Ospite dell’ultimo live talk di Formiche per presentare il suo nuovo libro, “The Strategy of Denial” (Yale Press), lo stratega americano Elbridge Colby spiega perché la Cina, non la Russia, è la vera minaccia per Biden. Il dibattito insieme a Marta Dassù, direttrice di Aspenia
“L’America potrebbe finire presto in una guerra con la Cina per Taiwan. E rischia di perderla”. Non c’è retorica nell’analisi di Elbridge Colby. Stratega americano di fama con un lungo passato al Pentagono, ha co-firmato la Strategia per la difesa nazionale dell’amministrazione Trump, di cui era sottosegretario alla Difesa, stravolgendo la bussola della politica estera americana.
Sono lontani i tempi della Guerra Fredda e delle cortine di ferro. La vera minaccia per gli Stati Uniti si chiama Cina, il vero campo di battaglia è l’Oceano Indo-Pacifico, dice Colby nel suo ultimo libro, “The Strategy of Denial” (“La strategia del rifiuto”, Yale university press) presentato in un live talk di Formiche insieme a Marta Dassù, direttrice di Aspenia e già viceministra degli Esteri.
Il “rifiuto” di cui parla l’analista ha un nome preciso: Taiwan. Se Xi Jinping riuscirà ad invadere e riunire alla Cina continentale l’isola autonoma, dice l’esperto, gli Stati Uniti dovranno rinunciare a qualsiasi ambizione egemonica. “C’è solo una potenza in grado di intromettersi nella nostra vita nazionale. L’Asia oggi è il più grande mercato al mondo, la Cina è l’attore più forte – spiega Colby, che prende in prestito un’immagine astronomica: “Ci sono due Giove in questo sistema solare, ed entrambi sono diventati poli gravitazionali che attraggono a sé altri pianeti”.
Tutto ha un costo, there is no free lunch. Per concentrare tutte le risorse nella competizione militare ed economica con la Cina come suggerisce Colby – in questo sostenuto da una parte rilevante e trasversale dell’establishment a Washington DC – da qualche altra parte è necessario allentare la presa. In Europa, soprattutto. “L’Europa deve reinventare il suo rapporto con la Nato – asserisce l’esperto – come immaginava Eisenhower, deve essere la prima garante della sua sicurezza”.
Fa effetto sentirlo, mentre a pochi chilometri dal confine ucraino un’armata russa da più di centomila soldati minaccia di invadere e la Nato schiera le sue truppe ad Est. Per Dassù ritenere l’Europa una semplice “distrazione” dagli interessi americani è un errore.
“Gli europei rimangono importanti alleati economici. Siamo sicuri che gli Stati Uniti possano mantenere il loro potere relativo facendo a meno dell’Europa? Io credo di no”. I segnali contano. “Se per spostarsi in Asia l’America abbandonasse l’Europa centro-orientale, potrebbe lanciare un “via libera” ai russi per invadere l’Ucraina e di conseguenza per la Cina a Taiwan”.
Colby però ne fa una questione di numeri e forze in campo. “L’esercito americano non è strutturato per combattere due guerre di scala mondiale contemporaneamente. Non abbiamo riserve infinite di sottomarini, missili anti-aereo, munizioni, perfino nella campagna contro l’Isis siamo quasi rimasti a corto. È preoccupante”. A differenza della Russia, aggiunge, la Cina “è una minaccia di lungo periodo. Un po’ come una malattia cardiaca. Non ti uccide subito, ma potrebbe ucciderti ogni giorno se non prendi contromisure”.
All’Europa non resta allora che mettere in pratica davvero l’“autonomia strategica”, cioè dare corpo allo slogan-simbolo di questa Ue trainata dal presidente francese Emmanuel Macron. Dice Colby: “L’Europa ha forze militari sufficienti a montare una deterrenza credibile contro la Russia al confine Est. Spetta alla Germania prendere le redini, basterebbero due divisioni tedesche per blindare il fronte orientale insieme agli alleati”. “Ma Berlino ha una certa riluttanza a pensare in termini militari”, ribatte Dassù. E l’Italia? Può fare poco, chiosa l’ex stratega di Trump. “Gli interessi nazionali italiani sono altrove, dal Nord Africa al Mediterraneo, costringerla a impegni che non può o non vuole sostenere non ha senso”.