La rapida evoluzione tecnologica, i prezzi economici e la facilità di usarli come ordigni hanno trasformato i droni commerciali da hobby a pericolosa minaccia. Le Forze armate degli Stati Uniti stanno sviluppando diverse piattaforme, basate sull’uso dell’energia diretta, per fronteggiare la sfida contenendo al massimo i costi
Piccoli, veloci, imprevedibili e, soprattutto, economici. Per le Forze armate degli Stati Uniti sono i droni commerciali per hobbisti, il cui acquisto può essere effettuato persino nei supermercati, la prossima sfida strategica, non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche economico. Ad oggi, infatti, per proteggersi dai droni, del valore di poche centinaia di dollari, quando non decine, è necessario schierare sistemi di protezione dal costo di milioni di dollari. Una soluzione potrebbe arrivare dalle armi a energia diretta, come laser e fasci di microonde. Sembra fantascienza, ma alcuni progetti già esistono, sebbene per ora permanga il problema del costo e della disponibilità.
MINACCE A BASSO COSTO
Ascoltato ad aprile dal Comitato per le Forze armate della Camera dei rappresentati, il comandante dello Us Central command, il generale dei marines Kenneth McKenzie, si era detto estremamente preoccupato: “Abbiamo ancora molta strada da fare, perché per ora uno può uscire e comprare un drone al Walmart e renderlo un’arma molto rapidamente”. Gli attacchi a obiettivi sensibili da parte di forze irregolari, terroristi e persino forze armate regolari è aumentato vertiginosamente, seguendo l’evoluzione tecnologica dei droni. Nel 2021, le milizie sciite in Iraq hanno attaccato l’ambasciata americana e il palazzo del primo ministro, e due marinai sono morti dopo un attacco condotto contro un mercantile nelle acque del Mare Arabico. Riyadh è stata più volte attaccata da droni armati, alcuni dei quali hanno raggiunto anche il complesso reale. Per intercettarli, il governo Saudita ha dovuto lanciare i propri missili terra-aria Patriot, dal costo di tre milioni di dollari cadauno.
SISTEMI A ENERGIA DIRETTA
Di fronte a questa vera e propria escalation low-cost, gli Stati Uniti si sono concentrati su sistemi in grado di eliminare la minaccia, tenendo sempre in considerazione il fattore-costo. La strada identificata sono, appunto, le armi alimentate a elettricità, in grado di contrastare efficacemente un gran numero di obiettivi e, soprattutto, riutilizzabili molte volte. I militari Usa hanno incontrato questo tipo di minacce per la prima volta nel 2016, impiegate dai militanti dello Stato islamico. Il Pentagono rapidamente mise in campo i jammer, già impiegati con successo per proteggersi dagli ordigni improvvisati, i cosiddetti Ied. Disturbando il segnale di comando tra drone e pilota, si costringeva l’apparecchio ad atterrare o lo si mandava completamente fuori rotta. Con lo sviluppo di droni dotati di sistemi di auto-navigazione, però, l’efficacia del jamming è venuta meno. Tuttavia il principio era stato identificato: piuttosto che impiegare costosi proiettili, meglio utilizzare la più economica energia elettrica.
ARMI LASER
Al momento i sistemi identificati si basano su due principi, le microonde per “friggere” i circuiti elettrici del drone, o i laser per bruciarne direttamente alcune parti sensibili, dal motore all’ordigno esplosivo stesso. Il costo di queste piattaforme, benché elevato in fase di progettazione, diventa estremamente contenuto una volta in produzione e schierato. I sistemi variano di potenza e grandezza. Per quanto riguarda i laser, Boeing e la General Atomics stanno sviluppando un apparato da trecento chilowatt in grado di abbattere missili, droni e persino aerei pilotati da esseri umani. Kord Technologies e Raytheon Technologies hanno vinto un contratto dell’Esercito Usa per fornire un laser da cinquanta chilowatt montato sui veicoli da combattimento Stryker. I Marine e l’Aeronautica già impiegano dei laser montati su tripodi per la protezione delle loro basi avanzate. Con lo sviluppo dei droni “acquatici”, anche la Us Navy si è dotata di armi laser, alcune già disponibili e schierate.
MICROONDE IN GUERRA
Per la loro stessa natura, però, i laser possono ingaggiare solo un obiettivo per volta. L’evoluzione della tattica cosiddetta “a sciame”, dove un gran numero di droni convergono contro uno stesso obiettivo, ha comportato l’evoluzione di un altro tipo di contromisura. Le microonde, le stesse impegnate per gli elettrodomestici, consentono di intervenire su ampie aree abbattendo anche gli sciami. Una piattaforma sviluppata dalla Us Air Force, basata su “cannone a microonde” e un disco per radar, ha dimostrato la sua efficacia abbattendo il 90% dei suoi obiettivi, e il rapporto ufficiale parla di un margine di miglioramento fino al 100%. Lockheed Martin sta sviluppando un piccolo drone intercettore, trasportabile in uno zaino che, una volta lanciato, può inseguire e colpire con fasci di microonde i droni avversari per poi tornare al punto di partenza, pronto per essere riutilizzato.
LE PROSSIME SFIDE
Rimangono delle criticità: i laser non funzionano in caso di pioggia, neve, nebbia o fumo, e rimbalzano sulle superfici riflettenti. Le microonde, interessando ampie aree, aumentano il rischio di danneggiare anche sistemi amici, o sono meno efficaci in ambiente urbano, dovendo essere orientati e depotenziati in modo da non causare disagi alla popolazione civile. La complessità e la diversità delle minacce hanno costretto gli strateghi di Washington ad adottare contromisure a strati, con tutti le diverse soluzioni schierate contemporaneamente. Sempre secondo McKenzie: “Ancora non abbiamo un sistema singolo che può fare tutto, e questo è parte del problema”.
Foto: Us Army