L’incremento del livello di cooperazione militare tra Russia e Cina preoccupa gli analisti di Washington. Lo scambio di tecnologie per la Difesa e le sempre più frequenti esercitazioni congiunte sono interpretate quali strumenti in mano a Pechino e Washington volti a limitare la capacità di contenimento degli Stati Uniti, costretti a dividere le proprie risorse su entrambi i capi dell’Asia
Aerei da combattimento, sistemi missilistici ipersonici e piattaforme sottomarine sono solo alcuni dei capitoli della cooperazione militare tra Russia e Cina, un legame nato dalla convenienza reciproca che sta assumendo sempre di più la forma di una collaborazione permanente. Nonostante non si possa ancora parlare di un’alleanza vera e propria, secondo l’Office of the director of National Intelligence Usa, l’ufficio che sovrintende l’intera comunità dell’Intelligence americana servendo quale principale consulente di sicurezza nazionale per il presidente degli Stati Uniti, Mosca e Pechino sono oggigiorno ben più allineate di quanto lo siano mai state negli ultimi sessant’anni, e buona parte di questo avvicinamento passa per la dimensione militare.
UN VOLUME IN CRESCITA
A preoccupare gli analisti di Washington è in particolare la crescita del volume di import-export di sistemi d’arma tra i due Paesi. In generale, il valore del commercio tra i due Paesi nei primi nove mesi del 2021 ha superato i cento miliardi di dollari, praticamente pari al valore dell’intero anno precedente, chiudendo l’anno a oltre 123 miliardi di dollari. Di questi, il 3% del totale è rappresentato dalla compravendita di sistemi militari, pari a oltre tre miliardi di dollari. Per decenni la Russia è stato il principale fornitori di armi della Cina, cooperazione che ha visto un importante passaggio nel 2014 con l’accordo per la vendita a Pechino del sistema anti-aereo S-400. L’anno dopo la Cina ha ordinato 24 caccia Sukhoi Su-35, ordine completato nel 2019. Quello stesso anno i due Paesi dichiararono di stare sviluppando congiuntamente un nuovo sistema di allarme anti-missile e nel 2020 la collaborazione si allargò al campo navale, con indiscrezioni sulla realizzazione di una nuova classe di sottomarini per le forze navali di Pechino. Con la crescita delle capacità industriali di Pechino, non è diminuito il sostegno russo, che rifornisce le industrie di aerei da combattimento cinesi dei motori AL-31 e D-30.
NON SOLO COMMERCIO
Oltre al commercio di sistemi d’arma, negli ultimi anni Russia e Cina hanno visto svolgersi diverse esercitazioni militari congiunte. L’ultima, nell’estate del 2021, è stata supervisionata direttamente dai due leader in persona, Vladimir Putin e Xi Jinping. Tredicimila militari e centinaia di pezzi d’artiglieria, batterie missilistiche, droni, caccia e veicoli corazzati riuniti nella provincia cinese dello Ningxia. Per l’occasione il ministro della Difesa cinese, Wei Fenghe, commentò anche che le esercitazioni avevano mostrato “l’elevato livello di sviluppo dei legami tra eserciti”. A ottobre fu, invece, il turno delle forze navali, con un’esercitazione a largo delle coste dell’Estremo oriente russo. Nell’occasione il Cremlino dichiarò, attraverso il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, di riconoscere l’isola di Taiwan come parte integrante della Repubblica Popolare Cinese.
GLI OSTACOLI A UN’ALLEANZA TRA MOSCA E PECHINO
Nonostante queste premesse, tuttavia, è difficile immaginarsi nel prossimo futuro l’adesione dei due Paesi a un’alleanza formale sul modello di quella Atlantica. Su diversi dossier internazionali il Cremlino e la Città Proibita hanno visioni differenti, ed entrambi mantengono partnership con Paesi antagonisti dell’uno e dell’altro (la Russia con l’India e la Cina con l’Ucraina, per esempio). Persino rispetto alle relazioni con l’Occidente i due Paesi viaggiano in direzioni diverse, con la Russia che ha troncato le relazioni con la Nato e la Cina che, invece, continua a lavorare con l’Alleanza e le altre istituzioni occidentali, in parte spinta dalla volontà di proseguire lungo il progetto della Belt and road initiative. Inoltre, entrambi i Paesi non sono pronti a quelle limitazioni, per quanto contenute, alla propria autonomia politico-militare, presupposto imprescindibile per qualunque alleanza difensiva.
IL DILEMMA DEL DOPPIO CONTENIMENTO
Il dilemma degli strateghi di Washington, dunque, è come riuscire a contenere l’assertività dei due avversari senza spingerli l’uno nelle braccia dell’altro, trasformando quello che è stato descritto come un ‘matrimonio di convenienza’ in qualcosa di più strutturato. La via, già impiegata in passato, di aprire l’Occidente al dialogo con la Russia per sottrarla dalla stretta del Dragone, incontra oggi l’ostacolo della politica aggressiva del Cremlino in particolare in Ucraina. Dall’esigenza di convergere più risorse possibili verso il Pacifico nasce la necessità, per gli Usa ma non solo, di veder aumentare il livello di sicurezza fornito dai propri partner europei, sia all’interno della Nato, sia attraverso le iniziative di Difesa comune dell’Unione europea.