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BoJo come Thatcher. In Ucraina la tentazione Falkland

Sommerso dal party-gate, il premier Boris Johnson vola sul fronte ucraino. E nel partito c’è chi gli suggerisce una via d’uscita: fai come Thatcher, raddoppia le truppe a Est. Racconto semi-serio del “momento Falkland” di BoJo

Dalle parti di Westminster lo chiamano “momento Falkland”. Boris Johnson ha messo l’elmetto. Travolto dal party gate – lo scandalo sui brindisi a Downing Street in piena pandemia – il premier britannico ha un piano per uscirne, nel segno di Margaret Thatcher. “Tra i suoi più fedeli, sono in tanti ora a suggerirglielo: la crisi in Ucraina è un’occasione d’oro”, sussurra malizioso un consigliere del partito. Per cosa? Per seppellire la valanga di polemiche a casa con una valanga di patriottismo.

Che il premier sia tentato non è un mistero. Questa settimana con il suo team della comunicazione si è messo d’accordo: si parla solo ed esclusivamente di Ucraina e del quasi-invasore Vladimir Putin. È iniziata nel peggiore dei modi, la settimana. Con l’atteso rapporto della funzionaria Sue Gray che ha definito “un fallimento di leadership” lo scivolone del premier, e metà Parlamento a chiederne le dimissioni.

Ma il rumore è già lontano, 2500 chilometri per la precisione, la distanza tra Londra e Kiev. BoJo è volato alla volta della capitale ucraina per incontrare il presidente Volodymyr Zelensky e non va per la leggera. “Come amico e come partner democratico, il Regno Unito continuerà a difendere la sovranità dell’Ucraina contro chi vuole distruggerla”. Poi parlerà direttamente con Putin, al telefono.

Parole e fatti. Sì perché al di là delle dichiarazioni roboanti, Londra è davvero in prima linea nella crisi ucraina. A Washington gongolano ancora per un articolo al vetriolo vergato due settimane fa dal ministro della Difesa Ben Wallace contro le “false accuse” e la “strategia-fantoccio” di Putin. Liz Truss, ministra degli Esteri in lizza per raccogliere, quando sarà, lo scettro del partito da Johnson, visiterà l’Ucraina nei prossimi giorni. E Downing Street, d’accordo con l’amministrazione Biden, è pronta a rilasciare un nuovo pacchetto di sanzioni personali contro il “cerchio magico” del presidente russo, tra cui alcuni oligarchi che con la City hanno una certa consuetudine.

Ma i tempi potrebbero essere maturi per un passo oltre. Una mossa muscolare, che aiuterebbe a mettere in sordina, almeno per un po’, il coro assordante che nei palazzi di Londra grida al premier “the party is over”. A partire dal raddoppio delle truppe già schierate a difesa del fianco Est della Nato. In Estonia ce ne sono già 900, in Polonia uno squadrone di cavalleria leggera da 150. In Ucraina, che nella Nato non c’è, ma vorrebbe entrarci, 100 militari per addestrare l’esercito nell’ “Operazione Orbitale”.

L’ipotesi è sul tavolo, oggi più che mai. Scrive Paul Wagh, tra le più acute penne nei corridoi di Westminster, che fra i Tories lealisti la mobilitazione è già partita. Per evitare che “gli facciano la festa” in casa, Johnson deve “fare la festa” a Putin. Il più ardito, forse per un lungo trascorso nell’esercito, è stato Stuart Anderson. Chi chiede le dimissioni del premier, ha tuonato in aula, “sta rafforzando la mano di Putin”. Con lui non sono pochi a pensare che “se la crisi ucraina dovesse arrivare agli sgoccioli, e più truppe inglesi dovessero essere inviate a difendere gli alleati della Nato che confinano con la Russia, Johnson potrebbe avere il suo momento Falkland”.

Il pensiero vola alle isole nell’Atlantico al centro della guerra tra Thatcher e la giunta militare argentina. Una vittoria lampo che ha infiammato gli animi e regalato alla Iron Lady un’inattesa quanto insperata ondata di consensi nazionali proprio mentre affondava nei sondaggi. Ma erano altri tempi, il 1981, erano altre guerre. I Mirage un po’ arrugginiti che solcavano i cieli su ordine del generale Leopoldo Galtieri assomigliano poco e nulla all’armata di 150mila soldati che Putin ha schierato al confine ucraino. Far paura al Cremlino non sarà una passeggiata. Lasciarsi alle spalle il party-gate e il terremoto annesso neanche.

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