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In Tunisia è in pericolo l’unica democrazia post primavera araba

Si è discusso degli ultimi avvenimenti a Tunisi in una tavola rotonda organizzata dalla rivista Eastwest presso il Circolo del ministero degli Esteri di Roma

C’è poca attenzione da parte della Comunità internazionale e dell’Unione Europea rispetto a quanto accade in Tunisia nonostante si tratti dell’unico Paese democratico post primavera araba. A denunciarlo è l’editore della rivista “Eastwest“, Giuseppe Scognamiglio, aprendo la tavola rotonda dal titolo “Tunisia: yesterday, today, tomorrow” presso il Circolo del ministero degli Esteri di Roma.

L’iniziativa, ideata dall’ex deputato tunisino eletta nella circoscrizione italiana, Imen Ben Mohammed, ha l’obiettivo di accendere i riflettori sulla crisi nel Paese Nord africano, in particolare alla luce del fatto che il suo presidente, Kais Saied, ha annunciato che nel 2022 si terranno un referendum per votare una nuova Costituzione e le elezioni per rinnovare l’attuale parlamento dopo che lo scorso 22 settembre aveva firmato un decreto di emergenza che gli permetteva di governare, ignorando i limiti imposti dall’attuale Costituzione e senza dover passare per la Camera che era stata precedentemente bloccata. L’ex parlamentare tunisina ha infatti spiegato di aver pensato a questa tavola rotonda a causa della complessità della crisi tunisina e delle difficoltà che ha incontrato il Paese nell’attuazione della democrazia dopo decenni di dittatura. Eppure la Tunisia è stata negli ultimi anni un’eccezione nel mondo arabo, nonostante le difficoltà economiche e sociali, e c’è chi ancora intende battersi per preservare questo modello di democrazia in Medio Oriente.

La Tunisia è comunque molto vicina ai cuori degli italiani oltre ad esserlo geograficamente all’Italia, ha ricordato nell’intervento di apertura dei lavori il Sottosegretario al ministero degli Esteri, Benedetto Della Vedova, “e la visita del nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, del 28 dicembre a Tunisi lo testimonia così come testimonia il fatto che l’Italia continui a monitorare da vicino gli sviluppi politici in Tunisia”. Entrando nel merito della crisi, Della Vedova ha spiegato che l’Italia “considera la Road Map per le riforme presentata dal presidente tunisino Saied un importante passo avanti. Tuttavia la sua concreta esecuzione deve essere chiarita e ad esempio i tempi sono essenziali. Il principale obiettivo deve rimanere il ritorno ad un ordine costituzionale e noi continuaiamo a chiedere il pieno rispetto dei diritti fondamentali”. L’Italia auspica quindi che le prossime elezioni annunciate per il 2022 siano inclusive e possano coinvolgere la società civile e chiede che il parlamento possa riprendere prima possibile le sue funzioni costituzionali.

A moderare i lavori è stata la giornalista Rai, Azzurra Meringolo, la quale ha colto l’occasione per ricordare la figura del presidente del Parlamento Europeo scomparso nei giorni scorsi, David Sassoli, e il suo ultimo appello per un dialogo tra le parti in Tunisia. Il deputato tunisino, Fathi Ayadi, ha spiegato invece che la crisi tunisina parte dal 2019 ed ha imputato all’attuale presidente la responsabilità di aver fatto cadere il governo precedente e fermato le attività del parlamento limitando di fatto la democrazia nel Paese.

“Alla base della crisi ci sono anche i problemi sociali ed economici, ma questo perché la Tunisia non ha bisogno solo di un programma politico ma anche di un programma economico e sociale. Abbiamo però constatato che Saied non ha ascoltato le nostre parole ma ha lavorato sempre su altre questioni come cambiare la costituzione o il programma di governo. Ci siamo trovati quindi davanti un presidente che non lavorava con il governo e con il parlamento”. La speranza è che “inizi un dialogo tra le forze politiche che possa riportare la democrazia nel Paese”, ha auspicato il politico tunisino.

L’ex ministro delle Donne tunisino, Siham Badi, ora molto attiva nell’ambito della società civile locale, ha ricordato gli anni nei quali era studentessa di medicina, quando è stata anche in carcere per le sue battaglie politiche, paragonandoli all’attuale situazione in cui versa il Paese. Badi ha poi posto l’accento sulla crisi da Covid-19 e sul fatto che in Tunisia mancano ancora i mezzi necessari per affrontarla. “Voglio porre inoltre l’accento sulla situazione dei diritti umani – ha aggiunto – che è toccata dalla crisi perché vengono colpiti tutti coloro che si oppongono al potere, al punto dall’aver visto dei civili essere giudicati da tribunali militari o dei giornalisti che sono stati arrestati per aver scritto articoli ostili al presidente”.

Oussema Khelifi, deputato del partito “Qalb Tunis”, ha puntato il dito contro il presidente Saied definito “golpista” in quanto responsabile di aver fatto precipitare la situazione in Tunisia, anche se a suo giudizio la crisi per il Covid-19 ha accelerato il processo di crisi. “È vero che ci sono stati dei problemi negli ultimi 10 anni di carattere economico e sociale – ha spiegato – ma questo non giustifica il punto al quale siamo arrivati che è quello di una dittatura”. Khelifi ha quindi definito Saied “un populista” la cui visione non comprende la libertà di espressione ma che prevede “l’arrivo dell’uomo della provvidenza che deve detenere tutto il potere nelle sue mani”.

A denunciare invece la fatica che il parlamento europeo sta trovando in questi mesi nel dialogare con le istituzioni tunisine è l’europarlamentare Andrea Cozzolino, presidente delle Delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e l’Unione del Maghreb arabo, il quale ha chiuso i lavori spiegando che “quello che alcuni chiamano colpo di mano e altri colpo di stato di fatto impedisce il dialogo tra i parlamenti”. Secondo Cozzolino la crisi pandemica “ha creato un problema generale che riguarda la tenuta dei parlamenti.

In Occidente ad esempio c’è un indebolimento dei parlamenti di fronte alla crisi, perché ci sono decisioni che vanno al di sopra di queste istituzioni ma abbiamo un altro fenomeno a cui guardo con fiducia che è il ritorno del ruolo degli Stati e del settore pubblico perché c’è la consapevolezza che i mercati da soli non ce la fanno”. Per l’europarlamentare però, quanto sta accadendo in Tunisia negli ultimi mesi rappresenta “una torsione totalitaria” causa di “preoccupazione”. Al momento però “è stata scelta dall’Europa una linea di dialogo con il presidente”.


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