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Se anche Mosca teme l’ombra cinese. L’analisi di Politi

La Russia di Putin sogna di tornare ad essere potenza mondiale e guarda a oriente. La Cina sembra essere il partner adatto a ridimensionare l’egemonia statunitense. Ma anche il Cremlino teme l’ombra di Pechino. Il commento di Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation

Viviamo in un mondo molto pericoloso che non è più quello definito dai blocchi della passata Guerra fredda mondiale, con potenze che avevano una solidità evidente, ma da entità politiche, ciascuna minata da vuoti impressionanti dietro l’apparenza della forza. Sono questi vuoti che rendono i differenti attori molto più fragili e quindi più inclini a mosse avventate che possono portare a una terza guerra mondiale.

La Russia del presidente Vladimir Putin è un tipico esempio di questo nuovo paradigma “vuoto” ed è in ottima compagnia con tutte le massime potenze mondiali. Sperare che la Russia restasse per sempre un Paese inerme è stata un’incauta illusione, che non tiene conto del fatto che la storia è in perenne revisione. Tutti ricordano la brutale risposta russa nel 2008 in Georgia e l’inaccettabile annessione della Crimea nel 2014, come notano i folgoranti successi in Siria e le disinvolte manovre mercenarie in Libia e nel Sahel.

La sua posizione di grande esportatore di energia e di centrale di una rete di gasdotti e oleodotti, così come le sue vendite di centrali nucleari in Medio Oriente, India e Africa australe, delineano un contesto ben presente agli specialisti, insieme alle vendite di armamenti e alle spregiudicate interferenze elettorali, diplomazie sanitarie e penetrazioni informatiche. Questo è il materiale che alimenta i titoli dei media e i duelli politici per l’influenza sull’opinione pubblica mondiale.

Tuttavia è bene ricordare che la potenza militare convenzionale della Russia è una frazione di quella statunitense e ancor più di quella Nato, i suoi investimenti nel modernizzare l’arsenale nucleare sono una piccola parte di quanto spende Washington, il suo peso nell’economia globale è appena del 3%, il suo Pil è di poco superiore a quello del Brasile, mentre quello pro capite nel 2021 è all’87simo posto nel mondo.

La popolazione russa è in galoppante declino demografico e l’Estremo oriente russo rischia di essere pacificamente inglobato nelle sfere d’influenza cinesi, giapponesi e coreane. Tutto questo crea un serio dilemma strategico per Mosca: quali correlazioni di forza le permettono di recuperare il suo posto di grande potenza mondiale insieme a quali tipi di alleanza o coalizione?

Apparentemente la Cina sembra essere il partner adatto a ridimensionare l’egemonia statunitense, quella che ha sfruttato il disastro geopolitico della fine dell’Unione Sovietica. Dal 2001 gli accordi commerciali, monetari, energetici e militari tra Russia e Cina si sono costantemente intensificati. Eppure, dietro le quinte, i dubbi russi sulla disparità di forze col partner meridionale sussistono; la nuova Via della seta nel 2013 ha creato sotto traccia un’incrinatura profonda perché Mosca comprende che essa è un forte fattore di attrazione e gravitazione internazionale verso Pechino.

L’India tradizionalmente è stato un cliente fedele delle esportazioni militari russe e l’interscambio commerciale, tecnologico e di forniture nucleari è molto vivace. Basta tutto questo per controbilanciare la Cina in un delicato triangolo strategico? Non sempre e non abbastanza, perché Nuova Delhi flirta da tempo con Washington e perché ha il Pakistan (cliente cinese) quale arcinemico ai suoi confini.

Sarebbe ideale mettersi d’accordo con gli Stati Uniti, sfruttando le aspettative americane su una Russia anti-cinese, ma, nonostante gli ottimi rapporti durante la presidenza Trump e la sua politica sinofoba, questo non è accaduto e non poteva accadere.

Troppo grande è considerato il sacrificio dell’alienarsi subito le simpatie degli alleati baltici e polacchi, nel riconoscere apertamente che Georgia e Ucraina debbano restare “terre di mezzo” e nello spingere il resto dell’Europa a soluzioni sovraniste di fronte a un accordo russo-americano sulla sua testa.

Insomma, Putin con i suoi blitz ibridi è molto abile nello svolgere il ruolo di ago della bilancia, ma alle fine sono i pesi dei piatti che impongono alla bilancia dove pendere.


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