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Il nome non uscirà dalla terna. Ma la mossa è azzeccata

La terna proposta dal centrodestra, Moratti, Nordio e Pera, è composta da nomi di livello, nomi solidi e sono anche un po’ birichini: ecco perché. Il commento di Roberto Arditti

Dubito che il Presidente della Repubblica che presto o tardi verrà eletto sarà scelto fra i tre nomi oggi proposti da Salvini con il supporto di Meloni e Tajani, ma va riconosciuto al centrodestra di aver fatto finalmente una mossa sensata e non priva di una certa malizia.

Ciò è ancor più vero se consideriamo che alle spalle ci sono due mesi persi dietro la candidatura di Silvio Berlusconi, su cui si è ragionato a lungo per poi giungere ad una retromarcia poco comprensibile visto che mai e poi mai quell’ipotesi avrebbe potuto incontrare il favore di Pd e M5S. Il Cavaliere era suprema candidatura “di parte” e come tale andava vissuta, cercando cioè di sfidare l’aula dopo la terza votazione senza tentare alcun accordo ufficiale con altre forze politiche, ma facendo unicamente leva sulle volontà dei singoli Grandi Elettori.

Detto ciò siamo al presente, che è fatto di una seconda votazione destinata alla fumata nera e di una terna messa in campo da Salvini a nome di tutta la sua metà del cielo.

Cominciamo allora ad esaminarla questa terna, non prima di aver detto che si tratta di nomi prestigiosi e tutti assolutamente adeguati alla carica da ricoprire.

C’è Marcello Pera, nobile figura di studioso conservatore e di uomo delle istituzioni rispettato e rispettabile.

C’è Letizia Moratti, gran dama della finanza, dell’industria e della milanesità, forte di una lunga esperienza anche internazionale (è suo il merito se Expo 2015 arrivò in Italia) ed anche da sempre impegnata nel sociale (si veda alla voce San Patrignano).

C’è Carlo Nordio, magistrato ora fuori ruolo dalla carriera limpida e dalle posizioni garantiste note e rivendicate con orgoglio.

I nomi sono dunque di livello, sono nomi solidi e sono anche un po’ birichini: ora vediamo perché.

È birichino il nome di Pera perché è quello di un ex presidente del Senato toscano (non è un dettaglio, si chieda a Denis Verdini) dai rapporti difficili con la sinistra, autore di un libro con Benedetto XVI mentre questo è il tempo di Francesco.

È birichino il nome di Moratti perché è assessora in carica della giunta regionale lombarda (quindi donna oggi, non ieri, impegnata in una amministrazione di destra).

È birichino il nome di Nordio perché versa benzina sulla ferita aperta a sinistra in materia di magistratura (e non serve aggiungere altro).

Anche per questo però la mossa di Salvini&Co. è quindi sensata (dal loro punto di vista), perché sollecita l’intero Parlamento ad esaminare candidature certamente “di parte” ma non per questo irricevibili.

Insomma il centro-destra segna un punto a suo favore, almeno nel tatticismo che domina queste ore. Anche perché coglie il raggruppamento Pd-LeU-M5S piuttosto disunito, soprattutto perché Conte pare più interessato ad escludere l’ipotesi Draghi al Quirinale che a cercare un accordo con Letta sul da farsi.

Ecco allora che l’iniziativa da destra appare tutto sommato azzeccata.

Ci darà il nuovo Capo dello Stato? Probabilmente no, proprio per la natura delle candidature. È infatti verosimile che in un Parlamento con 450 voti tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia e 420 tra M5S, Pd e LeU si dovrà convergere su una figura in qualche modo “neutra”, magari dopo aver scartato una terna proveniente dall’altra parte.

Però oggi è successo qualcosa e va riconosciuto a Salvini, Meloni e anche al Cavaliere.

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