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Così le armi europee entreranno in Ucraina

Di fronte all’aggressione russa dell’Ucraina, sempre più Paesi europei, e la stessa Ue, hanno deciso l’invio di materiali militari a sostegno di Kiev. Tra ostacoli e difficoltà, potrebbe essere il momento di rafforzare le strutture della Difesa europea affinché gestiscano la complessità di un’operazione di rifornimento dalla portata continentale

Sempre più Paesi hanno stabilito l’invio di mezzi, materiali e sistemi d’arma a sostegno dell’Ucraina. La stessa Unione europea, in una decisione definita “spartiacque” dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ha previsto l’invio di armi per aiutare Kiev a difendersi dall’aggressione russa. Ma adesso si pone il problema di come far arrivare i rifornimenti in Ucraina, tra le complessità tecnico-logistiche e ripercussioni politiche e diplomatiche.

Gli ostacoli da superare

Sicuramente la prima difficoltà da superare è che il rifornimento all’Ucraina potrà avvenire esclusivamente via terra. Con il Mar Nero impraticabile per la massiccia presenza della flotta russa e con la battaglia che infuria sui cieli ucraini, i confini terrestri tra Kiev e i Paesi europei è l’unica via d’accesso al Paese. Altra difficoltà, questa volta politica, è l’impossibilità per i mezzi europei di varcare il confine. Nessun Paese finora ha permesso alle sue forze di entrare in Ucraina, e le ripercussioni sul piano diplomatico con la Russia rendono questa opzione impraticabile. I rifornimenti provenienti dai Paesi europei dovranno, dunque, fermarsi sulla frontiera, dove dovranno essere raccolti dalle autorità ucraine che li distribuiranno alle unità operative a seconda delle esigenze.

I tre assi di rifornimento

Dal punto di vista pratico, esistono tre assi principali che collegano gli Stati dello spazio euro-atlantico con l’Ucraina. Il più importante è la linea stradale e ferroviaria che collega la Germania a Kiev attraverso la Polonia e che, di fatto, è attualmente impiegata dai profughi ucraini per fuggire dalla guerra. Questa traiettoria è quella che pone meno problemi dal punto di vista geografico e logistico, ed è con ogni probabilità quella che vedrà il maggior impiego nelle operazioni di rifornimento delle forze ucraine. Le altre strade sono quella che dalla Romania arriva nel sud del Paese, la cui percorribilità è compromessa dall’avanzata delle forze russe nella zona, e quella che da Slovacchia e Ungheria raggiunge l’ovest ucraino. In quest’ultimo caso è la dimensione ridotta dei collegamenti, che devono attraversare i Carpazi e regioni geografiche difficili, a renderle poco adatte a un rifornimento su grande scala.

Gli accordi Nato

Nonostante le complessità, però, i collegamenti ci sono e funzionano bene. E anche dal punto di vista politico, gli ostacoli sembrano essere stati superati, con sempre più Paesi europei che hanno deliberato di inviare armi e materiali all’Ucraina. A facilitare il passaggio dei rifornimenti militari, inoltre, interviene il fatto che tutti i Paesi confinanti e collegati con l’Ucraina sono membri della Nato, e in quanto tali sono già firmatari di diversi memorandum che regolano il transito di materiale bellico sui propri territori.

Sistemi diversi

A complicare le cose, tuttavia, si inserisce anche un problema pratico di non poco conto: la maggioranza degli equipaggiamenti ucraini, dalle armi personali e di squadra ai veicoli e velivoli da combattimento, sono di fabbricazione o derivazione russa e sovietica. Le truppe ucraine, infatti, potrebbero non essere addestrate nell’impiego dei materiali inviati dai Paesi Nato. Se questo non è un ostacolo insormontabile per i sistemi d’arma più semplici, il problema si aggrava su quelli più complessi. Un esempio di questo problema ha riguardato la componente aerea, con il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, che ha espressamente chiesto ai Paesi europei l’invio di mezzi che i piloti ucraini sanno guidare, cioè prodotti di fabbricazione russa come Mig o Sukhoi, attualmente impiegati da Polonia, Slovacchia e Bulgaria.

La Difesa europea

Al netto di ostacoli e complessità, la strada dei rifornimenti europei all’Ucraina è aperta, e rappresenterà un’arteria vitale per il Paese invaso, grazie alla quale ora Kiev può sperare di resistere e costringere Mosca ad avviare le trattative per il suo ritiro. L’operazione resta complessa, e per gestirla potrebbe essere arrivato il momento di attivare quelle strutture europee della Difesa già previste ma mai attivate a pieno. Potrebbe anche essere l’occasione, per l’Europa, di dimostrare le sue capacità specifiche nel settore della difesa e della sicurezza dello spazio euro-atlantico che possono intervenire accanto a quelle della Nato, senza duplicazioni.

Gestire il coordinamento tra le richieste ucraine e i Paesi europei richiederà un centro di comando e controllo che potrebbe essere individuato maggiormente tra gli strumenti dell’Ue, rispetto a quelli della Nato. Un organismo come il Military planning and conduct capability (Mpcc) dell’Unione, per esempio, potrebbe coordinare sia l’eventuale missione europea a tutela dei profughi ucraini, sia la catena logistica di rifornimento militare verso Kiev.



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