Skip to main content

Gelo russo. Se Putin chiude i rubinetti del gas europeo

Gas, ecco come il ricatto russo indebolisce l’Ue

Allarme dall’Ucraina: Gazprom, il colosso del gas russo, ha tagliato a un minimo record il flusso verso Kiev (e l’Europa), ma “non dà spiegazioni”. Mentre continua il braccio di ferro di Putin sull’energia europea con il Cremlino che nega, ma rivendica: non siamo obbligati. E Borrell vola da Zelensky

Sarà un’Epifania al freddo in Ucraina. Così ha deciso Gazprom: il colosso di Stato del gas russo ha tagliato i livelli di transito giornaliero del gas verso l’Europa attraverso l’Ucraina a 50 milioni di metri cubi. È quasi un record, avvisa su Facebook l’amministratore delegato dell’operatore del Sistema di trasporto del gas (Gts) ucraino Sergiy Makogon, spiegando che il transito previsto dal contratto quinquennale siglato con Gazprom nel dicembre del 2019 prevedeva 109.6 milioni di metri cubi, “Gazprom non ci ha informato sulle ragioni del taglio”.

Da Kiev puntano il dito contro il Cremlino, accusato di usare il gas come leva politica nella crisi al confine Est dell’Ucraina, dove ancora oggi sono stanziate più di settantamila truppe russe in tenuta da combattimento. Sarà un incontro Nato-Russia del 12 gennaio a tentare di risolvere l’impasse, ha annunciato oggi il Segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg.

Intanto però la crisi del gas si fa sentire. A partire dai mercati: questo martedì la chiusura dei rubinetti russi ha fatto schizzare i prezzi del gas europeo del 30%. Il governo russo continua a smentire qualsiasi nesso con la policy di Gazprom. Lunedì una meno timida presa di posizione è arrivata dal viceministro degli Esteri Alexander Pankin. La Russia, ha detto a Ria Novosti, “non è obbligata” a “pompare il gas attraverso l’Ucraina”. I contratti con l’Ue, ha aggiunto, “vengono rispettati, anche con eccessi dell’8-10%”.

I numeri però raccontano un’altra storia. Il flusso di gas dalla Russia alla Germania attraverso il gasdotto Yamal-Europe è stato dimezzato per quattordici giorni. Interrotti i rifornimenti dall’Ucraina alla Slovacchia tramite il condotto Velke Kapusany. E da mesi continuano le montagne russe dei prezzi del gas europeo, rallentate solo in parte la scorsa settimana per l’arrivo in Europa di navi americane cariche di gas liquefatto naturale (Lng). Ad alimentare i sospetti europei sulla strategia russa i dati diffusi il 2 gennaio dall’operatore di rete tedesco Gascade, secondo cui Gazprom avrebbe ordinato per il quattordicesimo giorno di fila il transito di gas attraverso Yamal-Europe in direzione Est.

Sullo sfondo, oltre allo stallo ucraino, si staglia la partita per Nord Stream 2, il maxi-gasdotto targato Gazprom che si estende dal Mar Baltico alla Germania. Fra stop and go e uno scetticismo che rimane diffuso tra le forze politiche che sostengono il nuovo governo “semaforo” di Olaf Scholz, l’opera è stata completata. Ma da metà novembre è rimasta ferma per un cavillo legale: finché l’operatore Nord Stream 2 AG non registrerà una filiale in Germania per trasferirvi i fondi non ci sarà la luce verde per la certificazione del gasdotto. Una frenata che ha irritato non poco il Cremlino.

A gettare benzina sul fuoco il reclamo contro Gazprom presentato alla Commissione Ue da Naftogaz, principale operatore pubblico del gas ucraino. Il dossier è atterrato sulla scrivania dell’antitrust a Bruxelles che dovrà decidere se applicare “contromisure” contro il colosso russo. Sarà anche nella valigetta diplomatica di Josep Borrell da qui a giovedì 6 gennaio: l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell è in viaggio alla volta di Kiev per la sua prima visita di Stato del 2022.


×

Iscriviti alla newsletter