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Il bando social ha aiutato Trump. E pure i conti delle piattaforme

A un anno dalla chiusura dei suoi profili, la rincorsa alla Casa Bianca si fonda su nuovi metodi (mail e numeri di telefono) che sembrano portare ottimi risultati in termini di engagement. E l’appeal dell’ex presidente è aumentato in questo anno di silenzio social

Chi pensava che Donald Trump fosse in grado di conquistare il proprio consenso solo grazie ai social network dovrà ricredersi. Almeno in parte, perché il suo appeal non è cresciuto ma è tutt’altro che scemato. A poco più di un anno dai fatti di Capitol Hill, e dalla conseguente decisione di Twitter, Facebook e YouTube di chiudere i suoi account, la figura del tycoon aleggia ancora negli edifici istituzionali di Washington e incombe ogni qualvolta si parla delle prossime elezioni presidenziali.

Vero è che l’intenzione di creare un social network tutto suo, chiamato Truth Social, mischiata a quella di lanciare un servizio in streaming che dovrebbe offrire agli abbonati programmi di intrattenimento e podcast informativi, rappresentano uno sforzo significativo da parte della Trump Media & Technology Group e lascia ben intendere quale ruolo giochino le piattaforme per la sua nuova discesa in campo. Eppure, non sembra esserci un filo diretto che colleghi i social alla popolarità di Trump.

Come scrive il Wall Street Journal, l’essere bannato dalle piattaforme ha paradossalmente aiutato il magnate di Manhattan a ripulire la sua immagine agli occhi degli elettori. Non potendo più esprimere le sue considerazioni attraverso un account, le luci dei riflettori si sono abbassate e questo gli ha permesso di muoversi senza provocare troppo rumore. Per spiegare il successo silenzioso, basta guardare alla percezione che hanno gli americani di lui.

A un anno dalla sua uscita di scena, il 52% ha ancora un’idea negativa, sicuramente condizionata dall’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Il 43%, invece, sembrerebbe non aver cambiato opinione su di lui e continua ad appoggiarlo. Il distacco, dunque, è di nove punti percentuali. Non pochi, certo, ma neanche così tanti se si pensa che a gennaio dello scorso anno il divario ammontava a venti punti. In sostanza, senza l’aiuto dei social network Trump ha riconquistato parte dell’elettorato che aveva perso (anche) a causa del suo utilizzo scriteriato di questi. Addirittura, l’Emerson College di Boston a novembre aveva constatato come, se si fosse votato in quel momento, Trump avrebbe battuto Joe Biden di due punti.

Una piccola mano a ritornare al centro del dibattito politico gliel’ha fornita lo stesso presidente in carica, che nell’anniversario del 6 gennaio ha ricordato all’America le responsabilità di Trump nell’aver “puntato un pugnale alla gola della democrazia”. Questo però non è sufficiente a spiegare la risalita nei sondaggi dell’ex inquilino della Casa Bianca.

Probabilmente The Donald ha ascoltato i consigli dei suoi stessi alleati, che durante il suo mandato gli hanno suggerito più volte di lasciar perdere i tweet provocatori dal rischioso effetto boomerang. O meglio, più che accettare sua sponte il monito, Trump è stato costretto a farlo dato che lo spazio gli è stato negato con quella decisione spartiacque nella storia dei social network: bandire una persona per le sue idee, seppur raccontate in modo fazioso e spesso senza trovare riscontro nella realtà. Questa decisione, ha spiegato Jonathan Morgan, a.d. della società Yonder che monitora il flusso di narrazioni online, “ha alzato la posta in gioco per le piattaforme: è stata la loro ultima resistenza contro la disinformazione”. Nonostante ciò, il loro rapporto delle piattaforme tech con Trump non si è interrotto in quel momento.

Al contrario, ha continuato a proseguire sotto altre vesti. Nell’anno appena salutato, secondo un’analisi di AdImpact, Facebook e Google Alphabet hanno venduto circa 2 milioni di dollari in inserzioni ai due comitati politici dell’ex presidente repubblicano. Altri 11,5 milioni di dollari sono stati spesi da candidati, gruppi e comitati politici in annunci che contenevano la parola Trump. Per promuovere la sua risalita, il National Republican Senatorial Committee ha investito 3,5 milioni di dollari in annunci su Facebook. Iniezioni digitali che hanno garantito a Trump di sopravvivere in qualche modo sui social, seppur l’utilizzo rispetto al recente passato sia ampiamente inferiore.

La rincorsa di Donald Trump alla Casa Bianca, pertanto, è ripartita senza lo strumento che gli ha permesso nel 2016 di trionfare su Hilary Clinton e, quattro anni dopo, di convincere 75 milioni di americani a votarlo: un account social. Anzi, in questo periodo di astinenza, Trump ha riscoperto la bellezza della carta stampata e dei giornali, continuamente presi di mira prima, durante e dopo la sua presidenza. Senza Twitter “ho risparmiato molto tempo”, ha ammesso in un’intervista rilasciata a marzo scorso per la promozione del libro di Micheal C. Bender sulla presunta truffa elettorale (dal titolo non fraintendibile, “Frankly, We Did Win This Election: The Inside Story of How Trump Lost”). Ora, ha dichiarato Trump, ha molto più tempo per dedicarsi ad altro, come leggere giornali che, altrimenti, “non leggerei”.

Piuttosto, il suo modo di fare network nella comunità è cambiato. In attesa della sua piattaforma, che dovrebbe partire nei prossimi mesi, Brad Parscale e Gary Coby – i due artefici della campagna di Trump – hanno realizzato un elenco con circa 50 milioni di email, oltre ai numeri di telefono, dei sostenitori dell’ex presidente. Un progetto che, da quanto si apprende, sarebbe costato diversi milioni di dollari ma che dovrebbe garantire risultati notevoli. Alcuni si sono già visti: la raccolta fondi del 2021, infatti, ha superato i 100 milioni di dollari.

Insomma, nel 2024 Trump vuole essere il protagonista delle elezioni. Per questo sta preparando il terreno e lo sta facendo con modalità diverse rispetto alle ultime due tornate elettorali, ma che appaiono comunque efficaci. Adesso che sembrerebbe aver aggirato le restrizioni, la palla passa a Facebook e Twitter, cui verrà chiesto di decidere su come porsi con un (più che probabile) candidato alla presidenza: riammetterlo sulle proprie piattaforme o continuare con l’esilio forzato? Facebook, da parte sua, scioglierà il quesito a partire dal prossimo anno, quando il blocco terminerà. Una risposta che, al momento, non impensierisce Donald Trump, che sembrerebbe aver scoperto l’importanza del silenzio.


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