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Usa e Israele continuano a parlare di Iran in mezzo alle tensioni russe

Gli israeliani sono preoccupati che le tensioni in Ucraina possano distogliere l’attenzione internazionale dal dossier iraniano, e temono che la crisi tra Stati Uniti e Russia possa complicare ulteriormente la discussione attorno al Jcpoa

Mentre i negoziati nucleari a Vienna si avvicinano a un punto di svolta (e decisione), gli Stati Uniti e Israele hanno tenuto colloqui strategici sull’Iran guidati dai loro rispettivi consiglieri di sicurezza nazionale, dicono funzionari israeliani e statunitensi a Barak Ravid, informatissimo giornalista di Axios.

Questi incontri sono importanti perché, in un momento in cui l’attenzione della Casa Bianca è in gran parte concentrata sull’Ucraina, ossia sulle tensioni con la Russia, i colloqui mostrano che l’Iran è e resta un punto in agenda pendente su cui l’amministrazione Biden è chiamata a dedicare tempo — anche perché alleati come Israele chiedono consultazioni.

A maggior ragione adesso che Gerusalemme, forte degli Accordi di Abramo, potrebbe avere un ruolo ancora più attivo nell’assistere Abu Dhabi a contrastare l’allargamento del conflitto yemenita contro gli Emirati Arabi Uniti; allargamento che si collega al grande dossier iraniano perché i ribelli Houthi – che nel giro di una settimana hanno colpito due volte con missili e droni obiettivi nella capitale emiratina – ricevono componentistica militare dai Pasdaran in quanto sono parte del network di milizie che Teheran tiene collegate a sé come vettore di influenze regionali.

La questione emiratina tocca l’Iran anche perché il regno del Golfo ha intrapreso, come anche l’Arabia Saudita, dei contatti con Teheran nell’ottica di una distensione pragmatica delle relazioni. Abu Dhabi ha attivato una combinazione di misure militari e diplomatiche per spingere gli Houthi a venire al tavolo dei negoziati. Nella big picture della situazione regionale rientra anche l’arrivo, domenica, del presidente israeliano, Isaac Herzog, nella capitale degli Emirati: questa sarà la prima visita pubblica in assoluto di un presidente israeliano nel Paese. Il fascicolo Iran, dunque quello sicurezza-intelligence-difesa, sarà sul tavolo degli incontri tanto quanto quelli legati al business.

I funzionari israeliani e statunitensi fanno sapere intanto che ci sono state discussioni bilaterali sullo stato dei colloqui a Vienna, dove da mesi si cerca di trovare una quadra per ricomporre il Jcpoa, l’accordo per il congelamento del dossier nucleare iraniano che fu firmato nel 2015 sotto l’amministrazione Obama, messo in crisi nel 2018 quando l’amministrazione Trump decise l’uscita unilaterale e ora Joe Biden cerca di rimettere in stato operativo – sebbene senza fretta ed eccessive concessioni. Dall’ accordo passa parte dell’architettura di sicurezza regionale, ossia del Mediterraneo Allargato.

L’incontro strategico Usa-Israele è stato in videoconferenza, avvenuta su un canale “sicuro” viene precisato; è una specificazione necessaria se si considera che l’Iran ha acquisito anche ottime capacità cyber e dunque anche di spionaggio online, e quelle conversazioni potrebbero essere oggetto di interessi di altri attori come Russia e Cina, anch’essi parte del sistema negoziale che ha prodotto il Jcpoa, e ora interessati a trovarne profitti nell’ambito del confronto tra potenze con(tro) Stati Uniti e Unione europea.

I funzionari dell’amministrazione Biden hanno fissato la fine di gennaio o l’inizio di febbraio come scadenza non ufficiale per i colloqui, in gran parte perché credono che i progressi nucleari dell’Iran renderanno presto inefficace l’accordo del 2015. La scadenza segnerà probabilmente un momentum sulla decisione americana a proposito del cosa fare con l’Iran; decisione che coinvolgerà inevitabilmente gli alleati.

I progressi a Vienna sono stati modesti e molto lenti, ma il ministro degli esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, ha ventilato la possibilità di colloqui diretti con gli Stati Uniti all’inizio di questa settimana. I contatti per ora sono condotti attraverso un formato indiretto, una staffetta diplomatica condotta dai funzionari europei che si occupano di passare tra le due delegazioni documenti e posizioni verbali. Abdollahian dice che se necessario per garantire “un buon accordo” è disposto al colloquio tu-per-tu.

Questo sarebbe un cambiamento significativo nella posizione iraniana, che finora ha voluto evitare i contatti diretti anche per marcare una distanza da Washington nella narrazione con cui racconta ai propri cittadini ciò che accade attorno al Jcpoa. Il portavoce del dipartimento di Stato ha usato la dichiarazione dell’’iraniano a proprio vantaggio ricordando che l’amministrazione Biden ha spinto per colloqui diretti per un anno. Price ha detto che è necessaria una comunicazione più efficiente perché “ci resta poco tempo prezioso”.

Su tutto, c’è un punto che i funzionari israeliani esprimo a Ravid: anche dopo i colloqui strategici in corso, rimangono preoccupati che la crisi ucraina porterà l’attenzione internazionale lontano dalla crisi nucleare iraniana e renderà più difficile per gli Stati Uniti e la Russia cooperare su questo tema.


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