L’esperto di Russia del think tank Cnas: non siamo nella testa di Putin, ma un’azione militare dei russi in Ucraina è probabile. Il leader rischia molto, sta soppesando costi e benefici. Le sanzioni? Non bastano quasi mai a evitare una guerra
La premessa è d’obbligo. “Non abbiamo la palla di vetro. E non siamo nella testa di Vladimir Putin”. Michael Kofman, esperto di Russia del Cnas (Center for a New American Security) di Washington DC, invita alla cautela. “Un’invasione in Ucraina, non sappiamo di quale entità, è lo scenario più probabile, nel giro di settimane. Ma è possibile che a Mosca non abbiano ancora preso una decisione”. A questo punto “non possiamo escludere un’opzione militare”.
Sono ore di tensione sul fronte Est-europeo. I calcoli iniziali sull’accerchiamento russo – più di centomila soldati fotografati dai satelliti a poche decine di chilometri dal confine orientale ucraino – devono essere aggiornati. Nella Bielorussia di Alexander Lukashenko sono iniziate le esercitazioni congiunte. Dal Mar Baltico navi russe hanno varcato lo stretto di Gibilterra e sono ormai pronte a schierarsi nel Mar Nero. Mentre prosegue uno stanco negoziato con gli Stati Uniti e i partner europei della Nato – questa settimana è il turno del cancelliere tedesco Olaf Scholz – risuonano i tamburi di guerra.
“Può essere che il governo russo reputi troppo alto il costo di una rappresaglia occidentale e delle sanzioni. Nel peggiore degli scenari può decidere di mettere in campo un’operazione militare di larga scala e tentare un regime-change a Kiev – dice Kofman. “Non un’invasione completa, un’incursione a Est del fiume Dnepr. Poi potrebbero cercare un accordo politico ritirando le truppe. C’è anche chi immagina una spartizione in due del Paese, ma lo ritengo altamente improbabile”.
Costi e benefici. Non è una scommessa e nemmeno una partita a scacchi, metafora abusata quando di mezzo c’è la Russia. È un calcolo statistico. “Tutti questi scenari comportano costi e rischi molto alti per Mosca. Possiamo assumere che un’opzione bellica non sia la preferita dalla Russia. Quel che stanno probabilmente valutando i russi in queste ore è se il costo dell’uso della forza sia inferiore al costo dell’inerzia o di un rinvio dell’iniziativa. Se Putin dovesse assumere che la guerra è inevitabile nel breve-medio periodo, potrebbe decidere di agire”.
La nebbia intorno alle decisioni del Cremlino è talmente fitta che le agenzie di intelligence della Nato non trovano una quadra. Dice Kofman: “Ci sono due questioni che rilevano in questi casi. Credo che gli Stati Uniti e i loro alleati abbiano non solo una diversa interpretazione dei dati ma anche un diverso livello di accesso. Ci sono dunque divergenze sia a livello di analisi sia a livello di prove raccolte. Sul secondo fronte, l’intelligence americana non ha rivali. Non vuol dire che sia infallibile, vuol dire che ha un accesso ai dati senza paragoni”.
Anche fra alleati non mancano scintille. Tanto che il governo ucraino ha chiesto all’amministrazione Biden di non diffondere il panico. “Le divergenze con Kiev potrebbero avere alla base motivazioni politiche. Che a loro volta derivano da un dislivello vertiginoso di analisi dei dati e di capacità di intelligence. Anche tra Francia e Stati Uniti ci sono divergenze sull’escalation in corso, ma sono analitiche”. L’esperto americano parla di “un tentativo disperato delle autorità ucraine per prevenire un’eruzione di panico”. “Ci sono persone nell’amministrazione a Kiev convinte che gli Stati Uniti stiano intenzionalmente esagerando la portata della minaccia per mettere il Paese sotto pressione e obbligarlo a fare concessioni a Mosca: è un’assurdità. Queste élites prive dell’esperienza necessaria credono che quello russo sia un bluff”.
Un’altra illusione, avvisa Kofman, è pensare che le sanzioni bastino a fermare il governo russo. Washington e Bruxelles hanno affilato le armi. Nel pacchetto in arrivo potrebbe rientrare l’esclusione della Russia dal sistema di pagamenti Swift. Senza contare il gasdotto russo Nord Stream 2 in attesa di un semaforo verde: in caso di invasione, avvisano dalla Casa Bianca con la sponda tedesca, addio al maxi-investimento di Gazprom.
La verità, spiega però Kofman, è che “le grandi guerre non sono mai monocausali, né hanno soluzioni scontate: se ci fossero le avremmo trovate anni fa. I leader non hanno il lusso di fare i conti con problemi semplici, le seconde e terze file forse sì”. Non sarà allora “un solo input” a frenare un’eventuale azione russa in Ucraina, ma un’attenta valutazione dei rischi da parte del leader. “Putin si è spinto fino a un punto da cui sarà difficile tornare indietro. Per l’audience interna può diventare un problema. Potrebbero pensare che la deterrenza della Nato abbia avuto effetto. Non dimentichiamo che la Russia è un sistema autoritario in cui il leader è relativamente debole ed è costretto a muoversi creando coalizioni. Se a Mosca si convincono che il leader ha perso visione strategica, il sistema può risentirne”.