Silvio Berlusconi abbandona la corsa per il Colle, “gesto di responsabilità”. Ma il vertice di centrodestra è la fiera del sospetto. Divisioni sulla durata della legislatura, e un veto (a metà) contro la candidatura di Mario Draghi al Quirinale
Più del voto poté il veto. Dalla stanza Zoom in cui si è assembrato il vertice del centrodestra saettano due notizie che riazzerano il gioco per il Quirinale. Silvio Berlusconi fa un passo indietro. Mario Draghi deve restare a Palazzo Chigi.
Due no, uno dopo l’altro, che rimescolano le carte. Il Cavaliere non partecipa al vertice. È Licia Ronzulli, fedelissima della prima ora, a leggere la nota più attesa. C’è la rinuncia, ed è in pieno stile Berlusconi. “Ho verificato l’esistenza di numeri sufficienti – garantisce il Cavaliere – ma dopo una lunga riflessione con i ”miei familiari” e i dirigenti di Fi sulla mia candidatura ho deciso di fare un gesto di ”responsabilità nazionale” e ritirarmi dalla corsa quirinalizia”.
Un paio di minuti e dalla coalizione partono le veline. Batte le mani la Lega, il centrodestra “è pronto a formulare diverse proposte di alto profilo su cui la sinistra non potrà porre veti come fatto nelle ultime settimane”. Si accoda Fratelli d’Italia, presente fra gli altri con Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, “bene il gesto di responsabilità”. Poi il sipario che cala: Draghi non deve salire al Colle. Dietro le veline al miele sull’ “unità” dell’alleanza la tensione si taglia col coltello.
Altro che unità: è una resa dei conti. Il primo intoppo è sulla durata della legislatura. La frenesia di Fdi per il ritorno anticipato alle urne non fa proseliti, anzi. Lega, Forza Italia, Ncl, Udc e Coraggio Italia valutano di aggiungere una postilla al comunicato finale, con l’auspicio “perché la legislatura prosegua”.
È troppo: la chiamata si interrompe, il comunicato congiunto salta. Si esce in ordine sparso, dalla Meloni fanno sapere che il partito “non auspica in alcun modo che la legislatura prosegua, come invece possono eventualmente ritenere le forze politiche della maggioranza”.
Dunque la smentita sul veto a Draghi, in una nota ufficiale: “Non sono state formulate da alcuno specifiche proposte di candidatura né tantomeno sono stati posti veti di alcun genere”. Tra i centristi, c’è chi punta il dito contro le veline maliziose uscite “dall’interno” del vertice, “è come se qualcuno volesse spaccare la coalizione”. Tutto da rifare. Ora che il “tappo” della candidatura di Berlusconi è saltato rischia di mandare in frantumi l’intera bottiglia.