ultimi tempi ne ha ricercati degli altri con partner come Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia e Malesia. La mossa rientra nell’alveo di reazioni che il governo ha messo in piedi per contrastare il crollo della valuta nazionale.

Inoltre la banca ieri ha deciso di lasciare in sospeso il tasso di interesse di riferimento, dopo quattro mesi consecutivi di tagli, motivando il gesto con il fatto che avrebbe preso di mira la lira con i suoi strumenti di politica monetaria. Secondo il Comitato di politica monetaria della banca centrale il tasso rimarrà al 14%, mentre ci si aspetta che l’inflazione, schizzata al 36,1% nel dicembre scorso, inizi a rallentare. Di diverso avviso le istituzioni finanziarie internazionali, tra cui JPMorgan, che prevedono un ulteriore aumento dell’inflazione nei prossimi mesi fino al 55%.

OLTRE I NUMERI

La lira è crollata del 44 per cento rispetto al dollaro l’anno scorso, spingendo l’inflazione al rialzo, mentre la banca centrale ha allentato la politica monetaria. Ma oltre il versante economico-finanziario va presa in considerazione l’evoluzione della geopolitica nella macro area mediorientale.

Non c’è solo la spinta che Ebrahim Raisi sta dando alle relazioni tra Iran e Turchia, che verosimilmente potrebbero presto entrare in una nuova fase di legami bilaterali. Ma il ruolo attivo degli Emirati Arabi Uniti: perno per scelta strategica in molte partite. In questo frangente gioca un ruolo non secondario proprio l’ascesa di Raisi in Iran, che ha fatto tornare in auge la vecchia idea di scrivere un capitolo nuovo nei rapporti tra Iran e i suoi paesi vicini, come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti (Eau). Parallelamente (e abilmente) Erdogan è stato pesato come l’attore in grado di ristrutturare alleanze macro regionali proprio con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, passando da Israele senza più Bibi Netanyahu. Sembrano lontane ormai le contrapposizioni su suolo siriano, quando l’avanzata militare turca a Idlib arricchì la competizione tra Iran e Turchia.

SCENARI

Nel novembre scorso l’incontro tra Erdoğan e il principe ereditario di Abu Dhabi, lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan (MBZ), si incuneò in un momento forse decisivo per le sorti dei due Paesi, pronti a recuperare un rapporto solido anche grazie all’incentivo della cooperazione economica. Si trattò, in quell’occasione, del primo viaggio ufficiale in Turchia dal 2012 e la visita di più alto livello di un funzionario degli Emirati da quando le relazioni tra i due players si erano irrigidite. Parimenti importante è stata la visita un mese fa a Teheran di Tahnoun bin Zayed, consigliere per la sicurezza nazionale degli Emirati Arabi Uniti. In tutto ciò, il leader turco restituirà la visita tra poche settimane, preceduto dal ministro degli Esteri e dal capo dell’Agenzia nazionale di intelligence (Mit). Si attendono annunci importanti in quella circostanza, come nuovi solidi investimenti.

Ma non è tutto: Erdoğan punta a costruire un ventaglio di conseguenze geopolitiche dopo il suo riavvicinamento agli Emirati Arabi Uniti, in modo particolare con riferimento alle altre potenze regionali in Medio Oriente. Ovvero Egitto e Israele. È partita, in sostanza, una grande opera di normalizzazione delle relazioni mediorientali. Resterà da capire se sarà al riparo da fattori di cronaca esterni come il gas e come gli effetti della pandemia su talune economie.

@FDepalo

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