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Si può introdurre l’obbligo vaccinale con decreto-legge? Risponde Celotto

Sarebbe stato costituzionalmente più corretto introdurre l’obbligo vaccinale con una legge o, se con decreto-legge, spostando l’efficacia in avanti di 60 giorni, in maniera da attendere il Parlamento e non creare un eventuale effetto irreversibile per decreto

In questi mesi abbiamo più volte ripetuto che i trattamenti sanitari obbligatori, come ad esempio i vaccini obbligatori, debbono essere introdotti con una legge del Parlamento.
Infatti, l’art. 32 Cost dispone: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

Ora, con il decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, abbiamo – dopo mesi di discussione un obbligo vaccinale per tutti gli ultracinquantenni. L’art. 1 prevede infatti:
“Dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 15 giugno 2022, … l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, … si applica ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Unione europea residenti nel territorio dello Stato, … che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età”.

Una sottigliezza da giurista pedante: ma è corretto che l’obbligo sia stato introdotto con decreto-legge e non con legge?

É un problema antico. Da anni si ritiene che ogni volta che la Costituzione adotta il termine “legge” è possibile che la materia sia disciplinata anche dagli atti legislativi del governo. Infatti, gli atti governativi aventi forza di legge sono stati parificati alla legge formale, anche ai fini di eventuali riserve di legge (v. sentenza Corte cost. n. 184 del 1974), nel presupposto che il Parlamento esercita su questi atti un controllo successivo (nel caso dei decreti-legge) o comunque impone al governo i criteri ed i principi direttivi ai quali dovrà attenersi nel legiferare (nel caso dei decreti legislativi).

Quindi, si può fare con decreto-legge ciò che si dovrebbe fare con legge. Ma c’è un problema non considerato. Per Costituzione, i decreti-legge sono atti provvisori e precari, che se non convertiti in legge dal parlamento decadono retroattivamente, come se non fossero mai esistiti (art. 77, comma 3 Cost.).

In parole semplici, se un decreto-legge non viene convertito, gli effetti prodotti scompaiono dall’ordinamento. Ad esempio, se un decreto-legge istituisce un nuovo ministero, quando il decreto non viene convertito, allora quel ministero deve essere cancellato. Scompare.

Bene, ma a volte, nei 60 giorni di vigenza precaria, in attesa della conversione, i decreti-legge possono produrre effetti che poi diventa difficile rimuovere alla (eventuale) mancata conversione.
Si pensi a un decreto-legge che aumenti il prezzo della benzina, con efficacia immediata. Se dopo due mesi non viene convertito, è in pratica molto difficile pensare che tutti coloro che abbiano fatto benzina si possono presentare alla pompa per chiedere il rimborso del sovrapprezzo.

Questo effetto diventa ancora più difficile da rimuovere quando il decreto-legge impone una prestazione personale e non soltanto economica.

È proprio il caso dell’obbligo di vaccino nel d.l. n. 7 del 2022. Tutti gli ultracinquantenni sono obbligati a vaccinarsi da subito, prima ancora che il parlamento possa convertire il decreto. Ma se poi il Parlamento – per paradosso – non converte il d.l. n. 7 che succede? O se converte con un obbligo solo per i sessantenni e non i cinquantenni?
L’obbligo vaccinale per chi ha 50 anni diverrebbe illegittimamente posto, ma in pratica chi si è vaccinato non può certo essere “s-vaccinato”. Non gli si può togliere la puntura fatta. E allora?

Nulla, sarebbero effetti del tutto irreversibili, cioè nella pratica non rimuovibili. Ma comunque verificati.
Per usare le parole che Manzoni mette in bocca ad Agnese: “è come lasciar andare un pugno a un cristiano. Non istà bene; ma, dato che gliel abbiate, né anche il papa non glielo può levare” (Promessi sposi, capitolo VI).

Allora? Cambia ben poco, ma sarebbe stato costituzionalmente più corretto introdurre l’obbligo vaccinale con una legge o, se con decreto-legge, spostando l’efficacia in avanti di 60 giorni, in maniera da attendere il Parlamento e non creare un eventuale effetto irreversibile per decreto.

Ma forse, in questa pandemia cose fuori controllo, queste sono davvero minuzie di giurista pedante.

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