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Il tempo della bonus economy è finito

Il conflitto in Ucraina spingerà verso nuove emergenze? Speriamo di no. Ma certamente il sistema economico ha bisogno di recuperare stabilità e strumenti stabili di intervento. Oltre le crisi non servono gli aiuti. L’analisi di Antonio Mastrapasqua

Prima che i fuochi della guerra si accendessero, aggiungendo incertezze alle incertezze del futuro economico europeo e italiano, si era fatta chiara la necessità di uscire dalla “bonus economy”, cioè dalla dipendenza della ripresa economica avvenuta sotto la spinta di aiuti e sostegni, forse necessari sul breve periodo, ma non in grado di dare continuità e supporto stabile allo sviluppo del Paese.

Il conflitto in Ucraina spingerà verso nuove emergenze? Speriamo di no. Ma certamente il sistema economico ha bisogno di recuperare stabilità e strumenti stabili di intervento. Oltre le crisi non servono gli aiuti. E in effetti che qualcosa stesse cambiando lo aveva segnalato il governo, che aveva cominciato a voler rivedere alcune forme di bonus, anche contro la pressione di forze politiche essenziali all’attuale super-maggioranza parlamentare, come il M5S. Ma più ancora delle scelte governative si sono fatte più forti le voci contrarie al mantenimento di queste formule di aiuto su tutto e per tutto o quasi; una sorta di politiche passive a sostegno dell’economia – per usare una metafora del mercato del lavoro – che non hanno visto crescere in parallelo “politiche attive”.

Tra le voci più autorevoli che si sono levate contro le derive della bonus economy c’è quella di Giuseppe Pisauro. In una recente intervista sul Corriere della Sera, alla fine della sua presidenza all’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), l’economista ha recitato il de profundis della “giostra dei bonus”, “per alcuni dei quali si fa fatica a capire la ratio, come quelli per vacanze, terme, monopattini, mentre per altri si tratta semplicemente di prendere atto che sono mal disegnati”.

Ristori e bonus, in poco più di due anni, sono costati 230 miliardi di euro, secondo le stime più attendibili. Come dice Mario Draghi questo è il tempo di dare, non di chiedere, ma siamo sicuri che non sia stato dato troppo e anche male?

La bonus economy – secondo la felice definizione offerta dal Censis lo scorso anno – ha esaurito quella che poteva essere la sua spinta propulsiva per far ripartire il Paese. A prescindere dal favore con cui è stata colta dai cittadini. Il Censis ha scomposto i dati di valutazione per fasce d’età, evidenziando che il gradimento della bonus economy è stato più alto tra i giovani (83,9%) che tra gli anziani (65,7%).

Sono stati in tutto un’ottantina i provvedimenti, per limitare i danni della pandemia, nei soli primi 4 decreti adottati dal Governo Conte. Dal bonus casa a quello baby sitter, dal reddito di emergenza ai 600 euro per le partite Iva, dalla cassa integrazione in deroga all’incentivo per l’assunzione di donne disoccupate, fino ai bonus per le bici e i monopattini. E poi la pletora di bonus edilizi.

Il caso del Superbonus del 110% merita – e ha già meritato – una considerazione a parte, per le truffe emerse, denunciate, in gran parte prevedibili e di fatto non arginate. Dal punto di vista dell’efficienza energetica abbiamo speso finora 20 miliardi per lavori che però interessano solo l’1% del patrimonio immobiliare italiano. Inoltre, il Superbonus elimina qualsiasi incentivo alla contrattazione sul prezzo dei lavori e infatti c’è una inflazione galoppante in questo settore, che in qualche modo ha contributo a accendere la miccia dell’aumento dei prezzi. E anche l’aspetto che sembra positivo, cioè la creazione di nuove imprese edili, in realtà non lo è perché si tratta di micro-imprese, spesso di scarsissima qualità, nate solo per accedere a questi bonus. “Infine – come ricordava Pisauro – c’è anche un aspetto distributivo: bonus e superbonus sono stati utilizzati soprattutto dalle fasce di reddito più elevate. Meglio allora rivedere queste agevolazioni, abbassandole a livelli ragionevoli, il 40-50%, e riservandole a scopi di interesse pubblico e non solo privato. Se ha senso che lo Stato incentivi l’efficientamento energetico, che senso ha sussidiare lo spostamento di un muro dentro casa?”.

La domanda è più che ragionevole. Forse tardiva, sia per chi non se l’è posta, governando, sia per chi controllando non l’ha sollecitata.

La bonus economy ha rappresentato uno degli approcci tipici del sistema Italia ai problemi della ripresa economica. Barocchismi normativi, tentazioni assistenziali, mancanza di disegno e di visione. Meglio rendere tutto complicato per evitare di fare scelte strategiche. Eppure, nei tempi di rinascita (di ripresa e di resilienza, per citare le R del Pnrr) proprio la visione diventa essenziale e vincente. La fine dell’emergenza sanitaria – sperando di non piombare in una nuova più grave e luttuosa emergenza bellica e post-bellica – impone scelte e strategie. Vinceranno i Paesi capaci di disegnare il proprio futuro, non quelli condannati a inseguire lobbisti e amici, per accontentare il presente, sperando di conservarlo intatto, con tutti i suoi vantaggi. Per chi ne ha.



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