Merito evidente del “nuovo corso” di Francesco è quello di spingere per superare il clericalismo e portare alla Chiesa del Popolo di Dio. A questa consapevolezza Bergoglio sta conducendo con coraggio e visione un corpo recalcitrante non solo per il peso degli scandali ma anche perché con la trasparenza si è dimostrata infondata la teoria degli scandali dovuti alla cultura degli anni Settanta, alle aperture conciliari. Questo è il merito che oggi gli va riconosciuto. L’analisi di Riccardo Cristiano
Cosa emerge dal nuovo capitolo dello scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica? Emergono tante cose di cui si parla da tempo, con un’oggettiva aggravante: viene chiamato in causa Jospeh Ratizinger, al tempo arcivescovo di Monaco. L’accusa è sempre la stessa, non aver agito contro preti incriminati di abusi. Il fatto ha certamente rilievo e chi ha accesso alle carte della diocesi di Monaco può fornire indicazioni importanti.
Ma senza nulla voler togliere al peso di ciò, ritengo che parlare solo di questo offuschi il dato “strutturale” che si può dire ormai conclamato dalle recenti indagini: sia in Francia che a Monaco i rapporti non ci fanno vedere e sapere che gli abusi c’erano anche prima dei famosi anni Settanta? Dunque è fuorviante, o sbagliata, o erronea, come si preferisca, l’idea che negli anni Settanta si diffuse una cultura “libertina” che portò ad abusi: quanto oggi leggiamo ci dice che gli abusi si documentano in anni anche precedenti a quelli della “rivoluzione sessuale”.
Dunque è anche quella Chiesa che sovente si portava a modello per archiviare gli abusi, la Chiesa pre-conciliare, tetragona, rigida, ad aver scelto in alcuni e coperto in altri gli abusi, di potere e sessuali. Questa impostazione è stata molto diffusa e ora può essere indicata come erronea.
L’altro dato di novità che emerge è la Chiesa che agisce, commissiona rapporti; perché? Perché riconosce le vittime non come esterne al suo corpo, ma parte di sé. Dunque è la Chiesa del popolo di Dio e non la Chiesa clericale: questa Chiesa è dei colpevoli ma anche delle vittime, perché esce da una mentalità ed entra in un’altra mentalità. Questa Chiesa del popolo di Dio vuole sapere chi l’ha tradita, non certo chi le è stato “obbediente”, perché la Chiesa dei battezzati, di tutti i battezzati, è stata colpita, non difesa.
Ed è questo che obbliga a porsi il problema dell’obbedienza, principio cardine della teologia cattolica. Ma quale obbedienza? A chi si ubbidisce e quindi verso chi è l’obbedienza? Questa indispensabile riflessione trasforma anche l’interpretazione dell’autorità alla quale si deve obbedire, visto che la prima autorità è Dio e quindi viene la propria coscienza. Qui forse emerge anche il valore non compreso della polemica sempre più insistita dell’attuale pontefice con il chiacchiericcio.
Anni fa la Commissione pontificia per la tutela dell’infanzia chiese alla Congregazione per la Dottrina della Fede di incontrare delle vittime, per capire di cosa discutessero, di quali danni, di quali conseguenze. Ottenne come risposta che questo è compito delle diocesi dove si verificano i casi di abuso. Tecnicamente è ineccepibile, culturalmente a mio avviso è un disastro. Non a caso la Congregazione davanti agli abusi agisce come tribunale per valutare le colpe dei sacerdoti, ma perché non deve avere idea di cosa comporti il crimine che è chiamata a valutare? Perché non conoscere, vedere quei membri della Chiesa del popolo di Dio abusati? Perché no? Perché appartengono alla Chiesa solo i consacrati?
Merito evidente del “nuovo corso” di Francesco è dunque quello di spingere per superare il clericalismo e portare alla Chiesa del Popolo di Dio. Tutto! Ma questa rivoluzione non deriva soltanto da un singolo, dalla sua spiritualità e coerenza evangelica. Deriva dal suo essere il frutto della consapevolezza emersa in questo tempo difficile.
A questa consapevolezza Francesco sta conducendo con coraggio e visione un corpo recalcitrante non solo per il peso degli scandali ma anche perché con la trasparenza si è dimostrata infondata la teoria degli scandali dovuti alla cultura degli anni Settanta, alle aperture conciliari. Questo è il merito che oggi gli va riconosciuto. Cosa accadde in Cile? Il papa non sembrò coprire i pedofili? Poi però dispose un’ispezione ed emerse, terribile, la verità che al papa era stata nascosta, negata. Da chi? Questo esempio serve a dire quanto sia importante uscire dai circoli chiusi senza dimenticare nessuno. Per questo un’azione analoga anche in Italia sarebbe positiva.