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Le future generazioni finiscono nella Costituzione. Celotto spiega perché

Inserire nella Carta la tutela dell'”ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, vuol dire avere una visione più ampia nelle decisioni politiche. Superare la tradizionale tendenza della politica, della democrazia e dell’economia a essere schiacciate sulle esigenze del presente. Il commento del costituzionalista

Qui e ora.
Per decine di secoli governi, Re o Imperatori hanno pensato soltanto agli effetti immediati delle decisioni. Forse per l’abitudine a interessarsi soltanto dei problemi vicini, nel tempo e nello spazio. Forse per la mancata abitudine a programmare, a prevedere.
Pensiamo che quando è stata costruita la nuova Stazione termini di Roma, a cavallo della II guerra mondiale, molti dei resti archeologici trovati in zona vennero semplicemente distrutti. Perché andava fatta la nuova stazione. Senza tener conto dei valori storici, culturali, ambientali.

Questa settimana, invece, il nostro Parlamento ha approvato la riforma che inserisce all’art. 9 della Costituzione la tutela del “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.
E’ molto importante proprio l’ultimo inciso, che ci obbliga le decisioni a guardare anche l’impatto sul futuro.

Sono una cinquantina d’anni che si è iniziato a parlare di diritti delle generazioni future, soprattutto a partire dalle campagne di tutela degli oceani di Jacques Cousteau.
Così si è fatta strada l’esigenza di tutelare l’ambiente e i cambi climatici, di considerare anche i diritti di coloro che verranno quando si incide su patrimonio culturale, ingegneria genetica e sviluppi bioetici, robotica, welfare e dinamiche economiche, perché anche il debito pubblico e le pensioni incidono sulle generazioni future.

In buona sostanza, si tratta di una visione più ampia nelle decisioni politiche. Si devono considerare anche la debolezza o vulnerabilità degli interessi delle generazioni future, superando la tradizionale tendenza della politica, della democrazia e dell’economia a essere schiacciate sulle esigenze del presente.

Lo avevano già riconosciuto in Costituzione la Germania, la Svezia, la Polonia, il Lussemburgo, Malta.
Da noi era intervenuta in maniera significativa la Corte costituzionale, riconoscendo la tutela dei diritti delle generazioni future nella tutela dell’ambiente e dell’ecosistema: lo Stato può e deve porre limiti invalicabili “nell’apprestare cioè una «tutela piena ed adeguata», capace di assicurare la conservazione dell’ambiente per la presente e per le future generazioni” (sent. n. 288 del 2012).

E, ancora, nella sostenibilità dei bilanci: “L’equità intergenerazionale comporta, altresì, la necessità di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunità di crescita delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo” (sent. n. 18 del 2019).

Ma ora il riconoscimento in Costituzione rende stabile e solido il principio: tener conto delle future generazioni costringe a ripensare i meccanismi della democrazia politica e delle maggioranze legislative. Un riconoscimento importantissimo per guardare lontano.

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