Nato a Firenze ma cresciuto a Roma nel mondo del cattolicesimo progressista, ha esordito come giornalista in piccole testate e all’Asca, per poi passare al Giorno, al Tg3 e al Tg1. Nel 2009 si candida all’Europarlamento con il Pd e non tornerà più indietro. Lascia la moglie Alessandra, conosciuta al liceo, e due figli
“Il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli – ha annunciato il suo portavoce Roberto Cuillo – si è spento alle ore 1.15 dell’11 gennaio presso il CRO di Aviano (PN). Nelle prossime ore verrà comunicata data e luogo delle esequie”. Solo ieri era stato annunciato il suo ricovero, dal 26 dicembre, per “il sopraggiungere di una grave complicanza dovuta ad una disfunzione del sistema immunitario”.
DAVID SASSOLI, LE FOTO DI UMBERTO PIZZI
Era nato a Firenze il 30 maggio 1956, ma l’infanzia la trascorse a Roma. Suo padre Domenico, giornalista a La Nazione, portò la famiglia nella Capitale quando andò a lavorare per il Popolo, quotidiano della Democrazia cristiana. Al liceo Virgilio conosce Alessandra Vittorini, che diventerà sua moglie e madre dei suoi due figli Livia e Giulio.
E’ cresciuto nel mondo del cattolicesimo progressista, nel solco di Giorgio La Pira, che era amico di famiglia, Aldo Moro, Sergio Mattarella, Romano Prodi e soprattutto Paolo Giuntella, che lo spinge a iscriversi alla Rosa Bianca, associazione di cultura politica che riuniva gruppi di giovani provenienti dall’associazionismo cattolico: Aci, Fuci, Acli, Agesci (gruppo degli scout di cui Sassoli fu membro). Partecipa attivamente alla Lega Democratica, un gruppo di riflessione politica animato da Pietro Scoppola, Achille Ardigò, Paolo Prodi, Roberto Ruffilli.
Collabora con piccole testate e con l’agenzia cattolica Asca quando, grazie a uno scoop su Gianni De Michelis a Parigi, nel 1985 entra alla redazione romana del Giorno, dove resterà per sette anni, prima di arrivare al Tg3 di Sandro Curzi. In quel periodo collabora al programma di Michele Santoro “Il rosso e il nero”. Si occuperà soprattutto di cronaca, tema al centro della sua prima conduzione in un programma del pomeriggio di Rai2. Infine, il Tg1, dove sarà inviato speciale, vicedirettore e volto del telegiornale per molti anni.
Si iscrive al neonato Partito democratico e Dario Franceschini, all’epoca segretario e suo vecchio compagno di militanza tra i giovani democristiani, lo candida alle elezioni europee del 2009. Ottiene oltre 400mila preferenze e diventa capogruppo del partito a Strasburgo. A differenza dei due giornalisti che avevano fatto un “salto” simile al suo, Santoro e Lilli Gruber, non tornerà più indietro, anzi promette di “dedicare il resto della vita alla politica”.
Nel 2013 corre alle primarie per sindaco di Roma, dove si piazza secondo dietro Ignazio Marino (che vincerà le elezioni) e davanti a Paolo Gentiloni, che sarà poi ministro, premier e commissario europeo. Primarie che si riveleranno fortunate per tutti tranne che per chi le vinse, insomma. Nel 2014 è confermato al Parlamento europeo ed eletto vicepresidente: mette d’accordo il gruppo dei socialisti, di cui fa parte, e quello dei popolari, con cui condivide radici e princìpi. Nel 2019 il terzo mandato, con l’elezione a presidente.
Nel suo discorso inaugurale aveva esortato a “rilanciare il nostro processo di integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di rispondere in modo più forte alle esigenze dei nostri cittadini e per dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più diffuso senso di smarrimento. La difesa e la promozione dei nostri valori fondanti di libertà, dignità e solidarietà deve essere perseguita ogni giorno dentro e fuori l’Ue”, per recuperare “lo spirito di Ventotene e lo slancio pionieristico dei Padri fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza”. Il riferimento al nazionalismo, nel momento di massimo successo elettorale dei sovranisti, non era casuale. Amava citare Jean Monnet: “Niente è possibile senza gli uomini, niente dura senza le istituzioni”.
Il suo mandato era in scadenza: socialisti e popolari si erano accordati per alternarsi sullo scranno a metà legislatura, e a breve il Parlamento avrebbe dovuto votare il suo successore, che con ogni probabilità sarà la maltese Roberta Metsola.