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Tante commissioni, tanti presidenti. Incoerenze costituzionali e sue cure

La moltiplicazione delle commissioni è uno dei sintomi di una incoerenza costituzionale che avrebbe bisogno di una cura adeguata da parte della politica. Si parla spesso di semplificazione normativa, ma anche la semplificazione istituzionale potrebbe aiutare il Paese e la sua efficienza

Simone Baldelli è probabilmente tra i parlamentari più simpatici. Imitatore, cantante, un vero showman. Anche come politico deve avere qualità non banali: da 15 anni siede alla Camera dei deputati, dove è stato anche vicepresidente, nella scorsa legislatura. Da pochi giorni è presidente di una delle ultime commissioni varate dal nostro Parlamento, nello specifico la “commissione d’inchiesta sulla tutela dei diritti dei consumatori”.

Ce n’era bisogno? Da anni presso il ministero dello Sviluppo Economico è insediato il Consiglio Nazionale dei Consumatori “per garantire la rappresentanza degli interessi e dei diritti dei consumatori”. Verrebbe da dire che una delle due istituzioni è di troppo. Istituzioni? Ecco per assicurare autorevolezza alle Istituzioni sarebbe utile non avventurarsi in duplicazioni curiose e probabilmente inutili, se non per i componenti degli stessi organismi.

La riforma costituzionale approvata dal referendum ha dato un colpo d’accetta al numero dei parlamentari. Bene, ma la famelica aspirazione di visibilità è difficile che possa impedire ai 600 superstiti (tra deputati e senatori) di intestarsi un numero spropositato di commissioni. Peccato che queste (le commissioni parlamentari) non sembrino costituite per fornire un servizio alle Camere e al Paese (la Costituzione le prevede solo per presentare disegni di legge all’aula). La loro esistenza sembra giustificarsi in funzione della moltiplicazione di visibilità richiesta dai loro presidenti, vicepresidenti e segretari, leader veri o aspiranti, rappresentanti di parte o di partito da premiare o da tacitare per crediti accumulati dentro e fuori il Parlamento. Tante commissioni, tanti presidenti. Una superfetazione degli organi parlamentari che non fa onore a chi rappresenta il Popolo italiano e che ha tutti gli strumenti ordinari per svolgere il proprio mandato, seguendo l’indicazione della Costituzione (articolo 72).

Oltre alle 14 commissioni che ciascun ramo del Parlamento costituisce all’atto di formazione di ogni legislatura, ci sono poi quelle non espressamente previste dai Regolamenti, ma decise per legge e per una sorta di tradizione: quelle “permanenti”, di cui non si fa menzione nel dettato costituzionale. Tra permanenti e consultive, monocamerali e bicamerali, di vigilanza e di controllo, speciali e d’inchiesta, se ne raccoglie un campionario di oltre 200 tipi (secondo un recente studio del Senato).

La moltiplicazione delle commissioni è uno dei sintomi di una incoerenza costituzionale che avrebbe bisogno di una cura adeguata da parte della politica. Si parla spesso – e si pratica poco – di semplificazione normativa, ma anche la semplificazione istituzionale potrebbe aiutare il Paese e la sua efficienza.

Dal bicameralismo perfetto (irrisolto) al ruolo della Presidenza della Repubblica, i capitoli di una riforma costituzionale vera e profonda – non limitata al numero di rappresentati – non sono molti, ma sono seri. Una maggioranza vasta come quella che sostiene il governo Draghi potrebbe mettere mano a un impegno da sbrigare in quattro letture, senza referendum confermativo.

Oltre che pensare di abolire il Cnel – nel programma di Renzi del 2016, ma in realtà anche in quello di D’Alema della Bicamerale e del primo governo Conte, in gialloverde – si potrebbe avere il coraggio di affrontare il presidenzialismo? Da Scalfaro a Mattarella, passando per Napolitano, il Presidente della Repubblica da notaio si è fatto arbitro (senza Var), pilotando crisi extraparlamentari ai limiti della norma costituzionale. Non sarebbe meglio decidere di farlo eleggere dai cittadini, invece che dai loro rappresentanti?

La legislatura che si aprirà nel 2023 (salvo anticipi), oltre a contare 400 parlamentari in meno, potrebbe ripartire con Istituzioni rinnovate e adeguate al dinamismo di un Paese che ha bisogno di crescere, ben oltre l’impulso del Pnrr.


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