Ancora un gigante dell’immobiliare a rischio collasso. Stavolta tocca al quarto emittente di obbligazioni nel Paese, il cui azionista forte è un uomo molto vicino al Partito comunista. Meno male che il fondatore di Evergrande predica zen e tranquillità…
Non è la prima volta che la Cina se la vede con l’effetto domino. Ma ora, guardando al comparto immobiliare, che vale non meno del 25% del Pil, una domanda c’è da farsela. Quando si fermeranno i default che in questi mesi hanno devastato il mercato della Repubblica Popolare, legati a una crisi del debito senza precedenti? Evergrande sembra essere stato solo l’inizio.
FINE CRISI, MAI
Adesso al puzzle si aggiunge Zhenro Properties, uno dei maggiori conglomerati immobiliari in Cina, nato nel 1998 e con 3,65 miliardi di dollari in obbligazioni estere. Evidentemente, il rischio che tali debiti non vengano onorati è alto, altrimenti non si spiegherebbe il tracollo, l’11 febbraio, delle azioni Zhenro quotate a Hong Kong, che in circa 4 ore hanno perso circa l’80% del loro valore.
Il problema è sempre quello, improvvisamente sembra essere venuta meno la fiducia verso la possibilità del gruppo di pagare le cedole agli obbligazionisti, innescando il ben noto effetto isteria. Non è ancora chiaro in quali acque navighi l’azienda, il cui socio di riferimento è Ou Zongrong. Non un nome come tanti, non l’ennesimo magnate, bensì un membro della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, il principale organo consultivo del Partito comunista. Un uomo, insomma, molto vicino al presidente Xi Jinping.
Quello che è certo è che ad oggi, dopo che sia la piazza di Hong Kong, sia quella di Shanghai, hanno sospeso le negoziazioni del titolo, l’azienda vale meno della metà di 4 giorni fa. E si parla del quarto emittente di bond in Cina, dietro solo a Kaisa Group Holdings e Sunac China Holdings, nonché a Studio City Finance e, ovviamente, Evergrande.
Moody’s stamattina ha effettuato un downgrade di Zhenro che vale due “tacche”, fino a B3, in pieno territorio junk, e ha ridotto l’outlook a negativo, visti i rischi “maggiorati” di default e di mancato rifinanziamento nei prossimi 12 mesi. Secondo i dati Bloomberg, l’obbligazione in dollari della società vale ora 35 cent. sul dollaro, dai 95 di tre giorni fa. La possibilità che non sia ripagata, insomma, è altissima.
LO ZEN DI EVERGRANDE
Ma intanto c’è chi punta a ribadire che no, la crisi del mattone cinese non è poi la fine del mondo. Ed è proprio Evergrande, grande madre della crisi immobiliare. Il fondatore Hui Ka Yan è intervenuto per assicurare che la compagnia completerà entro l’anno metà dei progetti immobiliari avviati e non svenderà i suoi asset.
Hui ha assicurato che costruirà 600mila immobili quest’anno. Questo mentre il settore appare in stallo a causa della pesante crisi di liquidità, partita proprio dalla crisi di Evergrande. La borsa ha reagito all’annuncio con un aumento del titolo del 3% sulla piazza di Hong Kong. Poca cosa se si pensa che il titolo Evergrande nel 2021 ha perso il 90% del suo valore. A settembre non è riuscita a ripagare i suoi bond e a fine dell’anno è andata in default. E ora la storia sembra ripetersi.