Skip to main content

Quel che Grillo non dice sul bunker cinese

Con un post sul suo blog il fondatore del Movimento Cinque Stelle attacca i Paesi occidentali e l’obbligo vaccinale e loda il modello cinese (ancora una volta), a suo parere meno lesivo dei diritti umani. Ma uno sguardo alla morsa di Xi racconta una storia diversa

Certi amori non finiscono. Duro a morire è quello che lega Beppe Grillo alla Cina. Venerdì l’“Elevato” è tornato a far parlare di sé con un post sul suo blog. Il fondatore del Movimento ha rotto il silenzio con un “bilancio” della pandemia a due anni dall’esordio. Di fatto una lunga invettiva contro l’obbligo vaccinale, che proprio in queste ore fa fibrillare il governo Draghi e i grillini a palazzo.

L’Occidente ha sbagliato, dice Grillo, a “puntare tutto sulle vaccinazioni, quando è ormai evidente che questa strategia non possa bastare”. Dopo una stoccata a Palazzo Chigi e alle “immagini orwelliane” che a suo parere evocherebbero i “trattamenti sanitari obbligatori” in discussione, eccolo indicare la strada da seguire per venir fuori dalla tempesta di Omicron. Tra i Paesi occidentali “quasi nessuno ha adottato una strategia di contagi zero o tendenti allo zero, sopportando costi sociale ed economici molto superiori a quelli dei paesi che la hanno adottata”.

La Cina invece sì, spiega Grillo. E capeggia un gruppo di Stati che “hanno non solo sofferto un numero molto inferiore di decessi, ma, secondo uno studio di Mckinsey, sono anche ritornati più velocemente alla (quasi) normalità”. Once again, la testa a Roma e il cuore a Pechino. “Una delle cose allucinanti del post di Beppe Grillo in cui critica le strategie occidentali contro la pandemia è che indica come modello la Cina”, cinguetta al vetriolo il giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni. E aggiunge: “Per lui la Cina, con i suoi lockdown brutali e i suoi laboratori biologici sottratti a qualunque ispezione, è il modello”.

Che Grillo guardi con simpatia alla Cina non è certo una novità. Da quando è stato inaugurato, il blog del padre nobile grillino ha collezionato una lunga trafila di interventi a difesa del “modello” cinese, dalla detenzione degli uiguri in Xinjiang alle mire delle aziende cinesi sulla rete 5G. Una simpatia a lungo ricambiata dalla sua creatura politica, oggi un po’ meno. Grillo è convinto che la strategia dei “contagi zero” adottata da Xi sia più vincente, e meno invadente, dell’obbligo vaccinale: “Il fatto che la strategia di contagi zero o tendenti allo zero non sia più sostenibile potrà forse consolare i governanti che non la hanno mai adottata, ma il costo che hanno imposto ai loro popoli resta comunque altissimo”.

Uno sguardo al bunker in cui Xi ha rinchiuso il Paese per sfuggire al maremoto Omicron però suggerirebbe prudenza. Il piano “zero-Covid” ha sì ridotto i contagi in Cina, ma a che prezzo? Molto salato, a leggere le notizie che arrivano dall’ex Celeste Impero. Grillo accusa i governi che hanno imboccato la strada opposta – dunque anche l’Italia – di aver “sottovalutato le implicazioni delle restrizioni sia sul piano di diritti umani che sono capisaldi delle democrazie liberali”. Su questo fronte, il modello cinese dovrebbe sollevare (almeno) altrettanti dubbi.

Un esempio? Lunedì le autorità hanno trovato due casi di positivi asintomatici nella città di Yuzhou, capoluogo dell’Henan. Il giorno dopo 1,2 milioni di persone – l’intera popolazione – sono finite in quarantena. Salvo i servizi pubblici essenziali, le strade sono vuote, i negozi chiusi. A Xi’an, ricorda il Corriere della Sera, sono 13 milioni i residenti serrati in casa, dal 23 dicembre. Cibo, medicine, beni di prima necessità mancano in diverse metropoli del Paese.

Senza contare l’impatto che il “bunker” sta avendo sull’economia e le supply-chain cinesi. O ancora, la stretta ulteriore su libertà e diritti. Dice Grillo: “Non esistono gerarchie fra diritti umani, ma è normale che la restrizione di alcuni di essi ci colpisca più di altre”. Chissà se tra un pandoro e un torrone qualcuno gli ha fatto vedere le immagini della sfilata andata in scena il 28 dicembre nella città di Jingxi, nella provincia di Guanxi. La moda non c’entra: quattro uomini, scortati da due agenti a testa, sono stati costretti a camminare in mezzo alla folla con un cartello al collo. L’accusa? Hanno violato la quarantena. A proposito di gerarchie e diritti umani.



×

Iscriviti alla newsletter