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Quelle schede bianche che ci parlano di un Parlamento liquido

Sì, quelle schede bianche sono un passo dal valore sottovalutato. Ecco che nomi come quelli di Draghi e Belloni appaiono a opinioni pubbliche diverse come autentiche ancore di salvezza da una politica barricata nel Palazzo, nella tutela del proprio ruolo personale. La riflessione di Riccardo Cristiano

Questi giorni di votazioni per la nomina del nuovo Presidente della Repubblica ci hanno consegnato delle novità di assoluto rilievo. La prima è macroscopica: abbiamo un Parlamento liquido? I calcoli, anche personali, dei deputati ci sono sempre stati, come quelli di partito o di coalizione. Ma che tutti arrivassero a indicare sempre e solo scheda bianca ci dice che le coalizioni e i partiti non possono più convergere neanche dietro un nome di bandiera. Le terne fittizie confermano questa impressione. Ciò che può preservare l’unità di contenuti ormai liquidi è solo la scheda bianca?

A unire c’è solo l’interesse, un interesse che non può neanche essere espresso? Chi ha colto il rischio è Giorgia Meloni, che al suo gruppo ha pensato di dare un’identità, un volto: per loro l’identità è importante, visto che puntano sull’identitarismo. Non ha potuto farlo, ma i suoi hanno capito che era solo per motivi di fedeltà all’alleanza e questo ha preservato un senso d’identità. Ma come mai il cosiddetto centrosinistra non ha potuto convergere, per altro in giorni come questi, neanche sul nome di Liliana Segre? Dunque si ha l’impressione di un Parlamento liquido, dove si può arrivare a smerciare un capovolgimento della realtà come rappresentazione della realtà: spostare Draghi al Quirinale accorcerebbe la legislatura, mentre per molti appare vero il contrario.

Arriviamo così alla sinistra di destra. La sinistra di destra è quella parte che si presenta come interprete di una ipotetica sinistra sulla base di indicazioni di destra: le principali sono il giustizialismo e il populismo. Il giustizialismo risponde alla categoria associata alla destra di “ordine e disciplina”. Il populismo all’abbandono della rappresentazione di interessi di classe. Oggi esiste un populismo di sinistra, ma la sinistra in Italia l’abbiamo sempre intesa come altro. Il populismo può parlare di frontiere chiuse per difendere la patria, ma anche di “avvocato degli italiani”, fa poca differenza. Presentare come centro-sinistra un ircocervo che va da chi si definisce “avvocato degli italiani” a chi rivendica “giustizia sociale” è un’operazione impossibile, che porta necessariamente a dover scegliere scheda bianca.

Così questi partiti liquidi che coalizzano cioè che non è coalizzabile hanno scelto un’occasione così importante e simbolica per dirci che la crisi è questa.

Emergono allora i cosiddetti “tecnici”, percepiti come salvezza da una politica liquida, percepita come ancorata soltanto alle ragioni della propria sopravvivenza. È certamente triste, ma va capito. I tecnici appaiono davanti a un ceto politico liquido e autoreferenze dei “civil servant”, e forse lo sono. Ma sono popolari perché non appartengono al “ceto politico”, che ha pensato bene di rafforzarli dando la peggior rappresentazione di sé riempendo le urne per il Quirinale di schede bianche. Immaginiamo un confronto tra laici e cattolici con i primi uniti intorno al professor Cassese e i secondi uniti intorno al professor Riccardi. O un confronto tra destra e sinistra con i primi riuniti intorno al magistrato Nordio e i secondo uniti intorno all’avvocato Pisapia. Non sarebbero emerse altre idee di cosa sia la politica?

Sì, quelle schede bianche sono un passo dal valore sottovalutato. Ecco che nomi come quelli di Draghi e Belloni appaiono a opinioni pubbliche diverse come autentiche ancore di salvezza da una politica barricata nel Palazzo, nella tutela del proprio ruolo personale. La scelta peggiore che la politica può fare è quella di scaraventarsi contro di loro, non vedendo in loro un’ancora di salvezza, ma una mano che vuole affogarli definitivamente. Non è così. Questi nomi rappresentano una ciambella di salvataggio a una politica che si nasconde addirittura nella scheda bianca, simbolo di una inconsistenza difficilmente non percepibile. Le bandiere contano, da sempre. Aver rinunciato anche a sceglierne una ci dice che la disaffezione rischia di aumentare ulteriormente dopo che questa corsa si sarà conclusa.

L’irritazione dei politici nei confronti dei tecnici già oggi ci dice che avere urne con percentuale ancor più basse di votanti è dietro l’angolo. Salvarsi è possibile, chiedendo ai tecnici una mano per uscire dalla liquidità e ritrovare una forma, politica, senza la quale sarà difficile ritrovare un rapporto con il Paese.


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