Le infrastrutture, in condizioni di crescente efficienza e di rispetto dell’ambiente, svolgono un ruolo fondamentale per sostenere la mobilità dei cittadini e delle merci, e sono essenziali per l’ammodernamento del sistema produttivo e per migliorare la qualità della vita in moltissimi ambiti. L’intervento di Stefano Cianciotta, Competere
Tra le tante sfide del ministro Enrico Giovannini, la più importante sulla quale è chiamato ad incidere – al pari del premier Draghi e dei ministri Colao, Cingolani e Giorgetti – è quella culturale, per tornare a concepire l’infrastruttura come un corpo integrato e non estraneo al processo di sviluppo che si intende costruire.
UN’INFRASTRUTTURA CREA VALORE DIFFUSO
Nel dibattito di questi mesi sul Pnrr (a parte la recrudescenza di alcuni episodi di violenza in Piemonte sulla Tav) sta prevalendo la percezione delle infrastrutture come un corpo fondamentale per definire la crescita delle comunità, ed evitare nell’ attuazione del Recovery Plan la frattura tra le aree più dinamiche del Paese e le regioni meno innovative, che hanno invece bisogno delle infrastrutture fisiche/digitali per attrarre investitori e potenziare anche l’offerta turistica, ora che finalmente dopo anni è tornato un ministero ad hoc.
L’infrastruttura genera valore non in quanto opera, ma perché determina e contribuisce alla ridefinizione dell’ecosistema nel suo senso più ampio. Quando si fa ecosistema l’infrastruttura non è solo un progetto economico fondato sul mercato, ma si trasforma in un progetto sociale, temi che l’economista Giovannini conosce benissimo. Ed è spesso quest’ultima dimensione che determina la tensione sui territori, perché non viene correttamente interpretata a causa della percezione errata determinata dalla carenza di strategie di comunicazione e di partecipazione, sulle quali le imprese devono assolutamente investire.
LA FINE DELL’EPOCA DEL NO
Questo dibattito, in un’ottica di attuazione del PNRR, deve coinvolgere in modo serio e continuativo proprio i territori. E segnali positivi da un po’ di tempo a questa parte ce ne sono diversi sia sul lato società e imprese, che sul fronte degli enti locali. Prova ne è, per esempio, il grado di maturità che sta raggiungendo il dibattito in provincia di Lecce, nella quale solo tre anni fa era impossibile parlare di Tap.
Oggi, invece, grazie all’azione capillare di comunicazione strategica di Snam, a nuovi sindaci validi e coraggiosi (quali Greco di Caprarica e Trio di Surbo ad esempio) e amministratori rigorosi (il presidente della Provincia Minerva), si è cominciato a capire che il no a prescindere ad un’opera di interesse e rilievo nazionale (lo stabilisce il MISE) può produrre voti nel breve periodo, ma dopo un certo numero di anni l’infrastruttura non solo viene completata ma lascia sul terreno strascichi pericolosi di polemiche sterili, senza produrre alcun tipo di consenso. Basti vedere, ad esempio, la debàcle elettorale del M5S proprio in Salento e a Taranto dove l’ex ministro Lezzi aveva proposto di sostituire l’Ilva con un allevamento di cozze.
La Puglia e il Salento, prima che altrove, proprio su temi sensibili come Xylella, Tap e Ilva, hanno sperimentato i guasti e i danni prodotti dalla teorizzazione della decrescita e della società orizzontale da parte del M5S, con l’esproprio della politica, la delegittimazione dei decisori pubblici, il disprezzo delle competenze e la derisione della scienza.
Peraltro, dai 55 milioni di compensazione offerti nel 2018 dal Governo per il Tap, l’opposizione iniziale dei sindaci a qualsiasi azione di negoziazione è costata al territorio almeno 30 milioni, perché ad oggi sono diventati 25 i milioni da investire in provincia di Lecce.
La crescita consapevole e culturale dei territori, inoltre, è favorita dall’atteggiamento aperto e responsabile delle società.
Nella progettazione delle opere dell’Adriatic Link (il cavo sottomarino che collegherà Marche e Abruzzo, regioni che hanno un alto deficit di energia) Terna ha recepito le osservazioni degli enti locali e degli stakeholders, confermando la propria disponibilità a collaborare con le amministrazioni e con la cittadinanza per individuare opere pubbliche di riqualificazione ambientale e territoriale, la cui realizzazione produrrebbe significativi benefici per i cittadini residenti nelle aree interessate dall’infrastruttura.
Questo tipo di atteggiamento da parte di Terna, peraltro, è stato elogiato anche dalle associazioni ambientaliste, in primis dal presidente di Legambiente Marche, Marco Ciarulli.
La capacità del governo e degli enti locali di dare attuazione concreta al Pnrr passerà proprio dal rinnovamento delle strategie e gli strumenti di dialogo con le comunità locali. Un esercizio che sembrava una chimera solo pochi anni fa, e che oggi, grazie anche all’ autorevolezza di Draghi e ai cambiamenti accelerati dalla pandemia, ci induce a guardare con rinnovato ottimismo al futuro. Che l’epoca del no a tutto sia davvero terminata?