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Così siamo finiti al freddo e al buio. L’opinione di Pedrizzi

La guerra Russia-Ucraina è vicina, noi abbiamo già perso la nostra sull’energia per colpa dei finti ambientalisti. Il commento del senatore Riccardo Pedrizzi

Ora tutti si esibiscono, in coro, nella canzoncina “si può produrre di più” in Italia, parlando dell’energia come se fosse un’auto, un formaggio, un capo di abbigliamento, ma non è così. Gli stessi politici, manager o esperti delle fonti rinnovabili, che con la crisi del gas che divampa si rammaricano di come l’Italia non sia autonoma e chiedono un salto di qualità nella “creazione” di energia sono gli stessi che negli ultimi anni ci hanno reso schiavi degli stranieri, in nome di un ambientalismo becero e miope.

Ecco perché nel dibattito sul gas “salato”, che manca e che rischia di mancare ancora di più in caso di conflitto tra Russia e Ucraina, l’ipocrisia domina sovrana su tutto e tutti, anche sulle richieste disperate di contenimento delle bollette a un governo Draghi che per la verità avrà tante altre colpe, ma non certo di non aver programmato una politica energetica made in Italy in grado di non farci ricattare e stritolare dai nostri fornitori esteri.

Cosa ne è stato, negli ultimi decenni, dei pozzi di petrolio della Basilicata, che secondo alcune stime avrebbe retto il 30% del fabbisogno nazionale nei prossimi 40 anni? E il solare? E l’eolico? Bloccati perché brutti, deturpanti, secondo i movimenti politici ecologisti. Per non parlare delle trivellazioni nell’Adriatico che ci avrebbero consentito di pagare il 30% del costo del petrolio che oggi dobbiamo importare.
Il vicolo cieco nel quale ci siamo andati ad infilare “aiutando” gli italiani a bocciare per ben due volte con i referendum il nucleare, poi, è un paradosso tutto italiano.

Il risultato di questa “lungimirante” politica dei veti è stato quello di bloccare perfino la ricerca su quello “pulito”, che invece è fiorito allegramente lungo la linea dei nostri confini ed in Inghilterra, anche recentemente presso l’impianto europeo Jet-Joint European Torus, il più grande e potente tokamak in funzione al mondo situato a Culham, nel Regno Unito ricercatori europei e italiani hanno ottenuto quantità di energia record dalle reazioni di fusione nucleare. Eurofusion ha infatti conseguito una quantità record di energia prodotta da fusione (59 megajoules contro il precedente primato di 21,7). Il risultato è stato annunciato nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nel Regno Unito, nel sito di Ukaea-J1 Assembly Hall a Culham.

Oggi, però, ci lamentiamo del caro bollette mentre ci godiamo il condizionatore a palla o il termosifone in modalità Ilva con i partiti che stentano a risvegliarsi dal sonnambulismo ecologico, nel quale erano piombati, anche quelli che avevano teorizzato la transizione ecologica senza dirci verso dove stiamo andando. C’è un Paese, la Norvegia, che estrae petrolio “pulito” dal proprio mare e macina utili per la collettività attraverso un suo Fondo sovrano che solo nel primo semestre 2021 ha fatto segnare utili per 94 miliardi di euro da mettere e disposizione per le energie rinnovabili. E la Francia? Oggi annuncia l’apertura di sei centrali nucleari pulite entro il 2035. Come a dire, si stanno organizzando, peraltro a pochi chilometri da casa nostra.

Ma noi però possiamo vantarci di essere “verdi” (e al verde…). E i grandi colossi dell’economia mondiale a che gioco stanno giocando?
La guerra tra Usa e Russia non è più fredda, è gelida come l’inverno del silenzio europeo sulla possibile guerra. Le cose però non stanno come sembrano sul fronte energetico. Gli americani hanno tutto l’interesse a soffiare sul fuoco, visto che il prezzo del gas naturale in America non è cresciuto tanto o, quantomeno, non quanto in Europa, come dimostra la recente analisi di Goldman Sachs, secondo cui l’intensificarsi delle tensioni in Ucraina potrebbe far salire ancora di più il costo del gas in Europa dal picco di 180 euro a Mw, visto durante il mese di dicembre. Se si considera che il prezzo attuale (91 euro) equivale a 173 dollari al barile di petrolio, un livello mai visto, i 180 euro di dicembre sono come un barile a 350 dollari: un valore stratosferico.

Ma i folli prezzi del gas naturale sono un fenomeno tutto europeo, conseguenza dei flussi che si sono ridotti drasticamente dalla Russia. Fino al 2019 le quotazioni nel Vecchio Continente oscillavano tra 15 e 25 euro e i 91 euro di questi giorni rappresentano un incremento del 355 per cento. Diversa la realtà americana, dove i prezzi sono cresciuti, ma soltanto dal 60 per cento circa rispetto al 2019 e ancora oggi il gas è più conveniente del petrolio per un buon 25 per cento. E costa quasi tre volte meno che in Europa. Sarebbe il caso di considerare, oltre alle pericolose implicazioni geopolitiche, anche i risvolti economici e le conseguenze sui mercati e sulla concorrenza nel preannunciare misure punitive nei confronti della Russia, che, dati alla mano, finirebbero per penalizzare quasi esclusivamente il contesto europeo, sul quale finirebbero per pesare le conseguenze delle ritorsioni russe sulle forniture di gas.

E l’Italia? Stretta tra la sua debolezza energetica e quella politica della Ue, rischia di restare in ostaggio di ciò che non si è deciso a Roma negli anni in cui si poteva farlo. Le proteste dei sindaci, con i black out simbolici contro il caro bollette, a parte risultare impercettibili in molte metropoli che già normalmente sono abbandonate all’oscurità, non sono altro che richieste di soldi, sconti, aiuti per l’immediato, con l’eterna logica dell’emergenza. E il futuro? La transizione ecologica in Italia si sta realizzando, in effetti: stiamo transitando verso il buio ed il freddo.
Mentre proprio in questi giorni Russia e Cina annunciano accordi commerciali ed energetici, che comprenderebbero anche un nuovo gasdotto per aumentare le forniture di gas russo alla Cina.


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