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Sulle lobby una mediazione al ribasso, ma necessaria. Parla Silvestri (M5S)

Per il primo firmatario è “un’operazione trasparenza, anche per gli amministratori delle grandi città”. L’esclusione di Confindustria, sindacati e ordini professionali? “Nel testo M5S c’erano, il negoziato ci ha costretto a toglierli”. Lo sbilanciamento tra obblighi e doveri “è legato al ruolo del parlamentare”

Squarciando l’alone di pregiudizio che ha sempre aleggiato sul tema, la Camera nei giorni scorsi ha approvato la prima legge sul lobbismo. Seppur “in ritardo di cinquant’anni”, come spiega a Formiche.net il primo firmatario Francesco Silvestri (M5S), si tratta di “una svolta storica”. Un testo che, oltre a regolamentare e a istituire un registro di portatori di interesse, scardina un impianto ideologico che assimilava i lobbisti a congiurati usi a cospirare e complottare nell’ombra. Tanto che, in estrema sintesi, il deputato grillino definisce questa legge “un’operazione trasparenza”.

Silvestri, politicamente questa approvazione alla Montecitorio che cosa rappresenta?

Un passo avanti importantissimo. Con il nostro lavoro siamo riusciti a veicolare un concetto fondamentale: la trasparenza non è un qualcosa da cui la politica si deve difendere. E, a questo se ne aggiunge un altro ugualmente importante: la partecipazione è un’opportunità non una minaccia.

All’atto pratico, che tipo di novità introduce questa legge?

I due cardini sono l’introduzione dell’agenda e del registro dei portatori di interesse. Strumenti attraverso i quali si saprà non solo chi, ma come e quando i portatori di interesse cercheranno di influenzare le scelte politiche. Chiaramente questo succederà non solo per i parlamentari, bensì per gli assessori regionali, per i capi di gabinetto, per lo staff dei ministri (per i ministri stessi, chiaramente) e per gli amministratori delle grandi città. E’ la prima volta che si estende a un così largo parterre di soggetti, una misura di trasparenza.

Interessante il passaggio sugli amministratori locali delle grandi città. 

Si tratta di una scelta ragionata anche in ottica di Pnrr. I duecento miliardi in arrivo dall’Europa saranno essenzialmente indirizzati agli enti locali. Per cui abbiamo ritenuto opportuno inserire quantomeno quelli delle grandi città. Ci immaginiamo, infatti, che saranno soggetti a diverse pressioni da qui a qualche mese.

Perché, nel testo finale, si è deciso di escludere dai soggetti forieri di interessi gli ordini professionali, i sindacati e Confindustria?

Partiamo da un presupposto, che è giusto ribadire: nel testo originario elaborato dal Movimento 5 Stelle questi soggetti erano presenti. Tuttavia, il testo finale è oggetto di una mediazione che, per noi, è al ribasso. D’altra parte, tutto l’arco parlamentare durante le discussioni in commissione ha spinto per l’esclusione di Confindustria, dei sindacati e degli ordini professionali. Dovevamo trovare per forza un punto di caduta, sennò avremmo rischiato di mandare tutto al macero.

Per i funzionari manager di aziende partecipate dallo Stato cosa determina la non possibilità di iscrizione al Registro?

E’ un indirizzo che abbiamo assunto, per i manager pubblici così come per i ministri e per gli organi di Governo (oltre che per i parlamentari, quantomeno nel periodo in cui sono in carica), col fine di tutelare il principio della leale concorrenza. In particolare, gli organi di Governo, anche dopo la fine del loro mandato, per un anno, non potranno iscriversi al registro. Il motivo è semplice: si presuppone che le informazioni assunte nell’esercizio delle loro funzioni possano alterare questo principio.

Fra gli obblighi e i diritti c’è uno sbilanciamento, quantomeno da una prima lettura. Discrasia che, in qualche modo, sembra in contrasto con il primo articolo della legge stessa. 

Credo che questo squilibrio sia una naturale conseguenza del ruolo del parlamentare, che è riconosciuto a livello costituzionale. Credo che una legge non possa imporgli obblighi particolari, sennò il rischio è quello di venir meno delle prerogative del parlamentare. Non è autoconservazione, è una condizione che deriva dal ruolo del deputato.

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